2024-05-14
La sinistra rimanda Fedez in periferia. Adesso che è nei guai non serve più
Media progressisti e politici lo avevano adottato con accenti pasoliniani: «Ostenta? È riscatto sociale». Ora, dopo il presunto pestaggio per cui il rapper è indagato per rissa e lesioni, c’è la corsa a mollarlo.La verità su Fedez l’aveva scritta alcuni anni fa, su Repubblica, Michele Serra, uno che quando vuole ci azzecca (ma vuole poco, peccato). Eccola qua: «È uno di Buccinasco, periferia Milano Sud, nato povero e cresciuto ricco, che ha sempre inteso la popolarità, a modo suo, anche come unaresponsabilità. Non scivola via, non sta nel suo cantuccio dorato, non gli basta il rap, fa anche politica come la si fa oggi. Perché rompergli le palle, scusate il tono rap? Io sto con Fedez, anche se non ho hashtag da spendere, solo amache». Massì, anche io voglio stare con Fedez. Sul quale, che sfiga, è piovuta l’ennesima tegola. La Procura di Milano lo ha indagato per rissa, lesioni e percosse in concorso, anche se a scorrere le cronache non si trattava esattamente di una rissa, o meglio non soltanto. A quanto pare alla fine di aprile Fedez e altri suoi compari - forse suoi guardiaspale - si sarebbero accapigliati in discoteca con il cosiddetto «personal trainer dei vip», tale Cristiano Iovino, per via di una fanciulla. Poco dopo, nella notte tra il 21 e il 22 aprile, Iovino sarebbe stato raggiunto da un gruppo di gentiluomini i quali, sbucati da un automezzo, l’avrebbero preso a randellate sotto casa: la più classica ed efficace delle spedizioni punitive. Tutto, come nei migliori film sulle gang carcerarie, avrebbe potuto risolversi grazie all’omertà del menato, che non ha denunciato nessuno, perché a tenere la bocca cucita si fa più bella figura: menato sì, infame no. Lo ha detto chiaramente Fedez medesimo: «Se questa persona non è stata portata in ospedale, non c’è un referto medico e non ha denunciato, di cosa stiamo a parlare?». Appunto, di che parliamo? Quel che succede in strada rimane in strada e fine. Però è scattata la denuncia, perché ovviamente in Italia esiste anche una macchina giudiziaria e non si può lasciare tutto alla giustizia di quartiere. E con la denuncia sono arrivati anche gli articoloni pensosi e un filo indignati. Interessante, fra questi, il pezzo firmato ieri - sempre su Repubblica - da Gabriele Romagnoli. Il quale, a proposito della succitata rissa, chiosa: «A chiudere il cerchio, se davvero l’ha ordita o vi ha preso parte, la spedizione punitiva insieme con gli ultras del tifo. La voce controversie dovrebbe distinguere le innocue verbali e le più preoccupanti fattuali. Quei pugni, se accertati, potrebbero essere il pandoro di Fedez, il declino di una storia che ha affrontato (dentro di lui) nemici più grandi e che gli ha attirato simpatie più autentiche. La dispersione di un patrimonio che il ragazzo non poteva gestire». Vero, sempre Romagnoli rileva giustamente che a Fedez «di essere l’idolo della sinistra non gli è mai fregato. È una nicchia di marketing, quella. Entrarvi è più facile che superare la corda di velluto e accedere al privè di una discoteca: basta far irritare Salvini o mandare in ansia i funzionari del pubblico servizio televisivo». Sacrosanto. Solo che questo rapper in assenza di rap è stato eccome trasformato in un idolo della sinistra, e non è nemmeno del tutto vero che lui non ci abbia giocato. Ci hanno provato, lui e Chiara Ferragni (quando ancora erano un brand solo fino a che fatturato non vi separi), a fare il salto, a cavalcare l’onda dell’impegno. Lei lagnandosi a Sanremo; lui subendo baci e sculettamenti altrui, attaccando Galeazzo Bignami (come se fosse in condizione di fare il moralista sui carnevali altrui) e atteggiandosi a mini martire al Primo maggio. Hanno cercato di prendersi un pubblico un po’ borghese e progressista, e per lo più ci sono anche riusciti. Poi il pandoro ha rovinato tutto, e la sinistra li ha abbandonati come è solita fare con i parvenu, con quelli che costeggiano il giro buono ma non riescono mai ad entrarvi del tutto. Lei in qualche modo sta industriandosi per sfangarla piangendo sulla spalla di Fabio Fazio. Lui si sfoga come può, piangendo sui bicipiti degli ultras che castigano al posto suo. Nulla di inedito, tutto già raccontato. Rattrista un po’, tuttavia, questa storia di seduzione e abbandono. Fedez ne ha fatte di peggio, e lo hanno sempre difeso. Ricordate quando lo sorpresero a lanciarsi cibo per festeggiare chissà quale ricorrenza con la mogliettina? Li intercettarono mentre ordivano il piano per uscirne bene: diciamo che diamo tutto in beneficenza, fu la trovata. Subito trovarono un Michele Serra pronto a proteggerli. «La crapula fa parte della cultura rap, esibire i quattrini, le macchine di lusso, i bagordi è una forma non elegante, però eloquente, di riscatto sociale: ero povero, ero di periferia, contavo zero, ora vi sbatto in faccia tutto quello che ho. Può piacere, può non piacere (a me, per esempio, fa abbastanza schifo) ma è così. È un canone. È un linguaggio. Comunisti col Rolex di Fedez e J-Ax ci gioca sopra con qualche astuzia e qualche buona ragione d’arte», scrisse il bravo Michele. E aggiunse: «Quello che non convince, nel piccolo eppure significativo “caso” di Fedez e signora [...] sono le scuse. Non hanno retto lo scandalo che un rapper dovrebbe invece rivendicare, fregandosene della morale corrente, non favorevole allo scialo e specie allo scialo di cibo. Non si può essere rapper senza farsi nemici e dunque, se si è rapper, non si può essere troppo social: perché i social sono una gara a chi accumula più amici». Che compiacimento pasoliniano: Fedez è il rapper di Buccinasco, non si può pretendere altro da lui. Epperò era proprio Serra a farsi riprendere su un vecchio tram milanese intento a discutere con i rapper in questione di attualità della resistenza. Era il suo giornale e il suo mondo a elevare Fedez a maître à penser perché faceva incazzare Salvini. E Fedez a un certo punto ci ha quasi creduto: dopo aver lambito i 5 stelle pareva essersi spostato un filo a sinistra, fra i buoni. Gli hanno perdonato il lancio di ortaggi e le frasi omofobe e misogine. Gli hanno perdonato tutto tranne il fallimento. Perché certo, la nobiltà con i soldi e la fama non puoi comprare. Ma finché hai soldi e fama ti si vuole bene lo stesso. Se però la fama si appanna, te ne torni a Buccinasco con il primo passante Trenord. E allora, adesso che è un vinto, fatemi stare con Fedez. Quando aveva il Rolex gli hanno fatto fare il comunista, ora lo guardano affondare e gli fanno pat pat, al piccolo ex proletario. Lo hanno inserito in società come la villana di My Fair lady, con la stessa spocchia. My Fedez lady non ha retto alla prova e adesso lo mollano per due cazzotti sotto casa a un palestrato. E non c’è manco un Fratoianni che lo candidi alle Europee.
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