2018-11-18
Erdogan ci ha scippato la Pernigotti grazie all’aiuto offerto da Bruxelles
Le nocciole turche sono le più contaminate da aflatossine cancerogene, ma l'Ue ha ridotto i controlli. Questa decisione e l'apertura al cioccolato senza cacao rendono conveniente produrre all'estero gianduiotti low cost.L'intelligence è al lavoro per sapere se a Recep Tayyip Erdogan piacciono i cioccolatini. L'intelligenza dice invece di non credere ad Antonio Tajani che - in perfetta buona fede - ha detto: vado dal leader turco per sbloccare la vertenza Pernigotti. Piuttosto il presidente del Parlamento europeo ci spieghi perché sulla sicurezza alimentare è stato messo il bavaglio all'Italia e perché le nocciole turche che sono contaminate da aflatossine cancerogene hanno avuto un formidabile sconto sui controlli. Tajani questo non vuole o non sa dirlo. Pare che coinvolgerà nella missione anche il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e lo ha annunciato ieri mattina presentandosi ai cancelli della Pernigotti a Novi Ligure (Alessandria) per solidarietà con i 120 lavoratori che dal 6 novembre sono in sciopero permanente per evitare lo scippo della loro fabbrica. Tajani ha affermato: «È indispensabile trasformare la cassaintegrazione per cessata attività in cassa per ristrutturazione così da cercare nuovi acquirenti ed evitare che il saper fare italiano vada all'estero; quanto sono buoni i cioccolatini Pernigotti lo sappiamo tutti». Beh, forse se a Erdogan gliene offre uno si addolcisce! Tre giorni fa però i turchi della Toksoz sono stati chiari con il ministro del lavoro Luigi Di Maio: a Novi Ligure si chiude e la produzione si sposta in Turchia. Verrebbe da chiedere a Tajani se sta facendo campagna elettorale per sé o per l'Europa, che è la prima responsabile della crisi della Pernigotti. Perché la fabbrica di Novi Ligure, la prima che nel 1919 per iniziativa di Paolo Pernigotti industrializzò la produzione del gianduiotto, è stata schiacciata dalla politica europea che per tutelare gli interessi tedeschi ha favorito in ogni modo i turchi. La Pernigotti è stata venduta dagli Averna nel 2013 al colosso di Istanbul Toksoz e proprio nel 2013 è entrato in vigore il nuovo regolamento europeo sull'importazione di alcuni prodotti alimentari. In cima alla lista ci sono le nocciole della Turchia. Cos'ha chiesto Erdogan ad Angela Merkel, che ha imposto le nuove regole alla Commissione? Che i controlli sulle tossine venissero di fatto azzerati. Con il regolamento 274/2012 i test sulle nocciole turche si riducono al 5% delle partite importate. La strada alle nocciole, ai pistacchi, ai fichi, alle mandorle turche, alle noci brasiliane, alle noccioline cinesi è spianata. E tutto questo succede perché la Turchia è il primo produttore mondiale di nocciole. Chi è il secondo? L'Italia anche se - come al solito - per qualità siamo i primi e inarrivabili. Ancora una volta l'Europa decide di penalizzare un prodotto italiano per fare la sua «politica diplomatica e commerciale» come fa con i pomodori, l'olio, la frutta, il riso. Perché lo scopo è chiaro: faccio entrare nel continente prodotti agricoli ed esporto tecnologia. Solo che i primi sono uno svantaggio per l'Italia e i secondi un favore alla Germania. Ma la situazione delle nocciole turche contaminate da aflatossine (sono funghi molto pericolosi) è allarmante. La Ferrero - il più forte consumatore europeo di nocciole - due anni più tardi, nel 2015, decide di fare da sola e lancia il progetto Huzelnut company per incrementare la produzione italiana e avere nocciole bio. Prima dell'iniziativa della multinazionale di Alba gli ettari investiti a noccioleto in