2023-03-08
«Equo compenso per migliorare le tutele dei lavoratori autonomi»
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Marta Schifone (Imagoeconomica)
È il primo passo verso una riforma organica del mondo dei lavoratori autonomi che passerà attraverso la formazione, l’orientamento e l’accesso alla professione. Così Marta Schifone (FdI), componente della commissione alla Camera del lavoro pubblico e privato, spiega l’attenzione che il governo Meloni sta mettendo su questa categoria di lavoratori.Lavoratori che «in questi anni sono stati vittime di un approccio ideologico che li ha dipinti come dei privilegiati nel migliore dei casi, mentre nel peggiore come degli evasori, come dei nemici da abbattere e mai come risorse da valorizzare».Una distorsione del mercato del lavoro che «abbiamo tutta l’intenzione di contrastare». «Il nostro obiettivo» - continua Schifone - «è quello di alzare le tutele per tutti, non ridurre quelle dei lavoratori dipendenti ma anzi migliorarle. Allo stesso tempo, però, vogliamo garantire ai professionisti le protezioni costituzionalmente garantite, come quelle di un’equa remunerazione. Il disegno di legge va proprio in questa direzione». Battaglia che però non solo non è condivisa, ma che viene anche ostacolata dal centrosinistra, che negli ultimi anni ha deciso di focalizzarsi sulla questione del salario minimo nonostante secondo i numeri dell’Inps in Italia la contrattazione collettiva supera il 90%. «Il nostro Paese è già dentro i limiti dettati dalla direttiva europea sul salario minimo, che individua un livello di contrattazione minima dell’80%, pienamente superato dall’Italia. Dall’abolizione delle tariffe professionali operata prima da Bersani e poi da Monti, invece, i professionisti si scontrano ogni giorno con prestazioni sottopagate, pubblica amministrazione che richiede consulenze a titolo gratuito, mancanza di tutele sui compensi. Servirebbe meno ideologia e più contatto con la realtà», sottolinea Schifone.Ricordiamo infatti come la norma esiste dal 2017 ma originariamente era stata scritta ad hoc per gli avvocati (categoria che viene ancora oggi tutelata dal testo), e poi successivamente estesa a tutti i professionisti non andando però a sanare i gap presenti per sua natura nel testo iniziale. Questo ha dunque prodotto una serie di distorsioni come il fatto che la stessa Pa potesse pubblicare dei bandi con compensi veramente bassi: «troppo spesso si è assistiti inermi alle contrattazioni al ribasso che pur di lavorare i professionisti hanno dovuto accettare, fino allo scandalo dei compensi minimi quasi simbolici o del titolo gratuito». Motivo per il quale il governo ha deciso di lavorare sulla questione dell’equo compenso: «Per accelerare i tempi abbiamo preso il testo già presentato nella scorsa legislatura, in modo da attivare la procedura d’urgenza. Questo ci ha permesso di approvare in prima lettura alla Camera la proposta, che ora è al Senato», spiega Schifone. Si sono poi iniziate ad aggiungere novità come per esempio la creazione di un osservatorio dedicato e l’inserimento di regole più stringenti sui bandi pubblici da parte della Pa, per evitare le distorsioni sui compensi del passato: «Abbiamo lavorato per eliminare questi meccanismi. Nel testo, poi, c’è anche un’attenzione verso le professioni non regolamentate, quelle di cui alla legge 4/2013, un universo composto da centinaia di migliaia di lavoratori che necessitano di un impianto normativo che ne garantista la crescita e ne tuteli il lavoro». I primi passi del governo sono stati apprezzate dalle categorie che però chiedono rapidità nell’iter legislativo e modifiche, dopo l’approvazione al Senato del testo, per migliorare il testo. Sulle tempistiche, la norma è in dirittura di arrivo: il 28 febbraio si è votato in commissione al Senato, senza apportare modifiche al testo, e in tempi brevi questo diventerà legge. Erika Stefani, relatrice del provvedimento in commissione Giustizia al Senato, a inizio febbraio aveva promesso al presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella, che entro fine febbraio, al più tardi all’inizio di marzo, la norma sull’equo compenso sarebbe diventata legge. Scadenze che, salvo imprevisti dell’ultimo minuto, sono dunque state rispettate.
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Riyadh e Islamabad hanno firmato un patto di difesa reciproca, che include anche la deterrenza nucleare pakistana. L’intesa rafforza la cooperazione militare e ridefinisce gli equilibri regionali dopo l’attacco israeliano a Doha.
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