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2020-03-24
Fontana sfida Conte: «Le mie ordinanze prevalenti sui Dpcm». E scrive al Viminale
Attilio Fontana (Ansa)
Da un lato c'è l'ultima ordinanza del presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana, quella più restrittiva, che risale a sabato sera, dall'altra c'è il decreto della presidenza del Consiglio dei ministri, emesso lunedì. Si tratta di fonti giuridiche di ordinamenti diversi e non è detto che siano in rapporti di gerarchia. «Esistono dei dubbi su quale debba prevalere, nei punti sui quali c'è un conflitto, tra l'ordinanza regionale e il decreto», ha spiegato Fontana, aggiungendo che, secondo il parere degli uffici legali lombardi «deve prevalere l'ordinanza regionale».
In ogni caso, aggiunge il governatore, «ho mandato una nota formale al ministro dell'Interno Luciana Lamorgese, nella quale chiedo un parere che ci dica se si deve applicare la nostra ordinanza o il Dpcm». Niente Tar né carte bollate. E mentre attende la direttiva del Viminale, il presidente della Regione Lombardia sottolinea: «Col Dpcm gli uffici pubblici sono tutti aperti, come gli studi professionali e i cantieri. Noi abbiamo dato una stretta maggiore». La questione è al centro del dibattito del mondo giuridico, soprattutto sul massiccio ricorso del premier Giuseppe Conte ai Dpcm. E La Verità ha raccolto voci autorevoli. Paolo Armaroli, docente di diritto pubblico comparato della Facoltà di scienze politiche dell'Università di Genova, per esempio, colpisce il premier in modo duro: «Il governo è responsabile di questo momento di incertezza del diritto. Questo emettere Dpcm a distanza ravvicinata è un'azione che dimostra appunto incertezza. Ecco, se c'è un indeciso in questo momento, quello è Conte». Armaroli boccia lo strumento scelto dal premier anche nei contenuti: «I Dpcm emessi lasciano a desiderare anche da un punto di vista lessicale». Poi spiega: «Conte vuole gestire l'emergenza non con divieti ma con dei pater noster. Quante volte in questi Dpcm è ripetuto “si raccomanda". Ecco, con le raccomandazioni non si guida un Paese». E arriva al dunque: «Anche se il Dpcm dovrebbe prevalere rispetto a un'ordinanza di un presidente di Regione, se mi chiedete chi butto dalla torre tra Conte e Fontana so rispondere in modo preciso: salvo Fontana». Ma non è l'unico costituzionalista a fotografare questo momento vacuo per il diritto. Alfonso Celotto, professore di diritto costituzionale dell'Università Roma Tre, spiega: «La provocazione del governatore Fontana si inserisce in modo perfetto nella grande incertezza del diritto a cui si assiste in questo periodo di emergenza. Regole che vengono annunciate prima di essere scritte, blocco delle attività produttive, ma quali? C'è il rischio che ogni amministratore pubblico alzi l'asticella delle restrizioni, anche solo per evitare che ricadano su di lui responsabilità future. In questo caso, la linea guida è il Dpcm». E anche se sembra prevalere il Dpcm, c'è chi lo ritiene uno strumento limitato. Come Mario Esposito, ordinario di Diritto costituzionale all'Università del Salento: «Anche se da un punto di vista giuridico il governo può sostituirsi alle Regioni quando ne ricorrono i presupposti, sarebbe auspicabile che ascolti le esigenze che da queste provengono. E, se proprio deve sostituirsi, che lo faccia con lo strumento preciso, che non è il Dpcm, ma il decreto legge». Poi avverte: «Soprattutto durante le emergenze, la forma è anche sostanza». Anche Giovanni Guzzetta, ordinario di Istituzioni di diritto pubblico all'Università Tor Vergata boccia i Dpcm: «Sono atti improvvisati, perché hanno fondamento tenue. Bisogna tornare agli strumenti certi. E l'unica certezza la offre il decreto legge, che assicura il controllo del presidente della Repubblica e del Parlamento. È l'unico modo per evitare conflitti e per ripristinare una catena di comando che funzioni».
È sulla stessa linea Michele Ainis, giurista costituzionalista, secondo cui «il ricorso massiccio ai Dpcm come strumento normativo crea qualche problema». E il motivo è semplice: «È un atto di normazione secondaria e ha una forza normativa troppo debole per incidere su libertà costituzionali come quella di movimento, di riunione, di libertà di culto».
