2023-12-08
«Da Fellini a Gibson, la mia vita con i grandi»
Davide Marotta (Getty Images)
L’attore Davide Marotta: «Ciribiribì Kodak mi ha dato il successo economico, ma prima e dopo ho avuto la fortuna di lavorare con artisti che amavo. Per Dario Argento mi sono fatto ricoprire di insetti. Sul set de “La passione di Cristo”, Mel mi scaldava i piedi con le sue manone».Proponendosi sin da giovane nell’ambiente dello spettacolo, Davide Marotta attirò l’attenzione di venerati registi della storia del cinema, Federico Fellini, Dario Argento, Mel Gibson e vari altri. Così, questo piccolo, grande uomo, nella storia del cinema c’è entrato anche lui. Giacché da cosa nasce cosa, dopo essersi fatto notare in Phenomena, nel 1987, Alessandro D’Alatri lo coinvolse nella pubblicità, scegliendolo come protagonista dello spot delle pellicole Kodak. L’attore napoletano, classe 1962, ottenne un successo strepitoso, tanto che il claim, «Ciri-biri-bì», identificato con lui stesso, si ricorda diffusamente. Tuttavia l’espressività degli occhi non diventò solo quella, allegra e curiosa, dell’alieno dotato di super-poteri, proveniente da un remoto pianeta, in viaggio turistico sulla Terra, ma assunse anche tratti mefistofelici, come in Demoni 2, oppure saggi e ammonitori, impersonando il Grillo parlante nel Pinocchio di Matteo Garrone (2019). Similmente alla fiaba di Collodi, le sorprese della vita possono essere strabilianti ma pure sgradevoli, fino ai confini con l’assurdo, come nella disavventura accadutagli, in cui ha perduto la propria casa. Tuttavia, nonostante questo grande dispiacere, Davide irradia un buon umore spontaneo e contagioso nel parlare di cose e cose. «Piacere! Sono tornato a tarda notte dalla tournée teatrale…».Di che spettacolo si tratta?«Sono tanti anni che lavoro con Carlo Buccirosso, a teatro. Lo spettacolo si chiama Il vedovo allegro, dal 26 dicembre 2023 saremo un mese a Roma, alla sala Umberto. Venite a vedermi?».Che ruolo interpreta?«Sono il figlio di un portiere di un condominio, interpretato da Massimo Andrei». Come avvenne il suo incontro con il cinema?«Stavo facendo teatro, a Roma. C’era un attore vicino a Dario Argento e mi disse che stavano cercando un bambino, anche se non ero un bambino, che doveva avere dei trucchi, un make-up particolare, una specie di lattice che un bambino non avrebbe potuto sopportare, pesantissimo, tipo calce, di gesso, si chiama prostetico (se ne fece ampio ricorso per truccare Dustin Hoffman nel Piccolo grande uomo, ndr), solo con due piccole cannucce nel naso per respirare, per un’ora, era terribile. Mi presentò Dario Argento per Phenomena. Da lì ho iniziato. Avevo circa 21 anni. A 15-16, sembravo un bambino, ballavo nei locali a Milano, a Bologna, a Roma, imitando Renato Zero, John Travolta, per sbarcare il lunario…». In Phenomena faceva il figlio, un killer seriale, della signora Brückner, stuprata in manicomio. Quel personaggio era assalito da un nugolo d’insetti sarcofagi. Erano veri? «Sì, erano insetti veri, allevati. Ne erano stati portati a Roma, forse dall’Africa, 40 milioni. Erano mosche, bianchissime, pulitissime. Eravamo agli studi De Paolis, mi misero in una gabbia, gli occhi chiusi, con del glucosio in faccia perché avevo il prostetico, ero un bambino-mostro con la bocca da maialino, ma anche sulle braccia, sulle mani. Si attaccavano come sulla colla e si muovevano ancora... Dopo questa scena, nonostante tutte le docce, arrivavano ancora migliaia di mosche che mi si attaccavano addosso. Era talmente forte la volontà di fare quella scena con un regista così importante come Dario Argento, che non ho pensato a tutto lo schifo (ride, ndr)». Come fu il rapporto con il regista?