2021-03-25
Epifani, Lamorgese e Bonaccini: sveglia improvvisa nel mondo reale
Guglielmo Epifani (Massimo Di Vita/Archivio Massimo Di Vita/Mondadori Portfolio via Getty Images)
Chissà perché i politici scoprono la realtà sempre con qualche anno di ritardo. Deve esserci una predisposizione naturale della categoria a ignorare i fatti, salvo poi aprire gli occhi su ciò che la circonda quando riparare i danni risulta difficile, se non impossibile. Il caso che più mi ha colpito nei giorni scorsi è quello di Guglielmo Epifani, che l'altra sera in tv è parso improvvisamente accorgersi dei tagli alla Sanità, lamentandone le conseguenze. Di certo, è difficile ignorare che l'ex segretario della Cgil, dopo aver lasciato nel 2010 il sindacato, è stato eletto in Parlamento, ovviamente con il Pd, del quale per un breve periodo, cioè prima che arrivasse Matteo Renzi, è stato segretario. Guarda caso, il suo esordio da deputato della Repubblica e poi da reggente coincise proprio con il debutto da presidente del Consiglio di Enrico Letta, che del Partito democratico guidato da Pier Luigi Bersani era vicesegretario. E chi, fra gli altri, ha tagliato di più la spesa pubblica, riuscendo a comprimerla fino a farsi vanto di aver ottenuto un avanzo primario di bilancio? Proprio l'attuale segretario del Pd, l'esiliato speciale dei tempi di Renzi. Il quale però, quando era a Palazzo Chigi, riportò con successo nel Documento di economia e finanza la riduzione della spesa sanitaria, scesa a 109 miliardi, lo 0,3 per cento in meno dell'anno precedente, quando mister Mani di forbice Mario Monti, al secolo ex rettore della Bocconi, aveva già contribuito a dare una bella sforbiciata. Epifani in tv si è lamentato anche delle mortificazioni salariali di cui sono vittime i dipendenti del settore sanitario, dei quali ci si ricorda solo in casi straordinari, come appunto quello con cui dobbiamo fare i conti da un anno in qua. Ma dov'era l'ex segretario della Cgil quando si tagliavano gli stipendi di medici e infermieri? In Parlamento, alla guida del Pd. E basta tornare a leggersi il Def di quel periodo, per scoprire che nel 2013 la spesa per il personale è stata di 36 miliardi, con una variazione rispetto al 2012 pari a meno 1,1 per cento. E come si è ottenuto questo magnifico risultato che all'epoca tanto inorgogliva Letta e compagni? Bloccando il turn over dei dipendenti (cioè non rimpiazzando chi andava in pensione), riducendo del 10 per cento gli acquisti di beni e servizi, fissando un tetto alla spesa per l'acquisto di dispositivi medici, rideterminando al ribasso il tetto di spesa farmaceutica ospedaliera e facendo pagare di più le prestazioni ai cittadini. Il tutto, nero su bianco nel documento messo a punto dal governo Letta. Ed Epifani in quei giorni dov'era? Era il segretario del Pd. Reggente, è vero, e dunque per definizione pro tempore. Ma pur sempre segretario, cioè azionista di maggioranza dello stesso governo (Bersani aveva perso le elezioni per un soffio) e non risulta che si sia opposto ai tagli. Né a quelli di Letta, né a quelli che vennero dopo da parte di Renzi, il quale proseguì sulla strada tracciata da Monti prima e da Letta poi. Forse qualcuno potrebbe obiettare che da allora sono passati anni e altri governi si sono succeduti senza porre rimedio ai guasti prodotti all'epoca. Vero. Tuttavia, dal settembre del 2019, il ministro della Salute è un tizio di nome Roberto Speranza, che guarda caso è anche segretario di Articolo 1, ovvero del partito in cui alle ultime elezioni è migrato proprio Epifani. Dunque, se è davvero preoccupato per i tagli alla Sanità e per i magri stipendi di medici e infermieri, l'ex segretario della Cgil, invece di andare in tv a lamentarsi, non farebbe meglio ad alzare la cornetta e a manifestare la sua contrarietà alla politica del compagno Speranza? Volendo, esiste anche l'istituto del voto contrario alle manovre, ma non osiamo chiedere tanto. Ci basterebbe un intervento in Parlamento dove, pur risultando un assiduo frequentatore, non ci sembra che sulla materia Epifani si sia mai impegnato più di tanto, preferendo intervenire su questioni come la cittadinanza, le pari opportunità e la discriminazione di genere. Roba forte, intendiamoci, ma non di stringente attualità. Non vorremmo però che qualcuno pensasse che ce l'abbiamo con l'ex segretario della Cgil, che di suo ha anche il vantaggio di essere una persona mite. Dunque, segnaliamo altri due esponenti politici che hanno la tendenza a comportarsi come Alice nel paese delle meraviglie, cioè a scoprire con ritardo i Conigli mannari. Uno di questi è senza dubbio il governatore dell'Emilia Romagna, il quale con un certo ritardo ha scoperto che «fu un errore chiudere i punti nascita», perché in zone di montagna o disagiate sono un presidio sanitario importante. Non meno dovuta è la segnalazione della dichiarazione del ministro Luciana Lamorgese, subentrata a Matteo Salvini alla guida del Viminale. Se il capo della Lega si era distinto nella guerra agli scafisti per fermare gli sbarchi, la responsabile dell'Interno si è fatta notare per la sua linea morbida. Ma adesso, lei stessa ammette che la politica dei porti aperti non ha funzionato. Il patto con Malta, che doveva frenare gli arrivi di migranti, è stato un flop e ora il numero di extracomunitari che le Ong dirottano verso l'Italia è in aumento. Anche in questo caso, come per quello della spesa sanitaria e delle lacune dei punti nascita, le conseguenze delle scelte erano facilmente immaginabili, ma qualcuno ha preferito non vedere. Beh, che resta da dire? Una sola frase per Epifani, Bonaccini e Lamorgese: benvenuti nel mondo reale. Ci auguriamo che l'esperienza vi abbia aperto gli occhi.
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