2023-01-04
All’estero il dogma vaccinale traballa. Qui restiamo alla psicosi dei richiami
Nel mondo la gestione pandemica è sotto accusa, con prestigiosi giornali e riviste mediche che criticano serrate e booster a raffica. Da noi, invece, le virostar continuano a martellare a reti unificate sulle inoculazioni infinite.L’Italia di oggi conferma pienamente ciò che decenni fa scrisse il filosofo Marcel De Corte, e cioè che non può esservi verità laddove l’intelligenza non concorda con la realtà. Lo stato del nostro dibattito pubblico sul Covid lo dimostra senza ombra di dubbio: galleggiamo in uno stato di permanente alienazione in cui i fatti hanno perso ogni valore e a dettare legge sono ancora i fallimentari abracadabra che riempiono le bocche dei profeti della Cattedrale sanitaria. Certo, la psicosi medicalizzante si è affermata con prepotenza in tutto l’Occidente, negli ultimi tre anni. Ma quasi dappertutto, a livello globale, arrivano potenti segnali di ripresa, di uscita dalla prigione mentale in cui siamo stati rinchiusi. Già diversi mesi fa uno dei principali settimanali britannici, The Spectator, ha messo in copertina un doloroso mea culpa sui lockdown firmato dall’uomo che attualmente guida il Regno Unito. La stessa cosa hanno fatto altre testate europee. Negli ultimi tempi riviste scientifiche tra le più autorevoli (da iScience a Nature) stanno stampando a ripetizione articoli di stimati professionisti che mettono in crisi la narrativa ufficiale sulla malattia. Tra questi basti segnalare la ricerca uscita su iScience del 22 dicembre, in cui un gruppo di studiosi mostra come la quarta dose produca nei topi fenomeni di cosiddetta «tolleranza immunologica». Tradotto: la ripetizione costante di booster non sta portando per niente bene.Ma non serve addentrarsi troppo nei meandri della pubblicistica specializzata, è sufficiente restare nell’ambito della stampa generalista per trovare elementi parecchio interessanti. Giusto un paio di giorni fa, ad esempio, un’altra testata di rilevanza globale - il Wall Street Journal, nientemeno - ha pubblicato un editoriale dal titolo più che eloquente: «I vaccini stanno alimentando nuove varianti di Covid?». A firmare il pezzo è stata Allysia Finley, membro del board editoriale del giornale, dunque non una collaboratrice di passaggio. «Prove crescenti suggeriscono che le vaccinazioni ripetute possono rendere le persone più suscettibili alla nuova variante XBB e potrebbero alimentare la rapida evoluzione del virus», scrive la Finley, che conclude l’articolo con una bastonata: «L’attenzione monomaniacale dell’amministrazione Biden sui vaccini rispetto ai nuovi trattamenti ha lasciato gli americani ad alto rischio più vulnerabili alle nuove varianti. Perché questo non sembra preoccupare gli esperti?».Ripetiamo: non stiamo parlando di una letterina inviata a un foglio di provincia da un ignoto lettore. Qui abbiamo un editoriale siglato da una firma importante di uno dei quotidiani più letti e blasonati della Terra. Il quale - pur con tutto il garbo possibile - mette nero su bianco alcuni interrogativi non secondari, a partire dalla domanda delle domande: non è che sono i vaccini a produrre le varianti? Quando lo suggerì - mesi e mesi fa - Luc Montagnier, un premio Nobel, fu furiosamente attaccato da quasi tutti i nostri televirologi. E adesso, pensa un po’, forse scopriremo che non aveva poi tutti i torti.Ed eccoci al punto dolente. Vi sembra che da noi i cosiddetti grandi giornali abbiano mai stampato qualcosa di anche solo vagamente paragonabile all’articolo del Wall Street Journal? Vi sembra che i talk show quotidiani diano conto degli studi che ormai escono con cadenza settimanale demolendo anni di panzane? Certo che non lo fanno.Il problema è che dalle nostre parti non c’è stata alcuna elaborazione critica