Di parere opposto è Tommaso Frosini, vicepresidente del Cnr e ordinario di Diritto pubblico comparato e di Diritto costituzionale dell'Università Suor Orsola Benincasa che afferma: «A differenza delle legislazioni di altri Paesi, nella nostra non ci sono indicazioni sulle emergenze. Quindi, quali provvedimenti seguire? Non mi pare che le ordinanze delle Regioni e i Dpcm siano in contraddizione tra loro. Ciò che deve prevalere è nella Costituzione, dove c'è un diritto fondamentale, quello alla salute. È un diritto superiore e quindi qualunque provvedimento che lo tuteli venga emesso deve essere accettato». E ancora: Massimo Luciani, professore ordinario di Istituzioni di diritto pubblico dell'Università la Sapienza, ha apprezzato «lo spirito del presidente Fontana, nel chiedere chiarimenti al Viminale senza creare un conflitto, segno di sensibilità istituzionale». Il professor Luciani premette: «Si tratta di una questione delicata e risolverla in poche battute sarebbe riduttivo». Poi aggiunge: «Ritengo che i presupposti normativi ai quali fa riferimento l'ordinanza della Regione Lombardia non siano sufficienti a legittimare tutte le misure che ha adottato. Il decreto legge del 23 febbraio consente alle Regioni di intervenire con loro ordinanze, sì, ma solo in attesa dei decreti del Presidente del consiglio, che ora sono stati emanati e vanno applicati». Ma un Dpcm sarà sufficiente? La questione, prima o poi, finirà davanti alla Corte costituzionale.
Droni, applicazioni e termoscanner. Ecco la stretta tecnologica anti furbi
I «furbetti dell'autocertificazione» restano il nemico pubblico numero uno del governo. Nel Consiglio dei ministri in programma per oggi alle 15, infatti, si prevedono nuove misure contro i trasgressori delle misure di contenimento anti coronavirus. L'obbiettivo, in realtà, è anche e soprattutto quello di mettere ordine nel dedalo di decreti, ordinanze e circolari che, a vari livelli, stanno facendo impazzire gli italiani, anche quelli animati da sane intenzioni di clausura.
Oltre a uniformare le sanzioni su tutto il territorio nazionale, cancellando le differenze attualmente esistenti tra alcune regioni, secondo le indiscrezioni circolate ieri si ragionerebbe anche sulla possibilità di introdurre multe salatissime per punire chi sgarra, nonché la confisca dei mezzi qualora venissero violate le misure varate dal governo nelle ultime settimane. Intanto una circolare inviata ai prefetti dal capo della polizia, Franco Gabrielli, rende noto che cambierà ancora il modulo per l'autocertificazione per chi intende fare spostamenti.
Allo studio dell'esecutivo ci sono poi varie misure in grado di individuare i trasgressori in tempo reale. Una delle proposte che sta prendendo piede è quella del monitoraggio degli spostamenti tramite appositi droni. Ieri, con una nota inviata ai ministeri dell'Interno, dei Trasporti e della Giustizia, allo stato maggiore dell'Aeronautica, all'Enav, all'Associazione nazionale dei comuni italiani e ai Comandi delle polizie locali, l'Enac, l'Ente nazionale per l'aviazione civile, ha dato il suo assenso alla misura. «Considerate le esigenze manifestate da numerosi comandi di polizie locali», si legge nel documento, fino al 3 aprile 2020 si dispone che «le operazioni condotte con sistemi aeromobili a pilotaggio remoto con mezzi aerei di massa operativa al decollo inferiore a 25 kg, nella disponibilità dei comandi di polizia locale ed impiegati per le attività di monitoraggio» in questione, «potranno essere condotte in deroga ai requisiti di registrazione e di identificazione» fissate dall'articolo 8 del regolamento Enac. E di fatto, dopo gli «esperimenti» di Roma e Bari, anche Siena e San Severino, nelle Marche, hanno cominciato il monitoraggio aereo del territorio.
Ma non è tutto. Un altro dei temi sul tavolo è infatti la cosiddetta soluzione sudcoreana, ovvero il monitoraggio degli spostamenti tramite un'apposita app. Ieri il ministero dell'Innovazione, insieme a quello della Salute, all'Iss e all'Oms, con il supporto di un comitato scientifico multidisciplinare, ha lanciato un appello al mondo dell'impresa e della ricerca per trovare un'applicazione che consenta di seguire in «teleassistenza» pazienti affetti da patologie legate a Covid-19 e per individuare «tecnologie e soluzioni per il tracciamento continuo, l'alerting e il controllo tempestivo del livello di esposizione al rischio delle persone». L'obiettivo è selezionare, nei prossimi tre giorni, le migliori offerte.
