2020-09-13
Farsa sugli sgravi anti Covid: 9% invece di 60
Ernesto Maria Ruffini (Ansa)
Il governo aveva promesso un credito d'imposta su sanificazioni e protezioni per i dipendenti. Ma adesso l'Agenzia delle entrate ricalcola lo sconto, che finisce quasi per scomparire. Colpa del budget totale di 200 milioni, troppo basso per soddisfare le domande.Credito di imposta per la sanificazione e l'acquisto dei dispositivi di protezione quasi inesistente. Il governo guidato dal premier Giuseppe Conte ha messo a punto una strategia che nei fatti ridà agli imprenditori solo il 9% di quanto hanno speso per sanificare gli ambienti di lavoro e per comprare i vari dispositivi di protezione per i dipendenti. La notizia è arrivata nella serata dell'11 settembre tramite un provvedimento scritto dall'Agenzia delle entrate. Questo spiega dunque come sia stato fissato l'ammontare del credito di imposta utilizzabile per le spese di sanificazione e sicurezza pari al 15% (15,6423%). La percentuale «è il risultato del rapporto tra gli importi richiesti dai contribuenti entro il 7 settembre 2020, pari a 1.278.578.142 euro, e il limite massimo di spesa fissato dalla legge in 200 milioni di euro», si legge dal testo del provvedimento.A ciò si devono però aggiungere altri due dati. Il primo è che il governo ha previsto, nel decreto Rilancio, come spetti un credito di imposta pari al 60% delle spese sostenute. E il secondo, che questo non può eccedere il valore massimo di 60.000 euro. Se si mettono insieme quanto stabilito dal decreto Rilancio e gli ultimi aggiornamenti pubblicati dall'Agenzia delle entrate, il risultato finale è che gli imprenditori italiani si vedranno rimborsare solo il 9% di quanto speso per sanificare e fornire i dispositivi di sicurezza ai propri dipendenti. La somma massima che si potrà ottenere è dunque pari al credito di imposta chiesto moltiplicato per il 15%. E dunque, se un imprenditore ha speso per sanificare gli ambienti della sua azienda e comprare mascherine per la sicurezza dei lavoratori 100.000 euro si vedrà rimborsato solo 9.000 euro. Il resto della cifra dovrà essere sostenuta interamente lui. «Il governo ha commesso un errore gravissimo nell'aver stanziato una cifra così bassa (200 milioni di euro) per una delle principali spese che imprese e professionisti sono stati obbligai a sostenere. Il risultato è che, all'atto pratico, ogni 100 euro di spese sostenute per la sanificazione, si garantisce solo 9 euro di credito d'imposta, una cifra ridicola ed inadeguata», spiega il commercialista Giuliano Mandolesi. Le ulteriori specifiche pubblicate l'11 settembre dall'amministrazione finanziaria sono infatti legate al fatto che con il budget messo a disposizione (200 milioni) il governo non sarebbe riuscito neanche lontanamente a coprire tutte le richieste avanzate dalle diverse imprese italiane. Problema che forse si sarebbe potuto evitare se si fosse allocato il budget in modo diverso.Ma l'esecutivo per tamponare l'emergenza Covid ha scelto la strategia dei bonus a pioggia ad ampio spettro. Basti pensare ai 125 milioni stanziati per il bonus bici e i monopattini elettrici e i 2,4 miliardi di euro messi in campo per quello vacanze. I soldi allocati in questi strumenti rappresentano inevitabilmente risorse in meno da stanziare su altre voci di spese fiscali, come è stato per il credito di imposta in questione o per l'ecobonus per l'acquisto di veicoli a ridotte emissioni. In quest'ultimo caso addirittura, i soldi messi a disposizione dal decreto Agosto risultano essere già esauriti. Per le automobili di categoria M1 era infatti previsto un contributo che a oggi risulta essere praticamente già finito. E dunque, nonostante si avesse tempo fino al 31 dicembre per richiedere l'ecobonus, al momento non è più possibile visto che, come mostra il sito del ministero dello Sviluppo economico, rimangono solo 500 euro a disposizione. Il tutto va ovviamente a inserirsi in un quadro non propriamente semplice per l'imprenditoria italiana che è stata letteralmente travolta dalla pandemia di Covid-19, e deve fare fronte a tutti gli adempimenti fiscali e non. Le società devono infatti continuare a pagare le bollette per le varie utenze, l'affitto e le tasse che il governo non ha prorogato. E questo a fronte di entrate ridotte o dimezzate, rispetto all'anno precedente. Ma non finisce qui, perché a tutto questo si devono aggiungere altri due elementi. Il primo è che i contribuenti italiani si devono destreggiare in un ancora più ingarbugliato sistema fiscale messo in piedi proprio dai vari decreti Covid-19: «Quanto al sistema fiscale nel suo complesso non si può non rilevare l'utilizzo di strumenti che continuano a complicarne la struttura, visto che nei decreti Cura Italia, Rilancio e Agosto si contano oltre 30 interventi che comprendono, tra rimodulazioni e nuovi provvedimenti, crediti di imposta, esenzioni, detrazioni con un sistema che si allontana sempre di più dall'auspicato fisco equo, semplice, trasparente e sostenibile», ha precisato la Corte dei conti nella nota memoria depositata in commissione bilancio al Senato sul dl Agosto settimana scorsa. E il secondo è che le imprese non solo devono trovare il modo di pagare le tasse nei tempi stabiliti, altrimenti scattano sanzioni, ma dovranno riprendersi velocemente dal Covid-19 se vogliono sopravvivere al 2021. Se infatti dovesse andare in porto la riforma del sistema fiscale, dall'anno prossimo le aziende si troveranno a fare 12 dichiarazioni l'anno (al posto di due) e pagare tutti i mesi le tasse. Un sistema a vantaggio delle entrate dello Stato ma che indebolirà ancora di più una categoria che forse non si sarà ancora del tutto ripresa dagli effetti del lockdown e dalla pandemia.