«Ho bellissimi ricordi, non lo vedo da tanti anni… Quando m’incontrò, voleva vedere come camminavo, mi chiese tante cose, io gli dissi “sono un tuo fan, ti seguo da Profondo rosso”, perché mi piacevano i film di questo genere, parlavamo di calcio, lui è laziale. Poi, mi chiamò per un film, Demoni 2 di Lamberto Bava (1986, ndr)».Fece il demone Tommy. «Sì, il bambino che poi si trasformava in demone, anche lì non fu semplice, le lenti a contatto, la dentiera, un bel trucco pesante». Sempre nel 1986 Fellini le affidò una parte in Ginger e Fred.«Federico carinissimo. Nelle pause a lui e al grande Marcello Mastroianni raccontavo le barzellette, ero abbastanza spigliato… Ricordavo Fellini nelle interviste in tv, con il montgomery, la sciarpa e il cappello. Al primo impatto, vidi quest’omone mentre mi stavano truccando. Mi disse “tu come ti chiami?. “Davide”. “Ah Davidino”. Avevo questa verve napoletana e mi diede battute in più, “fammi sentire, come la faresti questa battuta?”. Era molto curioso, voleva sapere un po’ tutto, come svolgevi la vita. Io, insomma, avevo passato un periodo nell’accettare la mia fisicità, ma ero abbastanza tranquillo su questo, molto amato dai miei famigliari, dai miei nonni, dalle mie zie».E lui che rispose? «Quando gli dissi che stavo superando questa cosa che non crescevo, mi disse: “Eh, vabbè, voi napoletani avete una marcia in più…”. “E Marcellino ti piace?”. “Eh come no, noi a casa siamo tutti fan di Mastroianni e della Loren”. Abbiamo sempre visto tanto cinema, papà parlava di Eduardo De Filippo, di Totò». Sua madre e suo padre ci sono ancora?«Mia mamma sì, ha 89 anni. Mio papà l’ho perso 5 anni fa, ma, ringraziando Iddio, a una bella età, 94 anni…». Che professione hanno fatto?«Papà era vetraio e mamma casalinga. Poi ho un fratello, Corrado Marotta, che è del 1966, con altezza regolare, 1 e 70, come anche i miei, ma pure i miei zii eh, e mio nonno era molto alto…». Dov’è nato?«Sono nato al quartiere Poggio Reale di Napoli, a casa, come accadeva allora». La popolarità giunse con la réclame della Kodak.«Mi ha cambiato la vita. Lì sì è arrivato il successo economico, ne abbiamo girate diverse, dall’87 al ’96. Un giorno Leonardo Pieraccioni, mentre stavo girando con lui Il professor Cenerentolo (2015, ndr), da protagonista, pubblicò su Instagram una foto con me e lui. Mi chiama il giorno dopo: “Ma, hai capito? Quarantamila persone che parlano di te…”. Quella pubblicità ancora oggi si ricorda…». Come fu la genesi?«A idearla è stato il compianto Alessandro D’Alatri con l’idea di Blade Runner di Ridley Scott, perché lì c’era un personaggio come me, invecchiato. Ricrearono le strade del film, spettacolare. Ma sembrava un lavoro come un altro, che lo spot non decollasse, tant’è che mi regalarono il trench, il cappello, tutto il completo! Dopo alcuni mesi mi chiamano, “devi venire a Milano, li hai ancora trench e cappello?”. “Sì”. All’Hilton, mai visto prima un hotel così, sento i capi internazionali della Kodak che dicono: “Grazie a questo personaggio, la Kodak ha aumentato il fatturato del 60%”. Mi fecero il contratto, 120 milioni di lire ogni due anni, mio padre disse “io, questi soldi non li guadagnerei nemmeno se lavorassi per 50 anni”». E l’espressione «Ciri-biri-bì»?