Bisogna inoltre ricordare che in Lombardia, la Regione ha già avviato un tracciamento degli spostamenti tramite monitoraggio delle celle telefoniche. Misura, è stato precisato, effettuata mediante anonimizzazione dei dati. Oltre alle soluzioni allo studio dello Stato, anche i privati si organizzano per bloccare i possibili e involontari portatori di contagio. In alcuni supermercati di Piemonte e Lombardia, ieri sono comparsi dei termoscanner all'ingresso. Le prime verifiche con termoscanner sono scattate già da qualche giorno agli ingressi degli store de Il Gigante, mentre nelle prossime ore anche Esselunga avvierà le verifiche agli ingressi dei suoi supermercati.
Il confine tra misure d'emergenza e abusi di potere resta tuttavia labile. E se l'epidemia è un fenomeno tale da richiedere tutti gli sforzi necessari per il contenimento dei contagi, da più parti si chiedono rassicurazioni affinché, una volta superata l'emergenza, certi meccanismi di controllo vadano in pensione. Insomma, bene il controllo, ma che non diventi un'abitudine.
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Riduci
Il governatore lombardo chiede a Luciana Lamorgese di dirimere il dubbio legale. I giuristi: «Palazzo Chigi improvvisa troppo».Ok dell'Enav al monitoraggio dai cieli con i droni mentre il governo sonda il terreno per le app.Lo speciale contiene due articoli.Da un lato c'è l'ultima ordinanza del presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana, quella più restrittiva, che risale a sabato sera, dall'altra c'è il decreto della presidenza del Consiglio dei ministri, emesso lunedì. Si tratta di fonti giuridiche di ordinamenti diversi e non è detto che siano in rapporti di gerarchia. «Esistono dei dubbi su quale debba prevalere, nei punti sui quali c'è un conflitto, tra l'ordinanza regionale e il decreto», ha spiegato Fontana, aggiungendo che, secondo il parere degli uffici legali lombardi «deve prevalere l'ordinanza regionale». In ogni caso, aggiunge il governatore, «ho mandato una nota formale al ministro dell'Interno Luciana Lamorgese, nella quale chiedo un parere che ci dica se si deve applicare la nostra ordinanza o il Dpcm». Niente Tar né carte bollate. E mentre attende la direttiva del Viminale, il presidente della Regione Lombardia sottolinea: «Col Dpcm gli uffici pubblici sono tutti aperti, come gli studi professionali e i cantieri. Noi abbiamo dato una stretta maggiore». La questione è al centro del dibattito del mondo giuridico, soprattutto sul massiccio ricorso del premier Giuseppe Conte ai Dpcm. E La Verità ha raccolto voci autorevoli. Paolo Armaroli, docente di diritto pubblico comparato della Facoltà di scienze politiche dell'Università di Genova, per esempio, colpisce il premier in modo duro: «Il governo è responsabile di questo momento di incertezza del diritto. Questo emettere Dpcm a distanza ravvicinata è un'azione che dimostra appunto incertezza. Ecco, se c'è un indeciso in questo momento, quello è Conte». Armaroli boccia lo strumento scelto dal premier anche nei contenuti: «I Dpcm emessi lasciano a desiderare anche da un punto di vista lessicale». Poi spiega: «Conte vuole gestire l'emergenza non con divieti ma con dei pater noster. Quante volte in questi Dpcm è ripetuto “si raccomanda". Ecco, con le raccomandazioni non si guida un Paese». E arriva al dunque: «Anche se il Dpcm dovrebbe prevalere rispetto a un'ordinanza di un presidente di Regione, se mi chiedete chi butto dalla torre tra Conte e Fontana so rispondere in modo preciso: salvo Fontana». Ma non è l'unico costituzionalista a fotografare questo momento vacuo per il diritto. Alfonso Celotto, professore di diritto costituzionale dell'Università Roma Tre, spiega: «La provocazione del governatore Fontana si inserisce in modo perfetto nella grande incertezza del diritto a cui si assiste in questo periodo di emergenza. Regole che vengono annunciate prima di essere scritte, blocco delle attività produttive, ma quali? C'è il rischio che ogni amministratore pubblico alzi l'asticella delle restrizioni, anche solo per evitare che ricadano su di lui responsabilità future. In questo caso, la linea guida è il Dpcm». E anche se sembra prevalere il Dpcm, c'è