2023-12-15
L’Ue ci obbliga a riconoscere l’utero in affitto
L’Eurocamera (anche con i voti del Ppe) approva il «certificato di genitorialità»: se un Paese attesta il rapporto di filiazione di mamme e papà con un bimbo nato da surrogata, anche gli altri dovranno farlo. Resta l’ultimo passo: la ratifica del Consiglio.Con il green pass, in Europa, ci hanno preso la mano. Nell’era Covid, c’era quello che serviva a obbligarci surrettiziamente al vaccino. Nell’era post Covid, hanno inventato quello per imporci l’utero in affitto. Si chiama «certificato europeo di genitorialità» e ieri, a dargli il via libera, con 366 voti a favore e 145 contrari, è stato il Parlamento Ue, riunito a Strasburgo. Qualora anche il Consiglio, ossia il vertice degli Stati membri, approvasse la proposta di regolamento formulata dalla Commissione, essa diventerà giuridicamente vincolante.Cosa stabilisce il provvedimento? Se un signore o una signora otterranno, da uno qualsiasi dei 27 Paesi del club, un attestato, in cui si conferma che sono i genitori di un certo bimbo o una certa bimba, il legame di parentela andrà riconosciuto anche in tutte le altre nazioni Ue. «Indipendentemente da come il bambino è stato concepito o è nato e indipendentemente dal tipo di famiglia del bambino», si legge nel documento redatto dall’esecutivo comunitario. Per intenderci: il green pass dei genitori potrà essere rilasciato alle coppie arcobaleno e persino se il figlio è stato dato alla luce tramite maternità surrogata. Al solito, nel «migliore interesse» del minore. La Commissione ribadisce che ciascun governo, sul proprio territorio, ha il diritto di stabilire chi è e chi non è padre o madre. Eventualmente, di bandire la gestazione per altri. Secondo la nostra Corte costituzionale, ad esempio, quella «mina le relazioni umane» e «offende in modo intollerabile la dignità della donna». Solo che, ai più scafati e danarosi, basterà volare in uno Stato dell’Unione in cui la pratica sia lecita, farsi rilasciare il famigerato certificato e tornare in patria, carte in mano.Non si potrà nemmeno più ricorrere all’unica riserva che consentiva di neutralizzare la barbarie: i motivi di ordine pubblico. Come ha spiegato alla Verità Vincenzo Sofo, eurodeputato di Fdi, che mercoledì ha tenuto un durissimo discorso in Aula, lo Stato recalcitrante dovrebbe avviare un procedimento legale contro i genitori e, fino a sentenza definitiva, accettare comunque la sussistenza del rapporto di filiazione già attestato. «Noi di Ecr», lo schieramento dei conservatori e riformisti, «abbiamo provato a intervenire con degli emendamenti, che però non sono passati», ha sottolineato Sofo. In particolare, sono state affondate tre proposte: una che mirava a proibire il «riconoscimento della filiazione di un figlio nato da maternità surrogata»; una che invitava a ribadire che l’utero in affitto «costituisce una violazione della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea»; e un’altra che introduceva una diversa «clausola di disapplicazione», in virtù della quale gli Stati membri, già dotati «di una legislazione idonea ad assicurare il pieno rispetto dei diritti» dei minori, potessero affrancarsi dall’adottare il certificato europeo di genitorialità. Mercoledì, Sofo aveva tentato di mettere spalle al muro i forzisti, invitando il loro schieramento a unirsi con Ecr, per scongiurare «un sopruso nei confronti delle sovranità nazionali che ha come obiettivo impedire ai governi di opporsi a un business aberrante». In effetti, trattandosi di una pensata della Commissione, il green pass dell’utero in affitto era un prodotto dell’inciucio popolari-socialisti. Il Ppe non ha raccolto l’appello: ha bocciato la mozione che avrebbe cassato la normativa, si è opposto alle modifiche e, infine, ha votato l’intero pacchetto. Per la cronaca, a Strasburgo c’erano gli eurodeputati azzurri Isabella Adinolfi e Fulvio Martusciello, oltre ad Alessandra Mussolini, ormai un’iconcina dell’ideologia woke. Contrari, invece, gli esponenti di Fdi e i leghisti che militano in Identità e democrazia. La frattura non è un bel segnale, alla luce del recente invito di Giorgia Meloni a salvaguardare, in vista delle prossime Europee, il perimetro del centrodestra italiano, al netto dei raggruppamenti al Parlamento Ue.L’esito della plenaria ha suscitato lo sdegno di Pro vita, che ha denunciato la «gravissima ingerenza, guidata dalle lobby Lgbt». Invero, la violazione della sovranità nazionale su queste materie ha vari precedenti. Giusto due anni fa, la Corte di giustizia europea stabilì che ogni Stato membro doveva riconoscere i figli delle coppie omosessuali. In Italia, il movimento per la liberalizzazione de facto delle adozioni gay e per la registrazione di nati da «gestazione per altri» - abbondantemente utilizzata dagli etero - è partito dai sindaci ed è passato dalle aule di tribunale. Financo la Consulta, pur condannando l’utero in affitto, ha però aperto la strada alle sanatorie. Nell’interesse dei minori, ça va sans dire. L’Europa, così, toglierebbe amministratori e giudici dall’imbarazzo di forzare o interpretare in modo creativo la legge.Certo, la frittata non è ancora del tutto fatta. Dopo l’ok degli eurodeputati, il pateracchio etico approderà nell’assemblea dei capi di Stato e di governo dell’Ue. Una ragione in più per riflettere sulla dignità del criterio dell’unanimità, che con la scusa delle banderuole di Viktor Orbán, in parecchi, guarda caso, vorrebbero eliminare.
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