«Se l’inventò D’Alatri. Poi c’era la colonna sonora sotto, mentre si vedeva il rullino gigante a forma di astronave, con la canzone di Napoli Funiculì, funiculà (la intona, ndr), non tutti riescono a capire sta’ cosa». Ma chi era quella ragazza con cui facevate l’auto-scatto?«L’autoscatto è in America, al Gran Canyon. La ragazza si chiamava Giovannina, non ricordo il cognome, l’avevo conosciuta sul set di Fellini. Mi chiesero: “Conosci altri personaggi piccolini come te?”. Feci tre nomi, fu scelta Giovannina, non l’ho più rivista…». Nel 2004, l’incontro con Mel Gibson che, per La passione di Cristo, la volle nel ruolo del bambino in braccio a Satana, Rosalinda Celentano.«Sì, ero l’anticristo. Mi chiamarono, chiedendomi: “Puoi venire a Roma mercoledì?”, perché, dopo pochi giorni, iniziavano le riprese. “Ti devo far incontrare con Mel Gibson”. “Stai scherzando?”. Lo incontrai. Mi disse: “Ci sarà un ruolo per te”. Durante le riprese faceva freddo, lui mi scaldava i piedi con le sue manone… Quando il film fu distribuito in Italia, mi mandò una lettera con un assegno di 5.000 euro come cadeau, ringraziandomi. Il mio era un piccolo ruolo, ma fondamentale per la sceneggiatura…». In quel film Monica Bellucci ha interpretato Maria Maddalena. L’ha conosciuta?«Certo, anche con Monica feci le foto, carinissima, ammazza, aivoglia! Ma io dico una cosa: i presuntuosi sono i mediocri… I grandi so’ grandi perché sono umili».Nel Pinocchio di Garrone, ha fatto il ruolo del Grillo parlante, del coniglio e del burattino Pantalone. Trucco complesso?«Per il Grillo parlante quattro ore e mezza di trucco, fatto a Londra da questi mostri sacri del make up, che hanno fatto Harry Potter». Gli uomini di oggi ascolterebbero i consigli del Grillo parlante?«(ride, ndr) Non credo, non credo proprio, oggi non si sa a chi credere, mamma mia». Nel novembre 2022 è andato in tv implorando che non le abbattessero la casa. Poi com’è andata? «È stata un po’ una tragedia per me. Spesi tutto quello che avevo guadagnato per acquistare, nel ’93, questa vecchia masseria, in via Stadera, a Poggioreale, e ristrutturarla. Era la casa di mia nonna, del 1911, l’ho fatto per affetto di mia mamma, che è nata lì, dei miei nonni, delle mie zie, per andare ad abitarci insieme. Me l’hanno abbattuta. Non perché dovesse passarci un’autostrada o per costruire un ospedale. Hanno deciso così e non c’è stato nulla da fare. Ma a pro di cosa? E ora? «Ora stiamo a Casoria, con mia mamma, mio fratello, mio nipote e mia cognata, siamo sempre stati uniti. Non avevo comprato quella casa a scopo di lucro, per affittarla, ma per la mia famiglia…».Le è accaduto di innamorarsi?«Sinceramente no, forse qualche cottarella, niente d’importante. Sono innamorato della vita, pur con tutti i suoi problemi». Oggi Ciri-biri-bì cosa direbbe agli italiani? «Di essere più buoni!».
Ursula von der Leyen (Ansa)
(Arma dei Carabinieri)
Diffuso in scuole, uffici e famiglie, il Calendario è da decenni un simbolo di identità e memoria collettiva, capace di unire generazioni diverse e di rinnovare, anno dopo anno, il legame profondo tra l’Arma e il Paese.
Con le sue tavole d’arte e i suoi racconti di vita reale, rinnova un messaggio di fiducia, autorevolezza, solidarietà e spirito di servizio: la certezza che, anche nei momenti più difficili, «accanto ad ogni cittadino c’è un Carabiniere».