chi lo ritiene uno strumento limitato. Come Mario Esposito, ordinario di Diritto costituzionale all'Università del Salento: «Anche se da un punto di vista giuridico il governo può sostituirsi alle Regioni quando ne ricorrono i presupposti, sarebbe auspicabile che ascolti le esigenze che da queste provengono. E, se proprio deve sostituirsi, che lo faccia con lo strumento preciso, che non è il Dpcm, ma il decreto legge». Poi avverte: «Soprattutto durante le emergenze, la forma è anche sostanza». Anche Giovanni Guzzetta, ordinario di Istituzioni di diritto pubblico all'Università Tor Vergata boccia i Dpcm: «Sono atti improvvisati, perché hanno fondamento tenue. Bisogna tornare agli strumenti certi. E l'unica certezza la offre il decreto legge, che assicura il controllo del presidente della Repubblica e del Parlamento. È l'unico modo per evitare conflitti e per ripristinare una catena di comando che funzioni». È sulla stessa linea Michele Ainis, giurista costituzionalista, secondo cui «il ricorso massiccio ai Dpcm come strumento normativo crea qualche problema». E il motivo è semplice: «È un atto di normazione secondaria e ha una forza normativa troppo debole per incidere su libertà costituzionali come quella di movimento, di riunione, di libertà di culto». Di parere opposto è Tommaso Frosini, vicepresidente del Cnr e ordinario di Diritto pubblico comparato e di Diritto costituzionale dell'Università Suor Orsola Benincasa che afferma: «A differenza delle legislazioni di altri Paesi, nella nostra non ci sono indicazioni sulle emergenze. Quindi, quali provvedimenti seguire? Non mi pare che le ordinanze delle Regioni e i Dpcm siano in contraddizione tra loro. Ciò che deve prevalere è nella Costituzione, dove c'è un diritto fondamentale, quello alla salute. È un diritto superiore e quindi qualunque provvedimento che lo tuteli venga emesso deve essere accettato». E ancora: Massimo Luciani, professore ordinario di Istituzioni di diritto pubblico dell'Università la Sapienza, ha apprezzato «lo spirito del presidente Fontana, nel chiedere chiarimenti al Viminale senza creare un conflitto, segno di sensibilità istituzionale». Il professor Luciani premette: «Si tratta di una questione delicata e risolverla in poche battute sarebbe riduttivo». Poi aggiunge: «Ritengo che i presupposti normativi ai quali fa riferimento l'ordinanza della Regione Lombardia non siano sufficienti a legittimare tutte le misure che ha adottato. Il decreto legge del 23 febbraio consente alle Regioni di intervenire con loro ordinanze, sì, ma solo in attesa dei decreti del Presidente del consiglio, che ora sono stati emanati e vanno applicati». Ma un Dpcm sarà sufficiente? La questione, prima o poi, finirà davanti alla Corte costituzionale.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/fontana-sfida-conte-le-mie-ordinanze-prevalenti-sui-dpcm-e-scrive-al-viminale-2645572890.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="droni-applicazioni-e-termoscanner-ecco-la-stretta-tecnologica-anti-furbi" data-post-id="2645572890" data-published-at="1765395891" data-use-pagination="False"> Droni, applicazioni e termoscanner. Ecco la stretta tecnologica anti furbi I «furbetti dell'autocertificazione» restano il nemico pubblico numero uno del governo. Nel Consiglio dei ministri in programma per oggi alle 15, infatti, si prevedono nuove misure contro i trasgressori delle misure di contenimento anti coronavirus. L'obbiettivo, in realtà, è anche e soprattutto quello di mettere ordine nel dedalo di decreti, ordinanze e circolari che, a vari livelli, stanno facendo impazzire gli italiani, anche quelli animati da sane intenzioni di clausura. Oltre a uniformare le sanzioni su tutto il territorio nazionale, cancellando le differenze attualmente esistenti tra alcune regioni, secondo le indiscrezioni circolate ieri si ragionerebbe anche sulla possibilità di introdurre multe salatissime per punire chi sgarra, nonché la confisca dei mezzi qualora venissero violate le misure varate dal governo nelle ultime settimane. Intanto una circolare inviata ai prefetti dal capo della polizia, Franco Gabrielli, rende noto che cambierà ancora il modulo per l'autocertificazione per chi