2021-09-05
Raffica di esperti scettici sulla puntura. Però sulla terza dose i governi accelerano
Massimo Galli e Andrea Crisanti perplessi dal richiamo, eppure un ulteriore giro è ormai certo. Prudenza chiesta anche negli Usa da Fda e Cdc.Vengono ascoltati quando sono in linea con le posizioni del ministero della Salute, altrimenti gli esperti tanto osannati «parlano a titolo personale» o fanno dichiarazioni prive di peso scientifico. Curioso, l'atteggiamento nei confronti di virologi e infettivologi, quando esprimono riserve o non sono proprio d'accordo con provvedimenti annunciati dall'esecutivo. Sulla terza dose il professor Massimo Galli dell'Ospedale Sacco di Milano ha detto: «Bisogna chiarire se abbia senso farla sulla base di un vaccino testato sul Covid dello scorso anno. Se il governo dovesse decidere per la terza dose sarò pronto ad allinearmi, ma oggi non credo ci siano basi sufficienti per poter affermare che la terza dose indiscriminata sia la via da seguire». L'ha perfino definita «una terza dose burocratica», se priva di fondamento. Il ragionamento di Galli non fa una piega, lo comprende anche un non addetto ai lavori che è fuori luogo affrettare una decisione così importante aprendo la strada a un numero sempre più alto di richiami contro il Covid e le sue varianti. È perplesso anche Andrea Crisanti, docente di microbiologia all'Università di Padova, che al Fatto Quotidiano ha confidato: «Sarebbe bello capire se è obbligatoria anche la terza dose, e anche capire prima se la terza dose è efficace». Dubbi non di poco conto, che dovrebbero far sobbalzare dallo scranno i tecnici del Cts, ma che finiranno liquidati come parole fraintese o male espresse perché il nuovo imperativo che piace al governo è altro giro di vaccinazioni per tutti. Galli e Crisanti non sono i soli a non essere convinti che la terza dose, il cosiddetto booster, sia una necessità, voci allarmate si sono alzate da diverse università e centri di ricerca, anche da agenzie regolatorie. «La dottoressa Janet Woodcock, commissario ad interim della Food and drug administration, e la dottoressa Rochelle P. Walensky, che dirige i Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie, hanno avvertito la Casa Bianca che serve loro tempo», per prendere decisioni sulla terza dose e sul dosaggio corretto, scrive il New York Times. Secondo il quotidiano statunitense, Woodcock in privato aveva sostenuto che era rischioso stabilire con sicurezza quando iniziare a iniettare una terza dose «prima che i regolatori abbiano la possibilità di rivedere a fondo i dati, alcuni dei quali devono ancora essere presentati dai produttori di vaccini, e prima di decidere se le somministrazioni sono sicure e necessarie». Nemmeno i dati non elaborati che arrivano da Israele, già passato alla terza dose per gli over 12 anni, sembrano convincere la Fda che ha bisogno di maggiori approfondimenti. A detta di esperti di salute pubblica americana «gli alti funzionari del presidente Biden, compresi i leader delle agenzie sanitarie, hanno erroneamente messo alle strette le agenzie regolatorie annunciando una strategia, prima che queste potessero condurre una revisione completa». Il rischio è una «sovravaccinazione» che magari non risulta dannosa ma forse «non è efficace quanto un richiamo successivo», nel tempo, ha dichiarato Cameron Wolfe, esperto di malattie infettive alla Duke infectious diseases clinic del North Carolina, precisando che l'attesa potrebbe consentire «di ottenere una risposta immunitaria più forte». Come sta facendo la Svezia, che offrirà un richiamo ulteriore solo nel 2022, pensando a somministrarlo quest'autunno unicamente a gruppi ad alto rischio. Pure la Svizzera ha ordinato altre dosi, 43 milioni, da utilizzare il prossimo anno.L'Italia, invece, sembra aver voglia di seguire le mosse della Casa Bianca, che ha comunicato l'avvio della somministrazione del booster dal prossimo 20 settembre, commettendo così lo stesso sbaglio di cavalcare la terza dose prima che si abbiamo conferme sulla sua utilità e sicurezza. L'Agenzia europea del farmaco afferma che non è urgente somministrare terze dosi di richiamo del vaccino Covid-19 a individui senza problemi di salute, citando un rapporto del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie. «Al momento non vi sono dati sulla sicurezza della terza dose, mentre sono usciti alcuni studi sugli immunodepressi, in particolare trapiantati e dializzati, che rispondono poco alle prime due dosi e bene alla terza», ha precisato Francesco Broccolo, docente di microbiologia all'università Bicocca di Milano. «Non vogliamo vedere un uso diffuso di booster per le persone sane che sono completamente vaccinate», ha detto a Berlino il direttore generale dell'Organizzazione mondiale della sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus, ribadendo la richiesta dell'Oms di ritardare i piani di terza dose in modo che i Paesi poveri possano avanzare nella vaccinazione. Non è solo una questione umanitaria, per altro sacrosanta, ma finché milioni di persone ad alto rischio continuano a contagiarsi e a contagiare, gli Stati che pensano al terzo vaccino anti Covid saranno sempre esposti alla circolazione di varianti. Senza dimenticare che «se ci saranno nuove varianti resistenti ai vaccini dovremo ricominciare da capo», come ricorda Crisanti. «Non capiamo chi avrà bisogno di un richiamo, quanto tempo dopo l'ultima dose o quale combinazione di vaccini funzioni meglio», sostiene su Science l'epidemiologo Bruce Aylward, «devi capire tutto questo prima di decidere come utilizzare il booster». Dare una terza dose a persone con risposte immunitarie indebolite può avere un senso, ma dichiarare che sarà un passaggio necessario per tutti è così azzardato, che per fortuna qualche virologo nostrano se ne è accorto.
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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