L’evento, condotto da Paola Perego, si è svolto in un clima di grande partecipazione ed emozione, alla presenza anche del Vice Presidente del Senato Licia Ronzulli, del Ministro della Salute, Orazio Schillaci, del Sottosegretario di Stato al Ministero della Difesa, Isabella Rauti e del Capo di Stato Maggiore della Difesa, Generale Luciano Portolano, di rappresentanti delle Magistrature, oltre ad di autorità civili, militari, religiose ed esponenti del mondo della cultura e dell’informazione.
Il tema scelto per l’edizione 2026 è «Eroi quotidiani», un omaggio a tutte le donne e gli uomini dell’Arma che, ogni giorno, operano silenziosamente al servizio del Paese, nelle città e nei piccoli comuni, in Italia e all’estero.
Attraverso un linguaggio che unisce arte e letteratura, il Calendario racconta il volto umano dell’Arma e la sua vicinanza alle comunità.
Un racconto di impegno e speranza: nell’introduzione al Calendario, il Comandante Generale invita a guardare al nuovo anno con fiducia e responsabilità, ricordando che «A chi fa progetti di vita, non di morte, dedichiamo il Calendario. A loro offriamo il costante impegno, l’incessante dedizione, in una parola: la cura».
Le tavole, realizzate dall’artista René (Luigi Valeno), maestro della nuova Pop Art italiana, rappresentano con uno stile vivace e luminoso i Carabinieri protagonisti della vita quotidiana del Paese.
Ogni immagine mostra uomini e donne dell’Arma nel pieno del loro servizio — tra la gente, nei centri urbani, nei paesaggi naturali e nei luoghi simbolo della cultura italiana — restituendo un’idea di presenza costante, dedizione e vicinanza al Paese.
Le opere di René trasformano così il linguaggio della Pop Art in un omaggio alla quotidianità dei Carabinieri, celebrandone l’impegno, la professionalità e lo spirito di umanità che da sempre ne contraddistinguono la missione.
I testi che accompagnano le diciannove tavole, affidati ancora una volta alla penna di Maurizio De Giovanni, costituiscono un racconto unitario, sviluppato attraverso la lettera di un giovane Carabiniere, appena arruolato, che racconta ai suoi genitori le ragioni della sua scelta e l’esempio che ne trae. In essa il militare, con voce sincera e partecipe, narra episodi di generosità, slancio e altruismo che riassumono le difficoltà e le soddisfazioni di una scelta di vita fondata sul servizio al prossimo ed alla Nazione e le responsabilità di questa missione.
Le parole del giovane, piene di entusiasmo e di rispetto per la divisa, si intrecciano con episodi di altruismo e coraggio tratti dalla quotidianità, restituendo un mosaico di umanità e dedizione. Ogni tavola è così associata a un momento di crescita personale e professionale: un salvataggio, un gesto di solidarietà, una presenza discreta accanto a chi soffre, un’azione che riafferma la missione dei Carabinieri come presidio di legalità e vicinanza alla popolazione.
I testi diventano un viaggio nel cuore dell’Istituzione, un percorso che racconta non solo il mestiere del Carabiniere ma anche la dimensione umana di chi lo interpreta. Il filo conduttore è la cura, intesa come dedizione quotidiana e silenziosa verso il prossimo. Le storie del giovane Carabiniere si trasformano così in un dialogo affettuoso e morale con i suoi genitori, ma anche in un messaggio universale ai cittadini, un invito a credere nella bontà, nel coraggio e nella forza discreta di chi serve lo Stato con passione e onore.
La prefazione, firmata da Aldo Cazzullo, offre uno sguardo storico e valoriale sull’Arma ricordando come i Carabinieri, nati nel 1814, abbiano attraversato la storia d’Italia fino a oggi come protagonisti dei momenti fondativi della Nazione — dal Risorgimento alla Resistenza, fino alla modernità — rappresentando un simbolo di unità e sacrificio. Ed è a quei Carabinieri, che hanno pagato con la propria vita, che rivolge un commosso pensiero e ringraziamento.
