2024-04-21
Dopo i flop su catasto e patrimoniale Letta vuol dare all’Ue le nostre abitazioni
Nel suo piano, l’ex premier punta il dito contro chi usa le case come investimento. Auspicando un intervento di Bruxelles.Nell’Europa ideale di Enrico Letta il mercato dell’energia è tutto regolato, la mobilità è coordinata da Bruxelles, il lavoro tendenzialmente si costruisce a tavolino. Un enorme schema raccontato in un report di 147 pagine nel quale, se la parola «libertà» compare, è solo per via di un refuso. Tutto è stabilito e pianificato, un po’ come i piani quinquennali di impronta sovietica, con una differenza di fondo. In questo modello di Europa non si disdegna l’uso dei soldi privati, purché lo scopo sia quello di facilitare il bene comune. Già, non nascondiamo la distanza siderale rispetto a chi è convinto che il bene sia quello dell’individuo e che la ricchezza si forma perché i cittadini sono lasciati liberi di fare impresa, mettersi in proprio anche con piccole attività. Certo, non ignoriamo che in tempi di guerra gli Stati debbano dotarsi di ombrelli più grandi, ma ciò non giustifica il fatto che debbano occuparsi di tutto e soddisfare tutte le esigenze. Perché inevitabilmente finiranno anche con il decidere quali esigenze saranno consentite e quali no. Sorvoliamo dunque sul piano complessivo di cui La Verità si è già occupata, ma non possiamo evitare di prendere l’evidenziatore e sottolineare un intero paragrafo, quello che occupa le pagine 99 e 100 del report. Il grande tema della casa e l’ossessione della sinistra dei soldi privati imbrigliati negli immobili. «L’accesso ad alloggi a prezzi accessibili è diventato un problema significativo in molti Stati membri e ciò rappresenta una chiara minaccia sia per la libertà di circolazione che per la libertà di soggiorno», scrive Letta. Questo perché i valori delle case in una dozzina di anni sono saliti del 48% e quelli degli affitti del 22. In molti parti dell’Ue, le persone spendono il 40% dei loro introiti per pagarsi un tetto sotto cui stare, prosegue l’analisi, sottolineando che «l’aumento dei costi di costruzione e dei tassi ipotecari ha causato una sostanziale diminuzione della costruzione di alloggi e ha reso più difficile l’accesso alla proprietà della casa». E tra le cause di questi mali chi c’è? Naturalmente il piccolo proprietario che ancora oggi ha l’ardire di voler mettere a frutto e rendita il proprio immobile. «Si è inoltre notato», prosegue Letta, «che negli ultimi anni gli investitori sono stati sempre più attivi sui mercati immobiliari urbani, utilizzando gli alloggi come veicolo di ricchezza e investimento, piuttosto che considerarli un bene sociale». Abbiamo sopra indicato il numero della pagina esatto, così chiunque potrà andare a rileggere la frase due o tre volte. Anche noi alla prima lettura non credevamo ai nostri occhi. Ma come? Possiedi una casa e non vuoi considerala un bene sociale? Vergogna di un capitalista. Eppure vi garantiamo che la frase è proprio farina del sacco di Letta. D’altronde, non è che l’ex premier poteva puntare il dito sugli errori della Bce nel gestire l’inflazione e l’andamento dei tassi, o sui grandi effetti della guerra in Ucraina e prima ancora dei serrati lockdown pandemici che hanno compresso le catena di approvvigionamento e fatto salire mediamente del 30% i costi dei materiali da cantiere. Non poteva certo puntare il dito sui grandi piani di indebitamento dell’Ue che hanno contribuito a far salire l’inflazione e quindi su chi non ha tutelato i proprietari di case. Se l’Europa non ha funzionato, basta chiedere più Europa. Ma sappiamo che Letta ha un pensiero molto più raffinato del nostro. Per cui se punta il dito sulla crisi immobiliare è perché ha degli obiettivi di revisione. E, infatti, poche righe dopo ci illumina. «Sebbene la politica abitativa rimanga di competenza degli Stati membri, l’Ue deve riconoscere l’urgente necessità di una risposta coordinata per affrontare la grave carenza di alloggi». E quindi fondi comuni per riorganizzare il sistema del mattone e una task force che studi nuove regole. Spostando a Bruxelles il tema si vuole ottenere ciò in cui il suo governo e quello guidato da Mario Draghi hanno fallito. Un tempo c’era la mania della patrimoniale da aggiungere agli oltre 22 miliardi che già vengono spremuti dagli immobili. Mentre due anni fa è saltato il tentativo di riformare il catasto. Nuove norme che avrebbero spostato il calcolo delle rendite da catastale a patrimoniale. Consentendo al Fisco, grazie alle nuove tecnologie, di aggiornare i valori ogni anno. E quindi mettere il turbo al gettito. Più tasse e spesa per lo Stato, meno proprietà in mano ai privati. Non a caso, lo studio sul mercato unico di Letta e quello sulla competitività di Draghi hanno hanno più di un punto in comune.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)
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