
Matteo Renzi farà la guerra alle imposte sullo zucchero, Andrea Orlando a quelle sulle auto aziendali. Teresa Bellanova attacca quota 100. Luigi Di Maio e il Pd litigano sui soldi all'editoria. Ma il testo è stato votato proprio da chi vuole smarcarsi.Uno spettacolo indecoroso, quello offerto dalla maggioranza sulla manovra. Neanche il tempo di fingere di esultare per l'accordo raggiunto, e vengono fuori nuovi distinguo, polemiche, accuse e controaccuse. La realtà è che questa maggioranza scombinata, sbrindellata, basata solo sul terrore di dover andare a nuove elezioni, non ha alcuna strategia: si naviga a vista, con il risultato di offrire agli italiani un'immagine indecente, con ministri e leader che criticano i propri provvedimenti, quelli adottati, appunto, dal governo. Prendete il ministro dell'Agricoltura, Teresa Bellanova, esponente di Italia viva. Ha partecipato a tutti i vertici di maggioranza sulla manovra. Tutti, nessuno escluso. E che fa, la Bellanova? Smonta pezzo per pezzo quella legge di bilancio che lei stessa ha approvato. «Su quota 100», spiega al Messaggero, «il lavoro parlamentare lo avevamo già annunciato. Ancora una volta rimarco: nessun intento punitivo nei confronti di chi va in pensione, ma elementare giustizia sociale. Se la coperta è stretta, e troppe categorie fragili rimangono tagliate fuori da una misura che guarda solo a chi ha redditi garantiti, si ha l'obbligo di considerare l'intera platea e trovare una soluzione. Per le donne, per i lavori usuranti, per chi ha lavorato una vita in modo però discontinuo».Sempre da Italia viva arriva un'altra mazzata, firmata da Matteo Renzi: «La legge di bilancio», scrive su Facebook, «sta per approdare finalmente in Parlamento. In queste settimane sono stati fatti passi in avanti per evitare aumento Iva e tasse su cellulari, gasolio, case. Molto bene. Italia viva è stata decisiva per evitare questi aumenti». L'ex Rottamatore, che non vede l'ora di rottamare Giuseppi, sostanzialmente agisce da opposizione interna alla maggioranza: si attribuisce il merito aver evitato aumenti indiscriminati e annuncia altre battaglie: «Per noi», continua Renzi, «non finisce qui: su zucchero, plastica e auto aziendali lavoreremo duro nei prossimi giorni. Ci sono i numeri, nel bilancio e in Parlamento, per evitare che queste tasse salgano. Stiamo parlando di qualche centinaio di milioni: nulla rispetto ai 23 miliardi dell'Iva o ai 20 miliardi bruciati in un triennio dalla demagogia di quota 100. Abbiamo bloccato aumento Iva e tasse sui cellulari: adesso lavoreremo su zucchero e auto aziendali». Da Italia viva a Italia Iva è un attimo: è evidente che Renzi sta già preparando le mine da disseminare lungo il percorso della manovra.Pure Andrea Orlando (Pd) ha fatto lo sgambetto a Palazzo Chigi: «La tassa sulle auto aziendali deve essere rivista, modificata e rimodulata in base al grado di inquinamento del veicolo e per fare in modo che non gravi in maniera eccessiva sulle tasche dei lavoratori e comporti danni per il settore auto. In Parlamento ci impegneremo per modificare il testo».Naturalmente, nella giornata del grande caos della maggioranza non poteva mancare un altro fuoriclasse del dietrofront propagandista: Luigi Di Maio. Pur di mettere in difficoltà Giuseppi, Di Maio apre un fronte polemico incandescente su una posta di bilancio di appena 8 milioni: «In manovra», dice Di Maio, «ci sono di nuovo 8 milioni di euro l'anno per tre anni per Radio Radicale, che ha già ricevuto milioni di contributi dallo Stato. Quegli 8 milioni diamoli ai terremotati». Alla fine, la soluzione sarà di erogare gli 8 milioni per il 2020 e non per tre anni, per poi procedere con una gara per l'affidamento del servizio di trasmissione radiofonica delle sedute parlamentari, da completarsi entro il 30 aprile prossimo. Ma le parole di Di Maio scatenano un fiume di reazioni critiche, manco a dirlo da parte dei presunti alleati di governo. «Le dichiarazioni di Di Maio su Radio Radicale», affonda il senatore del Pd, Roberto Rampi, «sono vergognose. I temi vanno affrontati con serietà e non si mischiano temi come quelli del diritto alla conoscenza e del pluralismo dell'informazione a quelli della vita e della sofferenza di persone come i terremotati, che non possono e non devono ogni volta essere strumentalizzate in modo becero per pura propaganda politica di fazione. Il ministro Di Maio ha molte questioni importanti di cui occuparsi e a cui farebbe bene dedicarsi interamente, lasciando a chi ha le competenze seguire altri temi». Alessia Morani, sottosegretaria al ministero dello Sviluppo economico del Pd, twitta: «Per chiarezza: i fondi per Radio Radicale non si toccano».La deputata Pd Enza Bruno Bossio, sempre su Twitter, azzanna: «Contrapporre l'esistenza di Radio Radicale alla tragedia dei terremotati è becera propaganda. Solo i populisti e i bugiardi hanno paura della libera stampa». Dunque, secondo la Bruno Bossio, Di Maio è un bugiardo populista: qualcuno le dovrebbe ricordare che è lo stesso Di Maio che fa il ministro degli Esteri grazie anche al suo voto di fiducia al governo.
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