La postfazione, affidata allo scrittore e giornalista Massimo Lugli, racconta un episodio vissuto in prima persona che diventa emblema della missione dei Carabinieri: la prontezza, il coraggio e la naturalezza con cui, anche nei gesti più quotidiani, sanno donare sicurezza e conforto ai cittadini.
La tavola del mese di novembre, attraverso la rappresentazione di un militare per ciascuna Forza Armata, è dedicata alla Difesa e ai suoi valori. La scelta del mese coincide con la ricorrenza della Giornata dell’Unità nazionale e delle Forze Armate, che celebriamo il 4 novembre, quest’anno celebrata con la cerimonia di Ancona.
Nel corso dell’evento, sono stati invitati sul palco gli studenti e la Dirigente dell’Istituto Comprensivo Giuseppe Bonafini di Cividate Camuno (BS) che hanno dedicato un omaggio musicale a tutti i Carabinieri: un emozionante canzone, atto di cultura della legalità, che dimostra come l’esempio, la dedizione e il servizio dell’Arma siano riconosciuti e apprezzati dalle nuove generazioni.
A seguire, sul palco, le testimonianze del Maresciallo Capo Carlo Menzulli, Comandante della Stazione Carabinieri di Caivano (NA), del Maresciallo Noemi Schiraldi, addetta alla Stazione Carabinieri di Fidenza (PR) e del Vice Brigadiere Santangelo Romualdo, addetto alla Centrale Operativa della Compagnia di Venaria Reale (TO), come rappresentanza di «Eroi quotidiani». Esempi di lealtà, coraggio e dedizione, al servizio degli altri.
In conclusione, alla presenza del Ministro della Difesa e del Comandante Generale dell’Arma, è intervenuta sul palco la Giornalista Francesca Fagnani, alla quale è stato rivolto un sentito ringraziamento per aver prestato la sua voce al video promozionale del calendario.
Insieme al Calendario Storico, è stata presentata l’Agenda 2026, che condivide lo stesso tema e la stessa ispirazione. Ad impreziosire l’apertura di ogni singolo mese, i brevi racconti e le note storiche di de Giovanni che risaltano gli «Eroi quotidiani» delle nostre comunità: Carabinieri che, con naturalezza e dedizione, si fanno prossimi a chi vive momenti di difficoltà.
L’offerta editoriale comprende poi il calendario da tavolo, dedicato al tema «I Carabinieri nello sport». Un viaggio attraverso testi e immagini degli atleti dell’Arma che si sono distinti nelle rispettive discipline, valorizzando non solo i risultati sportivi, ma anche i comportamenti esemplari e l’impegno dell’Arma nella promozione dei valori autentici, come: disciplina, lealtà, spirito di squadra. Un modo per ricordare e celebrare i successi del Centro Sportivo Carabinieri, fondato nel 1964, che ha formato atleti di fama internazionale e olimpionici di numerose discipline.
Infine il planning da tavolo, dedicato a «Reparti a Cavallo dell’Arma», centri di eccellenza e simbolo di eleganza e disciplina. Le immagini e i testi raccontano la storia e l’attualità dei reparti montati, che rappresentano ancora oggi un tratto distintivo dell’Istituzione, unendo stile, efficienza e contatto diretto con i cittadini, nel solco della secolare tradizione equestre dei Carabinieri.
Il ricavato dei planning e del calendarietto da tavolo sarà devoluto a sostegno di opere benefiche, in particolare all’Opera Nazionale di Assistenza per gli Orfani dei Militari dell’Arma dei Carabinieri (ONAOMAC) e all’Ospedale Pediatrico Microcitemico di Cagliari.
Tra i prodotti editoriali, anche un diario scolastico che insegna la tutela dell’ambiente ai più piccoli.
L’educazione ambientale approda così nelle aule scolastiche con un Carabiniere d’eccezione: l’aquila protagonista del diario «Un anno con Silvano e i suoi amici», sensibilizza le nuove generazioni sui temi della sostenibilità e del rispetto per l’ambiente.
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