
A novembre il Parlamento deciderà se cancellare la vergogna delle decorazioni concesse dallo Stato al mandante delle foibe.Sono in pochi a saperlo, ma da oltre mezzo secolo Josip Broz, meglio noto come maresciallo Tito, si fregia del titolo di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al merito decorato di Gran Cordone, vale a dire la più prestigiosa onorificenza concessa dalla Repubblica italiana, conferita al longevo (morirà quasi ottantottenne nel 1980) presidente della Repubblica socialista federale di Jugoslavia nel marzo del 1970. In quanto leader del regime comunista jugoslavo, Tito è il massimo responsabile della persecuzione di centinaia di migliaia di italiani di origine giuliano-dalmata (di certo non meno di 250.000 ma secondo alcuni storici, fra cui Enrico Miletto, almeno centomila in più), costretti dalle milizie titine ad abbandonare i territori delle province di Pola, Fiume e Zara (nonché di una parte delle province di Trieste e Gorizia), zone cedute dall’Italia alla Jugoslavia a seguito del trattato di pace siglato a Parigi il 10 febbraio 1947. Una persecuzione, quella decisa da Tito, che non si tradusse soltanto in un esodo forzato, ma anche nella brutale uccisione di molti fra gli italiani che non avevano voluto o potuto lasciare le loro terre: è l’agghiacciante capitolo delle foibe, la cui memoria, dal 2004, viene celebrata ogni anno il 10 febbraio (data del già richiamato trattato di pace di Parigi) nel cosiddetto giorno del Ricordo. Alla luce di ciò, lo scorso 14 febbraio il deputato di Fratelli d’Italia Walter Rizzetto ha presentato in Parlamento una proposta di legge, sostenuta da tutti gli esponenti di Fdi sia della Camera che del Senato, volta proprio a ottenere la revoca a Tito dell’onorificenza al merito della Repubblica italiana. Tale proposta, la cui discussione è fissata il prossimo mese di novembre, prevede essenzialmente l’aggiunta di un comma all’articolo 5 della legge n. 178 del 3 marzo 1951: «In ogni caso incorre nella perdita dell’onorificenza l’insignito, anche se defunto, qualora si sia macchiato di crimini crudeli e contro l’umanità». Se la legge dovesse essere approvata, entro novanta giorni dalla sua entrata in vigore l’onorificenza a Tito decadrebbe. Tra le non rare contraddizioni che caratterizzano il nostro Paese, quella che abbiamo appena evidenziato (onorare la memoria degli italiani infoibati e al contempo annoverare tra i Cavalieri di Gran Croce colui che li fece infoibare) potrà forse non apparire come la più urgente da affrontare, ma Rizzetto è di tutt’altro avviso. «Questa proposta non risolverà gli attuali problemi dell’economia italiana né aumenterà gli stipendi, capitoli su cui stiamo comunque lavorando ogni giorno», afferma il deputato di Fdi, «ma la revoca di questa onorificenza contribuirebbe a sanare, seppur in parte, la ferita del confine orientale, rendendo il giusto tributo alle migliaia di vittime sulla cui memoria ancora oggi non è stata fatta piena giustizia. La storia ci consegna degli avvenimenti atroci accaduti per mano del dittatore Tito, che si è macchiato di crimini crudeli e contro l’umanità universalmente riconosciuti: le persecuzioni anti-italiane del regime jugoslavo si risolsero in una vera pulizia etnica ed è per questo che chiediamo la revoca dell’onorificenza». Rizzetto denuncia poi un altro problema spinoso (e annoso) attinente a questa vicenda: «Per decenni sono stati celati ed esclusi dalla narrazione storica e pubblica i fatti legati a coloro che persero la vita nelle foibe, all’esodo dalle proprie terre degli istriani, dei fiumani e dei dalmati e alle deportazioni di questi ultimi nei campi di concentramento sloveni e croati». Un aspetto che rende ancora più odiosa - oggi che la verità sui misfatti compiuti dal regime jugoslavo inizia a essere, pur tra tante difficoltà e resistenze, di pubblico dominio - l’onorificenza attribuita dall’Italia al maresciallo Tito: «È paradossale che la Repubblica italiana da un lato riconosca il dramma delle foibe e celebri la memoria delle sue vittime nel giorno del Ricordo e, dall’altro, includa addirittura fra i suoi più illustri insigniti chi ordinò la pulizia etnica degli italiani in Istria e nell’Adriatico orientale». Rizzetto è peraltro fra i cinque promotori di un’altra proposta di legge, più vecchia (risale al novembre 2022) ma anch’essa ancora da discutere, riguardante la persecuzione degli italiani da parte dei comunisti jugoslavi. Una proposta con la quale si chiede che nel testo della legge n. 92 del 30 marzo 2004 la parola «vittime», adoperata in riferimento agli italiani perseguitati dai titini, venga modificata in «martiri». C’è un’ultima cosa, infine, che Rizzetto ci tiene a rimarcare: «Ho guardato negli occhi alcuni tra gli esuli sopravvissuti e costretti ad andarsene da casa loro, tra cui qualche mio parente acquisito: spero di poter fare qualcosa, anche se di solo simbolico, per loro, le loro famiglie, i loro discendenti. Tuttavia, voglio sottolinearlo, la mia proposta non riguarderà esclusivamente Tito bensì tutti coloro che si sono macchiati di terribili infamie e, malgrado ciò, beneficiano di titoli onorifici».
