2023-02-21
La Francia verso l’eutanasia legale. «No» di 800.000 operatori sanitari
La Convenzione voluta da Emmanuel Macron ha votato la «dolce morte». Ma il Paese è spaccato.La Francia fa un passo in più verso il baratro dell’«aiuto attivo a morire». Domenica scorsa, la Convention citoyenne (Convenzione civica, ndr) costituita da Emmanuel Macron per trattare tematiche sulla fine vita, ha votato a maggioranza a favore dell’introduzione della «dolce morte» nell’ordinamento giuridico francese. Nel dettaglio, il 75% dei 167 membri della Convenzione presenti si è espresso a favore dell’aiuto attivo a morire. Tuttavia, il 19% dei votanti ha optato per il no e il 6% si è astenuto. Va però detto che, rispettivamente, il 67% e il 56% dei membri ha detto «sì» all’estesione dell’eutanasia e del suicidio assistito anche per i minori.La Convenzione civica è un’istanza consultiva composta da 184 cittadini estratti a sorte e incaricati di formulare degli orientamenti su questo tema estremamente delicato. L’eutanasia è stato uno dei temi della campagna presidenziale di Macron che però, come è sua abitudine quando deve affrontare delle questioni di bioetica, ha scelto di non scegliere oppure le trasforma in contentini offerti all’elettorato moderato di sinistra. Come aveva fatto con l’allungamento dei termini per praticare l’aborto. Macron ha già utilizzato lo strumento della Convenzione civica anche in tema ambientale. Nel 2021 aveva costituito un’istanza di questo tipo che ha partorito degli orientamenti, trasformati poi dal parlamento di Parigi nella legge «Clima e relisienza». Come spiegato nell’edizione del 18 febbraio de La Verità, questa norma renderà non affittabili, ben 5,2 milioni di unità immobiliari francesi: case e appartamenti ai quali è stata affibbiata una classe energetica poco performante.I limiti delle Convenzioni civiche sono evidenti perché i loro membri possono essere più facilmente influenzabili e non devono rispondere a degli elettori, come invece accade per i parlamentari. Nonostante le indicazioni date dalla Convenzione civica, anche in Francia non mancano i contrari allo sdoganamento dell’aiuto attivo a morire. Già nel 2021 Michel Houellebecq diceva che «una civiltà che legalizza l’eutanasia perde ogni diritto al rispetto». Tra gli oppositori figura l’euro-deputato del partito Les Républicains, François-Xavier Bellamy. Intervenendo ai microfoni di Sud Radio ieri mattina, il politico ha dichiarato che la Convenzione «rappresenta solo sé stessa». Secondo Bellamy «dopo i gilet gialli, erano state sorteggiate delle persone pensando che sarebbe stata realizzata una vera rappresentatività popolare» ma per il parlamentare europeo, questo è solo «un modo assolutamente scandaloso di fare della demagogia populista» perché, ha concluso, «il luogo del dibattito è innanzitutto il Parlamento».Un rifiuto alla legalizzazione dell’aiuto attivo a morire è arrivato da 800.000 infermieri, medici e addetti al settore sanitario che hanno espresso a Macron il loro rifiuto «categorico» all’«iniziativa dell’eutanasia». Il no dei sanitari riuniti in 13 organizzazioni professionali, è contenuto in un documento di oltre venti pagine, del quale Le Figaro ha pubblicato ampi stralci. Per i firmatari, l’iniezione di sostanze letali ai pazienti corrisponderebbe a un «cambiamento etico maggiore» che andrebbe a «stravolgere la definizione di cura» e a «indebolire le equipe» di sanitari che assistono le persone prossime alla morte. Claire Fourcade - presidente della Sfap la società francese dell’accompagnamento e delle cure palliative - ha spiegato al quotidiano parigino che «la legge attuale sulla fine vita ci permette di mantenere la promessa di non abbandono dei pazienti» mentre «l’eutanasia invia il messaggio opposto». Un messaggio che, secondo gli 800.000 firmatari, sarebbe «insostenibile» non solo per i malati terminali ma anche per gli «anziani delle case di riposo e al