intende fare spostamenti. Allo studio dell'esecutivo ci sono poi varie misure in grado di individuare i trasgressori in tempo reale. Una delle proposte che sta prendendo piede è quella del monitoraggio degli spostamenti tramite appositi droni. Ieri, con una nota inviata ai ministeri dell'Interno, dei Trasporti e della Giustizia, allo stato maggiore dell'Aeronautica, all'Enav, all'Associazione nazionale dei comuni italiani e ai Comandi delle polizie locali, l'Enac, l'Ente nazionale per l'aviazione civile, ha dato il suo assenso alla misura. «Considerate le esigenze manifestate da numerosi comandi di polizie locali», si legge nel documento, fino al 3 aprile 2020 si dispone che «le operazioni condotte con sistemi aeromobili a pilotaggio remoto con mezzi aerei di massa operativa al decollo inferiore a 25 kg, nella disponibilità dei comandi di polizia locale ed impiegati per le attività di monitoraggio» in questione, «potranno essere condotte in deroga ai requisiti di registrazione e di identificazione» fissate dall'articolo 8 del regolamento Enac. E di fatto, dopo gli «esperimenti» di Roma e Bari, anche Siena e San Severino, nelle Marche, hanno cominciato il monitoraggio aereo del territorio. Ma non è tutto. Un altro dei temi sul tavolo è infatti la cosiddetta soluzione sudcoreana, ovvero il monitoraggio degli spostamenti tramite un'apposita app. Ieri il ministero dell'Innovazione, insieme a quello della Salute, all'Iss e all'Oms, con il supporto di un comitato scientifico multidisciplinare, ha lanciato un appello al mondo dell'impresa e della ricerca per trovare un'applicazione che consenta di seguire in «teleassistenza» pazienti affetti da patologie legate a Covid-19 e per individuare «tecnologie e soluzioni per il tracciamento continuo, l'alerting e il controllo tempestivo del livello di esposizione al rischio delle persone». L'obiettivo è selezionare, nei prossimi tre giorni, le migliori offerte. Bisogna inoltre ricordare che in Lombardia, la Regione ha già avviato un tracciamento degli spostamenti tramite monitoraggio delle celle telefoniche. Misura, è stato precisato, effettuata mediante anonimizzazione dei dati. Oltre alle soluzioni allo studio dello Stato, anche i privati si organizzano per bloccare i possibili e involontari portatori di contagio. In alcuni supermercati di Piemonte e Lombardia, ieri sono comparsi dei termoscanner all'ingresso. Le prime verifiche con termoscanner sono scattate già da qualche giorno agli ingressi degli store de Il Gigante, mentre nelle prossime ore anche Esselunga avvierà le verifiche agli ingressi dei suoi supermercati. Il confine tra misure d'emergenza e abusi di potere resta tuttavia labile. E se l'epidemia è un fenomeno tale da richiedere tutti gli sforzi necessari per il contenimento dei contagi, da più parti si chiedono rassicurazioni affinché, una volta superata l'emergenza, certi meccanismi di controllo vadano in pensione. Insomma, bene il controllo, ma che non diventi un'abitudine.
Due bambini svaniti nel nulla. Mamma e papà non hanno potuto fargli neppure gli auguri di compleanno, qualche giorno fa, quando i due fratellini hanno compiuto 5 e 9 anni in comunità. Eppure una telefonata non si nega neanche al peggior delinquente. Dunque perché a questi genitori viene negato il diritto di vedere e sentire i loro figli? Qual è la grave colpa che avrebbero commesso visto che i bimbi stavano bene?
Un allontanamento che oggi mostra troppi lati oscuri. A partire dal modo in cui quel 16 ottobre i bimbi sono stati portati via con la forza, tra le urla strazianti. Alle ore 11.10, come denunciano le telecamere di sorveglianza della casa, i genitori vengono attirati fuori al cancello da due carabinieri. Alle 11.29 spuntano dal bosco una decina di agenti, armati di tutto punto e col giubbotto antiproiettile. E mentre gridano «Pigliali, pigliali tutti!» fanno irruzione nella casa, dove si trovano, da soli, i bambini. I due fratellini vengono portati fuori dagli agenti, il più piccolo messo a sedere, sulle scale, col pigiamino e senza scarpe. E solo quindici minuti dopo, alle 11,43, come registrano le telecamere, arrivano le assistenti sociali che portano via i bambini tra le urla disperate.