La Commissione rivede al ribasso la crescita dell’Italia nel 2025 (+0,4%) e gli «strilloni» anti-governo ghignano: «Fanalino». Ma le stime dei burocrati sono spesso fallaci. E il nostro Pil pro capite supera quelli della Germania e della Francia del debito.
Tutti a parlare del fatto che le previsioni di crescita per il 2025 relegano l’Italia a fanalino di coda. Ah, le previsioni arrivano dalla Commissione europea. Che quattro volte l’anno ci offre le sue analisi sul passato e le sue previsioni per il futuro. A febbraio sono pubblicate le previsioni invernali. A maggio quelle di primavera. A settembre quelle estive. E a novembre quelle di autunno. E sono queste quelle che molti quotidiani italiani hanno commentato ieri. Il faro era puntato sulla bassa crescita. Che è una realtà indiscutibile.
Francesco Saverio Garofani (Imagoeconomica)
Francesco Saverio Garofani, consigliere del presidente della Repubblica per gli Affari del Consiglio Supremo di Difesa, in un colloquio con il Corriere della Sera confessa: «Era una chiacchierata in libertà tra amici» e convinto di «non aver mai fatto dichiarazioni fuori posto, mai esibizioni di protagonismo» aggiunge di aver «letto e riletto Belpietro, senza capire in cosa consisterebbe il complotto».
Ansa
Slitta a oggi il termine per le modifiche alla manovra. Spunta bonus per le scuole private.
Rush finale per gli emendamenti alla manovra. È slittato a oggi il termine per la presentazione dei cosiddetti segnalati. Significa che le 5.742 proposte di modifica del testo iniziale, saranno ridotte a 414. Sempre oggi si svolgerà un pre Consiglio dei ministri in vista del cdm di domani. Uno dei punti all’ordine del giorno è lo schema di disegno di legge che prevede l’istituzione del Registro unico nazionale dei dispositivi medici impiantabili. Sono poi previsti due schemi di decreto legislativo. Il primo su Terzo settore, crisi d’impresa, sport e Iva. Il secondo, introduce integrazioni per Irpef e Ires, tocca la fiscalità internazionale, le imposte sulle successioni e donazioni e di registro, con modifiche anche allo Statuto dei diritti del contribuente e ai testi unici delle sanzioni tributarie. Si affronterà poi l’adeguamento alla normativa europea. Vengono esaminati in via definitiva i decreti relativi alle sanzioni per chi viola gli obblighi sui carburanti sostenibili per l’aviazione (Saf).
Lucio Malan (Ansa)
La mossa di Lucio Malan ricorda che 275 miliardi di riserve sono del Paese. Anche se non ne può disporre per le regole europee.
Ci sono diversi modi per mandare frecciatine nemmeno tanto trasversali verso la Banca d’Italia, l’Eurosistema e la Ue. Uno è quello di voler stabilire in modo inequivocabile chi è il proprietario delle riserve auree detenute e gestite dalle stanze di Palazzo Koch.
Dopo un tentativo simile durante il governo Conte uno, a opera del senatore leghista Claudio Borghi, venerdì è stato il senatore Lucio Malan, capogruppo di Fdi al Senato, con altri quattro senatori del suo partito, ad apporre la propria firma su un lapidario emendamento alla legge di Bilancio 2026: «Le riserve auree gestite e detenute dalla Banca d’Italia appartengono allo Stato, in nome del popolo italiano».





