2022-03-31
Fi e Iv sulle tracce di soldi e contratti. Rischiano i vertici delle holding di Stato
Massimo D'Alema (Imagoeconomica)
Sia Maurizio Gasparri («Via Profumo da Leonardo») sia Roberto Giachetti portano il caso in Parlamento. Nuova interpellanza al Mef.Il Colombia-gate sulla tentata vendita di navi e aerei militari italiani che vede protagonista l’ex premier Massimo D’Alema potrebbe aver fatto la sua prima vittima illustre. A Giuseppe Giordo, direttore generale della divisione «Naval vessels» di Fincantieri, con un ordine di servizio sarebbero infatti state revocate tutte le deleghe operative, «fino a conclusione dell’audit» (la cui gestione rientra tra le deleghe del presidente dell’azienda, l’ex capo del Dis Giampiero Massolo) sulla vicenda. La notizia, che ha iniziato a circolare nella tarda serata di martedì, giorno in cui era riunito il comitato nomine di Cassa depositi e prestiti, non è stata smentita, ma nemmeno confermata ufficialmente. Forse perché è un atto che potrebbe avere ripercussioni anche sul Risiko delle nomine delle partecipate, visto che il dg era considerato tra i papabili alla successione di Giuseppe Bono (che ha avocato a sé le deleghe di Giordo) sulla poltrona di ad dell’azienda triestina. Intanto oggi si riunirà il consiglio di amministrazione di Cdp per decidere una serie di nomine ai vertici delle partecipate, ma non quelle di Fincantieri, che sono state rinviate almeno a dopo il 14 aprile. Sul fronte politico, l’esponente di Forza Italia Maurizio Gasparri, componente della commissione Difesa del Senato, partendo dalla revoca delle deleghe di Giordo ha alzato il tiro, puntando sui vertici di Leonardo: «Ci deve essere quindi qualcosa di fondato in questa vicenda. Ma è su Leonardo che bisogna in particolare puntare i fari. Profumo (Alessandro, amministratore delegato, ndr) deve capire che questa fondamentale azienda non è un distaccamento della sinistra italiana. Profumo è in condizioni di rimanere al timone di questo gruppo? Profumo vuole rispondere su quanto è avvenuto? Vediamo sui giornali o in televisioni mail che viaggiano tra Leonardo e persone che non hanno compiti istituzionali in questa vicenda. Bisogna fare chiarezza. E credo che sia inevitabile l’uscita di Profumo da Leonardo». Gasparri ipotizza anche di sentire in audizione proprio in commissione i vertici delle aziende coinvolte: «Credo che bisognerà sentire nei prossimi giorni gli esponenti di Leonardo e di Fincantieri per capire quali siano stati i rapporti con D’Alema e quali siano le reali implicazioni di persone non facenti parte del governo o delle industrie competenti in queste vicende di traffico di armi».Quello che è certo è che in commissione Difesa è prevista (sarebbe dovuta avvenire oggi ma è stata rinviata), l’audizione del generale Luciano Portolano, segretario generale della Difesa, proprio sul tema dell’import-export di armi. Ma da quanto risulta alla Verità, l’audizione non sarebbe legata a nessun caso specifico e avrebbe lo scopo di illustrare ai commissari il funzionamento del commercio internazionale di armamenti. Sta di fatto che la posizione di Gasparri, unita alla raffica di interpellanze che il deputato di Italia viva Roberto Giachetti ha iniziato a presentare, rischia di spaccare la maggioranza di governo che sostiene Mario Draghi. Nel primo atto indirizzato al ministro della Difesa Lorenzo Guerini, suo ex compagno di partito, il deputato renziano, dopo aver sottolineato che «D’Alema non risulta avere ruoli in Fincantieri e Leonardo, nonostante rapporti con dette società siano confermati, oltre che dall’intera vicenda, anche dal suo commercialista» chiede a Guerini una risposta formale per sapere se l’ex segretario del Pds «sia stato autorizzato da Fincantieri e/o Leonardo - e specificamente da quali soggetti nell’ambito delle predette società - a svolgere per le predette società, a qualsiasi titolo […] nell’ambito delle trattative con il governo colombiano». Ma la nuova interpellanza di Giachetti, stavolta indirizzata al ministro dell’Economia Daniele Franco, punta a sapere se «se negli ultimi cinque anni le società a partecipazione pubblica di cui in premessa – e segnatamente Eni, Enel, Leonardo, Fincantieri, Cassa depositi e prestiti, Sace, Invitalia e Poste italiane – hanno attivato, a qualsiasi titolo, rapporti di consulenza, collaborazione, mediazione, intermediazione, promozione – comunque denominati – con la Ernst&Young e, nel caso, in quali occasioni e per quali importi». Giachetti vuole anche sapere «se in alcuno di questi rapporti sia stato previsto o risulti menzionato, sotto qualsiasi titolo o forma, l’ex Presidente del Consiglio Massimo D’Alema». A parlare della società inglese di cui è presidente dell’advisory board era stato proprio Baffino nella sua prima intervista sulla vicenda a La Repubblica, il 3 marzo scorso aveva infatti citato «Leonardo e Fincantieri, che sono importanti clienti di Ernst&Young». Salvo poi premurarsi di tutelare dal polverone la società con sede a Londra, precisando al Corriere della sera il 26 marzo, che «Ernst&Young qui non c’entra nulla». Ma a Giachetti, che nell’atto ispettivo depositato alla Camera ha usato parole durissime, denunciando come «tutt’altro che chiaro, tuttavia, quale sia il tipo e il grado di coinvolgimento di D’Alema nelle operazioni delle principali partecipate italiane», le parole di D’Alema evidentemente non sono bastate.