della gestione della pandemia. A livello istituzionale non è stato condotto alcun riesame critico della strategia con cui abbiamo affrontato la malattia. Vero, siamo in attesa che inizi a operare una commissione parlamentare, la quale però si occuperà solamente delle prime fasi dell’emergenza, non certo della campagna vaccinale. Ed è su quest’ultima che - date le circostanze - sarebbe doveroso interrogarsi seriamente. In assenza di una revisione seria e indipendente che metta alcuni punti fermi, siamo condannati a restare in balia di due forze che sono in grado di sovrastare persino il governo. Da una parte quello che assomiglia a una sorta di «deep State» sanitario; dall’altra i media che hanno introiettato il pensiero unico medicalizzato e continuano a veicolare con incredibile faccia tosta le medesime assurdità. Ovvio, il governo è cambiato, e ha giustamente mutato linea su alcune questioni determinanti. Ma non è sufficiente, purtroppo. Anzi, finché il dibattito pubblico sarà inquinato dai propagandisti della Cattedrale sanitaria, invertire la rotta diverrà sempre più difficile, e l’esecutivo dovrà marciare con il freno a mano tirato per non essere sommerso dalle contestazioni.Mentre altrove si ammettono gli errori, ci si concentra sulle cure e si cerca di correggere il tiro, qui abbiamo gli studi televisivi ancora imbottiti degli stessi pseudo luminari che ci hanno rifilato tonnellate di frasi fatte e mistificazioni. Abbiamo ancora i Pregliasco e i Burioni che provano a riscrivere il passato e martellano sulla quarta, quinta e milionesima dose. Le virostar proseguono a dettare legge anche se sono ormai compromesse con la politica (vedi lo stesso Pregliasco o Crisanti) e sembra che nessuno se ne preoccupi. Abbiamo persino alti dirigenti, come Nicola Magrini, direttore generale dell’Agenzia del farmaco, che passano il tempo a criticare il governo perché non propaganda abbastanza gli ulteriori cicli di iniezioni. E invece di notare le ipocrisie e le compromissioni di questi personaggi, i media che fanno? Godono, e li sfruttano per colpire un esecutivo ritenuto ostile.Rendetevi conto: altrove ci sono riviste come Newsweek che dedicano lunghissimi servizi ai danneggiati dal vaccino, qui invece abbiamo alcune tra le principali testate informative che passano il tempo a interpellare Roberto Speranza e ad accusare la destra di essere no vax. Proprio ieri, sulla Stampa, Eugenia Tognotti si proponeva di elencare in un lungo articolo i «dieci errori che abbiamo fatto» in tre anni di Covid. Ne avesse indicato uno vero l’avremmo applaudita. Invece - di nuovo - ha battuto sui soliti temi psicotici, tra cui «l’enorme capacità di ciarlatani & affini di conquistare consenso e ascolto» (no, non era una autocritica). E se ancora non bastasse, aggiungete il servizio pubblico che ancora si ostina a offrire cattedre e pulpiti ai soliti noti, affinché scarichino il barile delle responsabilità e continuino a farsi belli a spese degli italiani. Grazie al cielo, la popolazione - che scema non è - dà segni di insofferenza. Ma finché la propaganda ideologica rimarrà pervasiva e costante, continueremo ad essere esposti a ogni nuova ondata di panico indotto: basti osservare quanto accaduto con la psicosi cinese di queste settimane.Inutile illudersi: uscire dal delirio non è affatto facile. Ma il primo passo da compiere, ormai ineludibile, consiste nel mettere in piedi una grande operazione informativa, che rimetta al centro la scienza e sgombri il campo dalle balle. Bisogna depurare il dibattito pubblico, e farlo alla svelta. Altrimenti ci condanneremo a ripetere gli stessi sbagli: nuove varianti, stesse idiozie.
Il fiume Nilo Azzurro nei pressi della Grande Diga Etiope della Rinascita (GERD) a Guba, in Etiopia (Getty Images)
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