Una procedura al di fuori di ogni regola. Che però ottiene l’appoggio della giudice Nadia Todeschini, del Tribunale dei minori di Firenze. Come riferisce un ispettore ripreso dalle telecamere di sorveglianza della casa: «Ho telefonato alla giudice e le ho detto: “Dottoressa, l’operazione è andata bene. I bambini sono con i carabinieri. E adesso sono arrivati gli assistenti sociali”. E la giudice ha risposto: “Non so come ringraziarvi!”».
Dunque, chi ha dato l’ordine di agire in questo modo? E che trauma è stato inferto a questi bambini? Giriamo la domanda a Marina Terragni, Garante per l’infanzia e l’adolescenza. «Per la nostra Costituzione un bambino non può essere prelevato con la forza», conferma, «per di più se non è in borghese. Ci sono delle sentenze della Cassazione. Queste modalità non sono conformi allo Stato di diritto. Se il bambino non vuole andare, i servizi sociali si debbono fermare. Purtroppo ci stiamo abituando a qualcosa che è fuori legge».
Proviamo a chiedere spiegazioni ai servizi sociali dell’unione Montana dei comuni Valtiberina, ma l’accoglienza non è delle migliori. Prima minacciano di chiamare i carabinieri. Poi, la più giovane ci chiude la porta in faccia con un calcio. È Veronica Savignani, che quella mattina, come mostrano le telecamere, afferra il bimbo come un pacco. E mentre lui scalcia e grida disperato - «Aiuto! Lasciatemi andare» - lei lo rimprovera: «Ma perché urli?». Dopo un po’ i toni cambiano. Esce a parlarci Sara Spaterna. C’era anche lei quel giorno, con la collega Roberta Agostini, per portare via i bambini. Ma l’unica cosa di cui si preoccupa è che «è stata rovinata la sua immagine». E alle nostre domande ripete come una cantilena: «Non posso rispondere». Anche la responsabile dei servizi, Francesca Meazzini, contattata al telefono, si trincera dietro un «non posso dirle nulla».
Al Tribunale dei Minoridi Firenze, invece, parte lo scarica barile. La presidente, Silvia Chiarantini, dice che «l’allontanamento è avvenuto secondo le regole di legge». E ci conferma che i genitori possono vedere i figli in incontri protetti. E allora perché da due mesi a mamma e papà non è stata concessa neppure una telefonata? E chi pagherà per il trauma fatto a questi bambini?
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Riduci
Il premier: «Il governo ci ha creduto fin dall’inizio, impulso decisivo per nuovi traguardi».
«Il governo ha creduto fin dall’inizio in questa sfida e ha fatto la sua parte per raggiungere questo traguardo. Ringrazio i ministri Lollobrigida e Giuli che hanno seguito il dossier, ma è stata una partita che non abbiamo giocato da soli: abbiamo vinto questa sfida insieme al popolo italiano. Questo riconoscimento imprimerà al sistema Italia un impulso decisivo per raggiungere nuovi traguardi».
Lo ha detto la premier Giorgia Meloni in un videomessaggio celebrando l’entrata della cucina italiana nei patrimoni culturali immateriali dell’umanità. È la prima cucina al mondo a essere riconosciuta nella sua interezza. A deliberarlo, all’unanimità, è stato il Comitato intergovernativo dell’Unesco, riunito a New Delhi, in India.
Ansa
I vaccini a Rna messaggero contro il Covid favoriscono e velocizzano, se a dosi ripetute, la crescita di piccoli tumori già presenti nell’organismo e velocizzano la crescita di metastasi. È quanto emerge dalla letteratura scientifica e, in particolare, dagli esperimenti fatti in vitro sulle cellule e quelli sui topi, così come viene esposto nello studio pubblicato lo scorso 2 dicembre sulla rivista Mdpi da Ciro Isidoro, biologo, medico, patologo e oncologo sperimentale, nonché professore ordinario di patologia generale all’Università del Piemonte orientale di Novara. Lo studio è una review, ovvero una sintesi critica dei lavori scientifici pubblicati finora sull’argomento, e le conclusioni a cui arriva sono assai preoccupanti. Dai dati scientifici emerge che sia il vaccino a mRna contro il Covid sia lo stesso virus possono favorire la crescita di tumori e metastasi già esistenti. Inoltre, alla luce dei dati clinici a disposizione, emerge sempre più chiaramente che a questo rischio di tumori e metastasi «accelerati» appaiono più esposti i vaccinati con più dosi. Fa notare Isidoro: «Proprio a causa delle ripetute vaccinazioni i vaccinati sono più soggetti a contagiarsi e dunque - sebbene sia vero che il vaccino li protegge, ma temporaneamente, dal Covid grave - queste persone si ritrovano nella condizione di poter subire contemporaneamente i rischi oncologici provocati da vaccino e virus naturale messi insieme».
