
Il dottor Riccio, che seguì il caso Welby, oggi dice che «prolungare la vita non è economicistico». Rivelando che dietro alla battaglia sui diritti c’è soltanto un puro tornaconto. Addirittura accusa i pro life di essere al soldo di Big Pharma per far vendere medicine...«Prolungare la vita non è economicistico». Quando ieri ho letto questa frase in un titolo di un importante giornale italiano, ho capito che l’orrore che stiamo annunciando e temendo da anni ormai è realtà. E che non solo viene accettato e praticato (cosa di cui eravamo ben consci, purtroppo) ma viene rivendicato. Esibito. Sbandierato.Prolungare la vita non è economicistico. Cioè non conviene. Da un punto di vista monetario, s’intende. Perché curare un malato? Non conviene. Perché assistere un anziano sofferente? Non conviene. Perché accudire un disabile? Non conviene. Perché spendere tempo e risorse per aiutare chi non è più produttivo? Non conviene. Ecco spiegate le ragioni per cui, oggi, va forte l’eutanasia. Bisogna accelerare la morte perché prolungare la vita non conviene. Costa troppo. Così, con una sbadata riga di giornale, siamo arrivati alla rivendicazione dell’orrore, della selezione della specie, del nazismo genetico, dell’eliminazione dei deboli. Finora la verità era stata pudicamente nascosta sotto la coltre dei «diritti»: il diritto di morire, il diritto di scegliere, il diritto di non soffrire. Diritti che solo cuori crudeli e impietosi potrebbero negare. E che, infatti, non vengono negati (nel silenzio) da nessun medico e da nessun ospedale.Ma quello che sta succedendo ora è mostruoso perché si usa il sacrosanto «diritto di non soffrire» per far passare, invece, un altro principio, orrendo, quello secondo cui «prolungare la vita non è economicistico». Il principio, insomma, per cui la vita viene valutata sulla base del bilancio della Asl. Se curarti costa troppo, muori. La frase dell’orrore era stampata ieri a pagina 9 del Tempo, il quotidiano dell’ottimo Tommaso Cerno. In una pagina dedicata al fine vita si sono confrontate, come spesso avviene, due opinioni divergenti: quella di Carlo Giovanardi, contrario all’eutanasia, e quella di Mario Riccio, il medico del caso di Piergiorgio Welby, sostenitore dell’eutanasia. L’intervista, piuttosto confusa per la verità, verte proprio sui temi monetari della questione etica. E viene riassunta nell’occhiello con quella frase («Prolungare la vita non è economicistico») che, per la prima volta, fa cadere il tabù, mostra il re nudo, svela limpidamente il pensiero che sta dietro alla battaglia per l’eutanasia. Non è una battaglia per i diritti. È una battaglia per i conti pubblici. A rendere il tutto ancor più paradossale c’è il fatto che il dottor Riccio, per giustificare il suo pensiero, accusa i Pro vita di essere al soldo di Big Pharma. «Non è che a contrastare il fine vita ci siano anche gli interessi delle grandi multinazionali della farmaceutica?», chiede l’intervistatore. «Credo proprio di sì», risponde Riccio. Il quale, probabilmente, se si trovasse davanti un bagnino che salva un turista dall’annegamento, lo accuserebbe di essere al soldo delle grandi catene alberghiere. E se si trovasse davanti una guida del soccorso alpino che salva un escursionista in montagna, lo accuserebbe di essere al soldo di Invicta. Del resto, quos Deus perdere vult, dementat prius: Dio acceca coloro che vuole perdere. E qui ci stiamo perdendo davvero. Il dottor Mario Riccio, infatti, quello che definiva il vaccino contro il Covid un «dovere etico», quello che in ospedale teorizzava di lasciar morire i non vaccinati, quello che era super d’accordo nell’iniettare sostanze sperimentali nel corpo di persone sane, quello che non ha mai speso una parola contro l’invasione di farmaci inutili, adesso scopre che Big Pharma guadagna con le medicine che salvano la vita. Cioè: l’unica colpa di Big Pharma sarebbe quella di allungare l’esistenza di qualche persona. Mi faccia capire, dottor Riccio: i farmaci vanno bene quando sono inutili o, peggio, dannosi, quando vengono iniettati a persone sane e le fanno ammalare e, invece, non vanno bene quando si tratta di salvare la pelle alle persone? Solo allora lei scopre che i farmaci costano troppo? Si capisce. I farmaci che salvano la vita costano troppo perché, per lei, «prolungare la vita non è economicistico». Ecco la drammatica verità che salta fuori in tutta la sua glaciale evidenza. I medici, del resto, lo sanno benissimo e da un pezzo: il progresso della tecnica e della scienza fa sì che ci siano sempre più cure disponibili ma troppo care per darle a tutti e sempre più persone che si possono mantenere in vita e più a lungo, ma a costi sempre più alti. E, quindi, che fare? Semplice: eliminare i più deboli. I meno produttivi. Ieri è arrivata la notizia del primo suicidio assistito in Lombardia, il sesto in Italia: una cinquantenne, affetta da sclerosi multipla, paralizzata e bisognosa di assistenza continuativa, ha ottenuto di procedere con l’autosomministrazione del farmaco letale. Accanto a lei, nel momento del trapasso, c’era il dottor Mario Riccio. Proprio lui. Il medico del caso Welby. Quello che ha rotto il velo dell’ipocrisia sbattendoci in faccia la cruda realtà: prolungare la vita di una cinquantenne bisognosa di assistenza continua non è economicistico. Non conviene. Costa troppo. Lo sapevamo, ma ora non ci sono più dubbi. Almeno, però, smettetela con la menata dei diritti…
Donald Trump (Getty Images)
Licei e università occupate, assalti alle aziende della difesa, scontri per far cancellare gemellaggi con Tel Aviv, proteste contro atleti e artisti israeliani, intellettuali sulle barricate. Ci avevano preso gusto, non si rassegnano.
Andrea Crisanti (Imagoeconomica)
Disegno di legge di Pd e M5s (su input di Crisanti) perché le ostetriche pratichino l’Ivg.