2021-09-06
Film-spot sul piccolo trans. Benedice il Comune
https://europeanfilmawards.eu/en_EN/film/little-girl.15249
La manifestazione bolognese «Gender Bender» ha in cartellone la proiezione di un documentario sul cambio di sesso di un bambino. Pratiche come l'infibulazione indignano, ma anche queste imposizioni sono brutalitàFa inorridire e infuriare quanto ha raccontato alle forze dell'ordine nei giorni scorsi una donna centrafricana che risiede in provincia di Piacenza. Il marito, un religioso musulmano che da molti anni vive in Emilia Romagna, durante un viaggio all'estero avrebbe portato con sé le due figlie piccole, e trovandosi lontano dallo sguardo della moglie ne avrebbe approfittato per fare infibulare le piccole. La pratica è vietata in Italia e punita severamente. Ogni volta viene da chiedersi come sia possibile che in nome di una fede si possa compiere una brutalità simile. Nessuna tradizione può giustificare tale scempio, almeno dalle nostre parti. Sorge tuttavia un dubbio: forse dovremmo provare la stessa repulsione per altre pratiche che ci riguardano da vicino, figlie della nostra cultura e non sono poi così diverse. Quando sentiamo parlare di minorenni, di bambini avviati alla transizione di genere, forse dovremmo chiederci: non si tratta, anche in questo caso, di «mutilazioni» inferte a bambini in nome di un'ideologia che assume i connotati di un culto? I gran visir della setta arcobaleno hanno stabilito che non appena un minorenne dichiari un disagio rispetto al suo sesso, gli debba essere diagnosticata la disforia di genere. Non importano le cause del malessere. Il fanciullo che non si sente a suo agio nel sesso maschile viene considerato candidato al cambiamento di sesso. È accaduto di recente a Lucca: il tribunale ha approvato la transizione di un sedicenne spiegando che il «ricorso alla modificazione chirurgica dei caratteri sessuali risulta autorizzabile in funzione di garanzia del diritto alla salute, ossia laddove lo stesso sia volto a consentire alla persona di raggiungere uno stabile equilibrio psicofisico». Non è chiaro, in questi casi, dove finisca la scienza e dove inizi l'ideologia, ma di questi tempi anche il pensiero magico è spacciato per scienza qualora faccia comodo agli attivisti.Insomma, è passata l'idea che il «benessere» dei ragazzini consista nel rinunciare ai propri genitali per assumere quelli dell'altro sesso: così dicono i sacerdoti Lgbt. È tanto diverso dal modo di agire di alcuni predicatori islamici? Eppure indignarsi per i deliri arcobaleno è considerato omofobico o transfobico. Non solo: il proselitismo è ovunque diffuso e c'è chi vorrebbe alimentarlo per legge introducendo il ddl Zan, che porterebbe nelle scuole le lezioncine trans. Anche adesso che la legge bavaglio non è in vigore, non mancano occasioni di propaganda istituzionalizzata. Un esempio lampante lo fornisce il festival Gender Bender, in corso a Bologna fino al 19 settembre. Si tratta di una grande manifestazione, giunta alla diciannovesima edizione, che offre un menù ampio: «Danza contemporanea, conversazioni con coreografe e coreografi, proiezioni cinematografiche, incontri con autori e autrici della letteratura, laboratori e l'inizio di un nuovo progetto triennale sostenuto dal programma Creative Europe dell'Unione europea». Tutto all'insegna della contaminazione arcobaleno. A organizzare è lo storico centro Lgbt bolognese, il Cassero, col contributo economico e il sostegno istituzionale del ministero dei Beni culturali, della Regione Emilia Romagna, del Comune di Bologna, dell'Università di Bologna e della Rai. Solo dal Comune felsineo sono arrivati 25.000 euro nel 2019 e 30.000 nel 2020: non esattamente spiccioli, in un momento in cui il mondo degli eventi e della cultura non gode di grandissima salute. Tra le varie iniziative in programma ce n'è una che merita di essere segnalata. Si tratta della proiezione, in calendario il 17 settembre, del film Petite fille di Sébastien Lifshitz, vincitore al Festival di Cannes 2012 del premio per il miglior documentario e della Queer Palm nel 2016. Scrivono gli organizzatori: il regista «regala un commovente e delicato documentario seguendo per un anno la vita di Sasha, bambina transgender di otto anni, e della sua famiglia». Il film, continua il comunicato ufficiale, «mostra la difficile situazione affrontata da Sasha tra i banchi di scuola, dove la sua identità di ragazza, certificata legalmente da una psicologa specializzata, viene costantemente messa in discussione sia da compagni e compagne sia da figure adulte autorevoli. Allo stesso tempo Sasha è affiancata dall'amore e dal supporto dei suoi genitori, che la aiutano ad affermare sé stessa, mostrandoci come cura, tenerezza e comprensione possano essere forti strumenti per affrontare pregiudizi e difficoltà». Capito? Sasha è nata maschio, ma una psicologa ha certificato la sua identità femminile. Un bimbo di 8 anni va considerato donna e avviato verso il cambio di sesso perché lo ha deciso un burocrate arcobaleno. Certo, la medicalizzazione completa arriverà più avanti, ma la strada è tracciata. Nessuno può dire che sia una follia, una violenza e perfino una mutilazione. La storia di Sasha viene raccontata per spiegare come la comprensione (cioè l'accettazione della logica Lgbt) risolva ogni problema. Questa forma di propaganda ci viene fornita grazie al sostegno pubblico, tra gli applausi dei media: guai a dissentire. Indigniamoci per gli orrori praticati dalle altre culture. Ma non è che da queste parti vada molto meglio.
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