2019-05-06
Evocano il fascismo perché non hanno idee
Di Christian Raimo ho ignorato l'esistenza fino a un paio di anni fa. All'epoca conducevo su Rete 4 Dalla vostra parte, una trasmissione quotidiana dedicata ai temi della sicurezza, dell'immigrazione, del lavoro, della casa e degli scandali bancari. Si trattava di raccontare il punto di vista degli italiani e non dell'élite, dando voce al disagio (...).(...) In una delle puntate dedicate alla casa e alle persone che non riescono a ottenere un alloggio popolare perché c'è sempre qualcuno che li scavalca, la redazione mi propose la partecipazione di un certo Christian Raimo, professione scrittore. Un tipo, mi dissero, brillante. Non so in che cosa consistesse la brillantezza secondo il collega che suggerì la partecipazione di Raimo, ma ricordo che cosa fece il cosiddetto scrittore. All'improvviso, con evidente premeditazione, tirò fuori un cartello con una scritta a pennarello: «Non c'avete un altro servizio sui negri cattivi». Era evidente che la frase non c'entrava niente con ciò di cui stavamo discutendo in studio, ma a Raimo questo non importava. Lui non era venuto per discutere, per sostenere una tesi, per partecipare a un dibattito. Lui era lì solo per farsi notare e infatti poco dopo se ne andò: lo scopo ormai lo aveva raggiunto. Il video in cui mostra il cartello lo si ritrova ancora su Youtube ed è una delle poche cose che risultano nel suo curriculum, perché libri e articoli, a quanto pare, non hanno grande rilevanza quando si parla di lui.Da qualche giorno però Raimo ha escogitato un altro escamotage per riuscire ad apparire sui giornali e in rete. Essendo finito, non si sa bene come, nel comitato organizzatore del Salone del Libro che si tiene ogni anno a Torino, Raimo se l'è presa con un volume di Chiara Giannini, giornalista e autrice di un istant book con 100 domande al leader della Lega. Qual è il torto della collega? Di aver scritto Io sono Salvini, intervista allo specchio (nel quale compare anche una mia prefazione) e di averlo editato con un editore vicino a CasaPound, organizzazione di destra. Ecco, è bastato evocare il movimento guidato da Gianluca Iannone e Raimo ha preso la palla al balzo per attirare l'attenzione su di sé. Un salone del libro non dovrebbe ospitare testi di CasaPound. Per il presunto scrittore così si dà spazio ai neofascisti, i quali da quando è nato il governo grillo-leghista si starebbero riorganizzando e starebbero guadagnando spazio. Per dimostrare di non parlare a caso, Raimo su Facebook ha elencato anche una serie di nomi di giornalisti vicini all'area politica incriminata. Tra questi Alessandro Giuli, ex direttore di Tempi, i nostri Francesco Borgonovo e Adriano Scianca, l'editore Francesco Giubilei. Dopo aver pubblicato la lista di proscrizione, cioè dopo aver ottenuto ciò che gli premeva, ossia far parlare di sé, Raimo ovviamente si è dimesso, così come due anni fa dopo aver messo in favore di telecamere il suo cartello sui «negri» se ne andò. Come ho scritto qualche giorno fa, alle ultime elezioni CasaPound ha raccolto lo 0,9 per cento dei voti e Forza Nuova, l'altro gruppo della destra, ha preso lo 0,37 per cento, risultati che non hanno permesso né al primo né al secondo partito di eleggere un parlamentare. Repubblica - cioè un giornale che vede fascisti ovunque, anche sotto il letto - dopo il 4 di marzo dello scorso anno parlò di flop dei movimenti in camicia nera, riconoscendo che l'idea di un partito nostalgico era fallita. Insomma, a differenza di ciò che sostiene Raimo, la destra non sta affatto prendendo piede e non esiste alcuna deriva neofascista, la cui cultura non c'entra nulla con i concetti di sovranismo che sarebbero alla base della nuova maggioranza di governo. Al contrario sta prendendo piede una straordinaria voglia di mettere la museruola a chi non la pensa come Raimo. Etichettando di fascismo questo e quello, oltre a voler far parlare di sé, si cerca di tappare la bocca a quelli che non si conformano al pensiero unico di una certa sinistra. Del resto, negli ambienti cosiddetti progressisti, la voglia di censura è sempre stata una tentazione forte. Non avendo argomenti per contrastare un pensiero si preferisce silenziarlo. Ricordo che in passato, Eugenio Scalfari si adirò fino al punto di scrivere un editoriale per la presenza in tv di Indro Montanelli. Che il fondatore del Giornale avesse diritto di parola su una rete del servizio pubblico a Barbapapà parve intollerabile, anzi, una ferita alla democrazia. Ecco, sono passati quasi quarant'anni e siamo sempre lì, al bavaglio. L'unica differenza è che allora c'era Scalfari, oggi Raimo. Appunto. A Torino, niente di serio sul fronte occidentale.
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