personale sanitario che li accompagna».Per smarcarsi da tutti quelli che blaterano di fine vita senza magari sapere di cosa parlano, o da chi promuove la morte a tutti i costi, i sanitari francesi hanno scelto di parlare della loro esperienza concreta e quotidiana. Nonostante l’accelerazione imposta dalla Convenzione civica, la strada che potrebbe portare all’effettiva legalizzazione dell’aiuto attivo a morire resta ancora lunga. Ma le pressioni fatte sul governo, perché introduca in Francia l’eutanasia e il suicidio assistito rimangono forti. A differenza della Convenzione sul clima, in questo caso l’esecutivo non si è impegnato a riprendere tutte le conclusioni dell’istanza composta da cittadini. Ma la presidente del comitato di governance della Convenzione civica sulla fine vita - la sociologa Claire Thoury - ha già inviato un messaggio chiaro a Elisabeth Borne. «Spero che i poteri pubblici si occupino» della questione perché, ha detto ieri su Franceinfo Thoury - che presiede anche un coordinamento di associazioni prevalentemente di sinistra - aggiungendo che «la palla passerà al governo».Per arrivare alla decisione presa domenica, la Convenzione aveva ascoltato le opinioni di favorevoli e contrari. A dicembre c’era stata l’audizione dei rappresentanti cattolici, protestanti, ortodossi, ebraici, musulmani e buddisti, che avevano difeso il mantenimento del «divieto di uccidere». A inizio gennaio invece, la Convenzione aveva ricevuto i rappresentanti di quattro logge massoniche transalpine e l’Admd, l’Associazione per il diritto a morire nella dignità, favorevoli alla legalizzazione dell’aiuto attivo a morire.
Il fiume Nilo Azzurro nei pressi della Grande Diga Etiope della Rinascita (GERD) a Guba, in Etiopia (Getty Images)
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Dopo l'apertura dei lavori affidata a Maurizio Belpietro, il clou del programma vedrà il direttore del quotidiano intervistare il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, chiamato a chiarire quali regole l’Italia intende adottare per affrontare i prossimi anni, tra il ruolo degli idrocarburi, il contributo del nucleare e la sostenibilità economica degli obiettivi ambientali. A seguire, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, offrirà la prospettiva di un territorio chiave per la competitività del Paese.
La transizione non è più un percorso scontato: l’impasse europea sull’obiettivo di riduzione del 90% delle emissioni al 2040, le divisioni tra i Paesi membri, i costi elevati per le imprese e i nuovi equilibri geopolitici stanno mettendo in discussione strategie che fino a poco tempo fa sembravano intoccabili. Domande cruciali come «quale energia useremo?», «chi sosterrà gli investimenti?» e «che ruolo avranno gas e nucleare?» saranno al centro del dibattito.
Dopo l’apertura istituzionale, spazio alle testimonianze di aziende e manager. Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, dialogherà con Belpietro sulle opportunità di sviluppo del settore energetico italiano. Seguiranno gli interventi di Maria Rosaria Guarniere (Terna), Maria Cristina Papetti (Enel) e Riccardo Toto (Renexia), che porteranno la loro esperienza su reti, rinnovabili e nuova «frontiera blu» dell’offshore.
Non mancheranno case history di realtà produttive che stanno affrontando la sfida sul campo: Nicola Perizzolo (Barilla), Leonardo Meoli (Generali) e Marzia Ravanelli (Bf spa) racconteranno come coniugare sostenibilità ambientale e competitività. Infine, Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente alla Bocconi, analizzerà il ruolo decisivo della finanza in un percorso che richiede investimenti globali stimati in oltre 1.700 miliardi di dollari l’anno.
Un confronto a più voci, dunque, per capire se la transizione energetica potrà davvero essere la leva per un futuro più sostenibile senza sacrificare crescita e lavoro.
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