2022-06-14
Febbre del litio: Cina in pole position
Lo stop europeo alle auto a benzina dal 2035 avvantaggia Pechino. Che sta allargando il suo controllo sulle materie prime per le batterie elettriche in America Latina e Africa.Il recente voto del Parlamento europeo che vieta la vendita di automobili a benzina e diesel entro il 2035 è deleterio da due punti di vista. In primis, questa misura rischia di creare degli impatti socioeconomici disastrosi, pesando sulle classi meno abbienti e acuendo quindi le tensioni sociali già innescate dalla pandemia. In secondo luogo, tale divieto non promette nulla di buono sotto il profilo geopolitico. Come d’altronde detto dal ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, questo provvedimento risulta un «regalo alla Cina». Una Cina che detiene un peso assolutamente significativo nel settore delle auto elettriche e che, contrariamente alle alte sfere di Bruxelles, ragiona scaltramente in termini geopolitici. Non è del resto un caso che Pechino abbia accelerato nella sua corsa al litio: elemento chimico fondamentale per le batterie dei veicoli elettrici. Mentre oltre la metà delle risorse di litio si trova in Sud America e Australia, Pechino sta cercando di accaparrarsi anche le riserve presenti nel continente africano. Secondo quanto riferito da Reuters il 31 maggio scorso, il conglomerato cinese Byd, che produce veicoli elettrici, sarebbe in trattative per l’acquisto di sei nuove miniere di litio in Paesi africani non specificati. Ma non è tutto. Due settimane fa, Voice of America ha sottolineato che il colosso minerario cinese Zijin Mining Group è attualmente coinvolto in una battaglia legale con la società australiana Avz Minerals per controllare l’importante miniera di Manono: situata nella Repubblica democratica del Congo, si tratta di uno dei principali giacimenti di litio al mondo. Pechino sta investendo pesantemente nel settore del litio anche in Zimbabwe. Tutto questo si combina con l’espansione politico economica che, negli ultimi anni, i cinesi hanno portato avanti nel continente africano. Ma la Repubblica popolare cinese guarda con enorme interesse anche all’America Latina: un’area ricchissima di litio, dove l’amministrazione Biden sta progressivamente perdendo influenza, a netto vantaggio di Cina e Russia. Lo scorso febbraio, è stato annunciato che Zijin Mining Group avrebbe investito 380 milioni di dollari per costruire in Argentina un impianto volto a produrre circa 20.000 tonnellate di carbonato di litio all’anno. Pochi giorni fa, il presidente messicano, Lopez Obrador, si è inoltre mostrato parzialmente bendisposto verso una concessione mineraria per la società cinese Ganfeng Lithium. Infine, lo scorso gennaio, Byd si era aggiudicata in Cile un contratto del valore di 61 milioni di dollari (poi sospeso) per l’estrazione di 80.000 tonnellate di litio. Lo stesso Global Times, che è un organo del Partito comunista cinese, ha reso noto all’inizio di giugno che Pechino sta accelerando l’acquisizione di litio, impegnandosi a siglare ulteriori contratti minerari all’estero. Alla base di questo comportamento non c’è soltanto l’aumento del costo delle batterie ma anche una strategia geopolitica a lungo termine: una strategia che evidentemente il Parlamento europeo ignora (o finge di ignorare). Cercare di ridurre la dipendenza energetica dalla Russia e incrementare al contempo quella dalla Cina è infatti un’assurdità in piena regola: significa, in altre parole, passare dalla padella alla brace. Tra l’altro, il paradosso principale risiede proprio nel fatto che Pechino non solo non ha preso concretamente le distanze dall’invasione russa dell’Ucraina, ma sta anche di fatto spalleggiando Mosca su vari piani. Lo stesso ambientalismo politicizzato che ci ha messo in passato nelle mani di Vladimir Putin sembra intenzionato a metterci ora in quelle (non certo migliori) di Xi Jinping. Si sperava che, pur nella tragedia, l’invasione dell’Ucraina aprisse finalmente gli occhi alle alte sfere europee, inducendole ad agire verso un incremento dell’autonomia energetica. Invece restiamo prigionieri della solita, tossica ideologia green. E intanto i cinesi ringraziano.
(Ansa)
L'ad di Cassa Depositi e Prestiti: «Intesa con Confindustria per far crescere le imprese italiane, anche le più piccole e anche all'estero». Presentato il roadshow per illustrare le opportunità di sostegno.
Carlo Nordio, Matteo Piantedosi, Alfredo Mantovano (Ansa)