Sono diversi i meccanismi cellulari attraverso cui il vaccino può velocizzare l’andamento del cancro analizzati negli studi citati nella review di Isidoro, intitolata «Sars-Cov2 e vaccini anti-Covid-19 a mRna: Esiste un plausibile legame meccanicistico con il cancro?». Tra questi studi, alcuni rilevano che, in conseguenza della vaccinazione anti-Covid a mRna - e anche in conseguenza del Covid -, «si riduce Ace 2», enzima convertitore di una molecola chiamata angiotensina II, favorendo il permanere di questa molecola che favorisce a sua volta la proliferazione dei tumori. Altri dati analizzati nella review dimostrano inoltre che sia il virus che i vaccini di nuova generazione portano ad attivazione di geni e dunque all’attivazione di cellule tumorali. Altri dati ancora mostrano come sia il virus che il vaccino inibiscano l’espressione di proteine che proteggono dalle mutazioni del Dna.
Insomma, il vaccino anti-Covid, così come il virus, interferisce nei meccanismi cellulari di protezione dal cancro esponendo a maggiori rischi chi ha già una predisposizione genetica alla formazione di cellule tumorali e i malati oncologici con tumori dormienti, spiega Isidoro, facendo notare come i vaccinati con tre o più dosi si sono rivelati più esposti al contagio «perché il sistema immunitario in qualche modo viene ingannato e si adatta alla spike e dunque rende queste persone più suscettibili ad infettarsi».
Nella review anche alcune conferme agli esperimenti in vitro che arrivano dal mondo reale, come uno studio retrospettivo basato su un’ampia coorte di individui non vaccinati (595.007) e vaccinati (2.380.028) a Seul, che ha rilevato un’associazione tra vaccinazione e aumento del rischio di cancro alla tiroide, allo stomaco, al colon-retto, al polmone, al seno e alla prostata. «Questi dati se considerati nel loro insieme», spiega Isidoro, «convergono alla stessa conclusione: dovrebbero suscitare sospetti e stimolare una discussione nella comunità scientifica».
D’altra parte, anche Katalin Karikó, la biochimica vincitrice nel 2023 del Nobel per la Medicina proprio in virtù dei suoi studi sull’Rna applicati ai vaccini anti Covid, aveva parlato di questi possibili effetti collaterali di «acceleratore di tumori già esistenti». In particolare, in un’intervista rilasciata a Die Welt lo scorso gennaio, la ricercatrice ungherese aveva riferito della conversazione con una donna sulla quale, due giorni dopo l’inoculazione, era comparso «un grosso nodulo al seno». La signora aveva attribuito l’insorgenza del cancro al vaccino, mentre la scienziata lo escludeva ma tuttavia forniva una spiegazione del fenomeno: «Il cancro c’era già», spiegava Karikó, «e la vaccinazione ha dato una spinta in più al sistema immunitario, così che le cellule di difesa immunitaria si sono precipitate in gran numero sul nemico», sostenendo, infine, che il vaccino avrebbe consentito alla malcapitata di «scoprire più velocemente il cancro», affermazione che ha lasciato e ancor di più oggi lascia - alla luce di questo studio di Isidoro - irrisolti tanti interrogativi, soprattutto di fronte all’incremento in numero dei cosiddetti turbo-cancri e alla riattivazione di metastasi in malati oncologici, tutti eventi che si sono manifestati post vaccinazione anti- Covid e non hanno trovato altro tipo di plausibilità biologica diversa da una possibile correlazione con i preparati a mRna.
