Il giorno dopo la batosta elettorale ricevuta al primo turno delle elezioni legislative francesi, Emmanuel Macron sembrava un pugile suonato. Il premier Gabriel Attal ha promesso la sospensione del progetto di legge sulla riforma dei sussidi di disoccupazione, invisa alla sinistra. Un po’ da tutto il Paese sono arrivati i comunicati di candidati macronisti o di sinistra che hanno deciso di gettare la spugna per favorire l’elezione di rappresentanti anti Rassemblement national al secondo turno.
Nel frattempo il candidato premier del Rassemblement national (Rn), Jordan Bardella, si è rivolto a Mélenchon, leader de La France Insoumise (Lfi) il principale partito del Nouveau Front Populaire (Nfp), pretendendo un dibattito. Su X, Bardella si è detto «pronto a dibattere con Jean-Luc Mélenchon» perché «i francesi vogliono chiarezza». Poco dopo Mélenchon ha risposto, sempre via X, declinando l’invito e ricordando che la coalizione di estrema sinistra non ha ancora scelto il proprio candidato al premierato. L’esponente dell’Nfp ha consigliato al candidato Rn di rivolgersi ad altri rappresentanti della coalizione. Bardella ha rilanciato la sfida usando un tono provocatorio. «Devo dedurre che vuole evitare il dibattito?», si è chiesto il presidente Rn e ha aggiunto: «Usciamo dall’ambiguità. Il suo nome ha riunito il 22% alle presidenziali e lei dice esplicitamente di voler governare la Francia. È lei che dovrebbe venire a dibattere». Nell’attesa delle decisioni di Mélenchon, ieri sera al tg di Tf1 si è svolto un dibattito tra Bardella, il premier Attal, il capogruppo socialista a Strasburgo Raphaël Glucksmann, alleato dell’Nfp, e il presidente della regione Hauts-de-France, Xavier Bertrand, per il partito dei Républicains (ala anti Ciotti). L’incontro si è svolto mentre questa edizione della Verità andava in stampa.
I candidati classificatisi al secondo turno hanno tempo fino a oggi alle 18 per confermare la propria candidatura al ballottaggio di domenica prossima. Secondo l’agenzia di stampa France Presse, ieri a fine pomeriggio i rinunciatari erano 169 (122 del Nuovo Fronte popolare, 46 del blocco macronista e uno dei Repubblicani). Tra questi spiccavano i nomi di tre ministri minori del governo Attal, ovvero: Sabrina Agresti-Roubache, Marie Guévenoux e Fadila Khattabi. Ovviamente, i ritiri di questi candidati non garantiscono la vittoria agli anti Rn, perché non è affatto scontato che l’elettorato segua le indicazioni dei partiti. Inoltre va detto che, politicamente, queste alleanze politiche contro natura potrebbero costare molto care. Ad esempio, come ha fatto notare il noto reporter di guerra Regis Le Sommier, il leader socialista Olivier Faure ha «ammesso che, ritirando il proprio candidato, l’Nfp farà eleggere Elisabeth Borne» l’ex premier che è stata «l’architetto della riforma delle pensioni» adottata senza dibattito parlamentare. In ogni caso, tra le file della sinistra e del partito macronista c’è chi non «sta sereno». La candidata dissidente di estrema sinistra, Danielle Simonet ha denunciato delle «purghe» all’interno de La France Insoumise. Tra i macronisti invece c’è chi cerca di inventarsi un futuro anche andando contro le indicazioni date domenica sera da Emmanuel Macron, e ribadite ieri in un incontro con alcuni ministri all’Eliseo, per combattere il Rn.
L’impressione è che tra macronisti e affini, specie quelli che cercano di costruirsi un futuro politico per il dopo Macron c’è chi non voglia chiudere la porta all’Rn. Vari ministri hanno detto che non sosterranno il partito di Bardella, ma nemmeno quello di Mélenchon. Tra questi figurano la titolare della Sanità già sostenitrice del progetto di legge sulla fine vita, Catherine Vautrin, il ministro dell’ecologia e il territorio Christophe Béchu e quello delle finanze Bruno Le Maire. Proprio la scelta fatta da quest’ultimo ha mandato in crisi la leader dei verdi, Marine Tondelier, che ha quasi pianto in diretta ai microfoni di France Inter. Anche Christelle Morançais, ex-Lr e vicina all’ex premier Edouard Philippe, ha detto che «in caso di scontro tra Rn e Nouveau Front Populaire» la sua posizione personale sarà chiara: «voto scheda bianca».
Ma se, da un lato, Macron rischia di perdere alcuni dei suoi (ormai quasi ex) fedelissimi, dall’altro può sempre contare sul soccorso rosso internazionale. Ieri il ministro degli Esteri tedesco Annalena Baerbock ha dichiarato che «nessuno può restare indifferente» se «nel nostro Paese partner più vicino e migliore amico arriva in testa alle elezioni un partito che considera l’Europa come un problema e non come una soluzione». Anche l’ex capo del Consiglio europeo, il polacco Donald Tusk ha espresso timori per la «tendenza pericolosa» sviluppatasi in Francia.
In ogni caso, mentre le sinistre francesi ed europee annunciavano sciagure, la borsa di Parigi ha aperto compiendo un balzo del 2,59% per poi chiudere in positivo dell’1,22%, mentre l’euro ha segnato un +0,38% sul dollaro e dello 0,17% sulla sterlina.