Italia erano 100.000, di cui 87.000 produttivi, concentrati nel Lazio, in Campania, dove c'è la famosissima nocciola di Giffoni, in Sicilia e in Piemonte, che con la sua tonda gentile è al top della qualità e delle quotazioni. Con il progetto Ferrero dovremmo arrivare a raddoppiarli nell'arco di cinque anni. In previsione di una possibile autosufficienza dell'Italia e con il crollo della produzione e del valore delle nocciole turche anche per via della pesantissima svalutazione della lira, Toksoz ha deciso di portar via la Pernigotti. Anche per godere di un altro vantaggio: l'Europa ha dato il via libera alla produzione di cioccolato senza burro di cacao. I turchi hanno tutto l'interesse a tenersi il marchio italiano per produrre a costi bassissimi dei simil gianduiotti con un «non cioccolato» e nocciole di bassa qualità, se non potenzialmente nocive. Va ricordato che le nocciole turche sono il prodotto che ha fatto scattare il maggior numero di allerte comunitarie per contaminazione da aflatossine cancerogene. A dirlo è la Coldiretti che le mette insieme alle arachidi cinesi, al peperoncino afgano, al pesce vietnamita e al riso birmano in cima alla lista degli alimenti d'importazione più pericolosi. Lo conferma anche l'Nvwa, l'ente per la protezione degli alimenti olandese, che ha riscontrato negli ananas del Costa Rica, nei fagioli del Kenya, nei pomodori marocchini, nelle nocciole turche, nei litchi cinesi quantità di pesticidi inammissibili in Europa. Ma a Bruxelles - è il caso di dirlo - fanno orecchie da mercante. Anche sul glifosato che è il più terribile e diffuso dei pesticidi. Sfruttando un parere dell'Efesa (è l'ente di controllo sulla sicurezza alimentare) la Commissione ha rinnovato di altri cinque anni la possibilità di usare glifosato che viene sparso sul grano, sul riso, sulla frutta e la verdura. L'Europa ha del tutto ignorato i risultati americani, i cosiddetti Monsanto papers, che hanno costretto la Monsanto, la multinazionale che produce glifosato, a versare un risarcimento milionario in dollari a un giardiniere ammalatosi di cancro dopo una prolungata esposizione all'erbicida. Si dà il caso che la Bayer si è comprata per 66 miliardi di dollari la Monsanto e i 45 miliardi di euro di fatturato della multinazionale di Leverkusen (Germania) vengono ora per metà dai prodotti dai sementi e dai farmaci usati in agricoltura. Si spiega così perché il grano duro italiano fa fatica a crescere, perché arrivano il riso birmano, l'olio tunisino, il pomodoro marocchino e cinese, i legumi africani, la frutta secca turca, le arance del Maghreb con pochi controlli, sacrificando gli interessi di un solo Paese: l'Italia, che ha i controlli più severi e l'agricoltura più produttiva e a maggior valore d'Europa. È la stessa logica che guida i vari trattati Ceta, Efta, Mercosur. I prodotti agricoli, in danno dell'Italia, sono la prima merce sacrificata. Lo dimostra l'ultima perla: il regolamento 2015/2283 sul novel food che dà il via libera anche agli insetti nel piatto. Jean-Claude Juncker ha centralizzato il controllo sui nuovi alimenti in capo alla Commissione e impedisce (ecco il bavaglio all'Italia) ai Paesi membri di esprimere contrarietà all'importazione. Chi vuole esportare in Europa può limitarsi a una sorta di autocertificazione: si prevede una procedura agevolata per gli «alimenti tradizionali di Paesi terzi» che si applica anche agli alimenti privi di consumo in Ue, ma già in commercio al di fuori dell'Ue. Capito? Forse Tajani più che offrire cioccolatini a Erdogan dovrebbe spiegarci, parafrasando Primo Levi, se questa è Europa!
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)