«Marginale il gabinetto di Speranza»
Mentre eravamo chiusi in casa durante il lockdown, il più lungo di tutti i Paesi occidentali, ognuno di noi era certo in cuor suo che i decisori che apparecchiavano ogni giorno alle 18 il tragico rito della lettura dei contagi e dei decessi sapessero ciò che stavano facendo. In realtà, al netto di un accettabile margine di impreparazione vista l’emergenza del tutto nuova, nelle tante stanze dei bottoni che il governo Pd-M5S di allora, guidato da Giuseppe Conte, aveva istituito, andavano tutti in ordine sparso. E l’audizione in commissione Covid del proctologo del San Raffaele Pierpaolo Sileri, allora viceministro alla Salute in quota 5 stelle, ha reso ancor più tangibile il livello d’improvvisazione e sciatteria di chi allora prese le decisioni e oggi è impegnato in tripli salti carpiati pur di rinnegarne la paternità. È il caso, ad esempio, del senatore Francesco Boccia del Pd, che ieri è intervenuto con zelante sollecitudine rivolgendo a Sileri alcune domande che son suonate più come ingannevoli asseverazioni. Una per tutte: «Io penso che il gabinetto del ministero della salute (guidato da Roberto Speranza, ndr) fosse assolutamente marginale, decidevano Protezione civile e coordinamento dei ministri». Il senso dell’intervento di Boccia non è difficile da cogliere: minimizzare le responsabilità del primo imputato della malagestione pandemica, Speranza, collega di partito di Boccia, e rovesciare gli oneri ora sul Cts, ora sulla Protezione civile, eventualmente sul governo ma in senso collegiale. «Puoi chiarire questi aspetti così li mettiamo a verbale?», ha chiesto Boccia a Sileri. L’ex sottosegretario alla salute, però, non ha dato la risposta desiderata: «Il mio ruolo era marginale», ha dichiarato Sileri, impegnato a sua volta a liberarsi del peso degli errori e delle omissioni in nome di un malcelato «io non c’ero, e se c’ero dormivo», «il Cts faceva la valutazione scientifica e la dava alla politica. Era il governo che poi decideva». Quello stesso governo dove Speranza, per forza di cose, allora era il componente più rilevante. Sileri ha dichiarato di essere stato isolato dai funzionari del ministero: «Alle riunioni non credo aver preso parte se non una volta» e «i Dpcm li ricevevo direttamente in aula, non ne avevo nemmeno una copia». Che questo racconto sia funzionale all’obiettivo di scaricare le responsabilità su altri, è un dato di fatto, ma l’immagine che ne esce è quella di decisori «inadeguati e tragicomici», come ebbe già ad ammettere l’altro sottosegretario Sandra Zampa (Pd).Anche sull’adozione dell’antiscientifica «terapia» a base di paracetamolo (Tachipirina) e vigile attesa, Sileri ha dichiarato di essere totalmente estraneo alla decisione: «Non so chi ha redatto la circolare del 30 novembre 2020 che dava agli antinfiammatori un ruolo marginale, ne ho scoperto l’esistenza soltanto dopo che era già uscita». Certo, ha ammesso, a novembre poteva essere dato maggiore spazio ai Fans perché «da marzo avevamo capito che non erano poi così malvagi». Bontà sua. Per Alice Buonguerrieri (Fdi) «è la conferma che la gestione del Covid affogasse nella confusione più assoluta». Boccia è tornato all’attacco anche sul piano pandemico: «Alcuni virologi hanno ribadito che era scientificamente impossibile averlo su Sars Cov-2, confermi?». «L'impatto era inatteso, ma ovviamente avere un piano pandemico aggiornato avrebbe fatto grosse differenze», ha replicato Sileri, che nel corso dell’audizione ha anche preso le distanze dalle misure suggerite dall’Oms che «aveva un grosso peso politico da parte dalla Cina». «I burocrati nominati da Speranza sono stati lasciati spadroneggiare per coprire le scelte errate dei vertici politici», è il commento di Antonella Zedda, vicepresidente dei senatori di Fratelli d’Italia, alla «chicca» emersa in commissione: un messaggio di fuoco che l’allora capo di gabinetto del ministero Goffredo Zaccardi indirizzò a Sileri («Stai buono o tiro fuori i dossier che ho nel cassetto», avrebbe scritto).In che mani siamo stati.
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Riduci
Ecco #DimmiLaVerità del 10 dicembre 2025. Con il nostro Alessandro Rico analizziamo gli ostacoli che molti leader europei mettono sulla strada della pace in Ucraina.