2021-12-07
Ennesimo schiaffo alla «cura» Speranza: «Il paracetamolo peggiora il problema»
L’ultima ricerca del neurochirurgo Sergio Pandolfi evidenzia l’effetto controproducente della paracetamolo. E indica una via alternativa.Adesso che la variante Omicron rappresenta una nuova minaccia, anche se meno spaventosa di quanto ci avevano fatto credere le Cassandre del virus, riuscire a promuovere una terapia domiciliare efficace contro il Covid-19 è ancora più cruciale. Soprattutto perché. una volta in corsia, dove spesso ci sono casi critici e pure altri virus, il rischio di un aggravamento del paziente è sempre possibile. Ma quale deve essere il protocollo di intervento precoce? A fare chiarezza arriva ora un nuovo studio, coordinato dal professor Sergio Pandolfi, neurochirurgo, già tra gli autori dello studio pubblicato sul Journal of medical virology, nel quale veniva messa in discussione la proposta (sostenuta anche dal ministro della Salute, Roberto Speranza) di trattare i pazienti a casa con «paracetamolo e vigile attesa». Un binomio che anche secondo questa nuovissima ricerca, uscita sulla rivista Basic and clinical pharmacology and toxicology, avrebbe effetti controproducenti anziché benefici. «Il principale problema del paracetamolo sull’infezione da Sars-CoV2», sottolinea lo studio, «è associato al suo uso nella sintomatologia precoce, mentre il paziente è a casa. L’assunzione di pillole senza l’assistenza diretta del medico può portare a gravi effetti avversi, in particolare l’acidosi metabolica». Come se ciò non bastasse, alcuni autori sono convinti che la febbre durante il Covid-19, anche con sintomatologia lieve o moderata, abbia un ruolo formidabile nel rafforzare la risposta immunitaria dell’ospite. Attenuare la febbre significa cancellare il sintomo, insomma, ma non avviare un processo di cura. Secondo gli autori della ricerca, inoltre, il paracetamolo non dovrebbe essere raccomandato neanche in associazione con Fans, ovvero gli antidolorifici da banco. «Non possiamo essere sicuri del suggerimento che il paracetamolo per alleviare il dolore e smorzare la febbre all’inizio del Covid-19 possa esacerbare lo stato infiammatorio dell’endotelio, ma le prove supportano l’idea che l’acetaminofene (cioè il paracetamolo) potrebbe non essere correttamente adatto nella sintomatologia precoce di questo virus», insistono gli specialisti. «Inoltre, anche l’uso prolungato di paracetamolo può esacerbare questo contesto, almeno da quanto osservato in animali da laboratorio». Il protocollo attuale tende a ridurre e attenuare i sintomi dolorosi o fastidiosi, come la febbre, che colpisce circa il 42 per cento dei bambini e tra il 45 e l’89 per cento degli adulti, usando il paracetamolo. Secondo la squadra coordinata dal professor Pandolfi, invece, sarebbe meglio affidarsi a un rapido intervento farmacologico al fine di prevenire nel modo più assoluto l’ospedalizzazione, usando farmaci terapeutici che devono essere prontamente disponibili. Come ad esempio i farmaci antinfiammatori non steroidei (Fans), di solito noti come inibitori della cicloossigenasi 2 (Cox-2). «Passate ricerche, confermate perfino oggi, hanno riportato che l’ibuprofene bersaglia la funzione piastrinica allo stesso modo dell’aspirina. In questo contesto, l’ibuprofene, insieme ad altri Fans, include un potenziale sia antinfiammatorio che antiaggregante, particolarmente adatto per affrontare la fase iniziale del Covid-19 e anche nel prevenire l’insorgenza di una tempesta citochinica», spiega lo studio. Che aggiunge: «Recenti studi clinici e osservazionali hanno evidenziato come l’uso prevalente di inibitori della Cox-2, in prima linea nella terapia all’inizio del Covid, rispetto al paracetamolo, riduceva in modo significativo il tasso di persone che vanno incontro a ricovero ospedaliero».Dunque, non il paracetamolo ma i Fans, dall’ibuprofene al nimesulide, dal naprossene alla indometacina fino al potassio diclofenac. Tutti principi che potrebbero giovare a frenare i rischi collegati agli stati iniziali del virus. L’articolo nomina come terapia anche gli anticoagulanti come l’acido acetilsalicilico e vede come forma di intervento ausiliare l’introduzione di micronutrienti e di sostanze polifenoliche di origine vegetale, per potenziare l’azione antiossidante e antinfiammatoria dei farmaci convenzionali. Gli antiossidanti sarebbero preziosi nei primi tre giorni dopo la comparsa dei sintomi insieme con farmaci antinfiammatori come i Fans, in quanto possono agire come cofattori nel contrastare i meccanismi pro trombotici. Vanno bene l’ascorbato, la vitamina D3, la vitamina K2, la quercetina o altri flavonoidi, come l’esperidina, la lattoferrina, il resveratrolo. I pazienti trattati precocemente con una terapia a base di farmaci antinfiammatori, antiaggreganti, anticoagulanti e con antibiotici hanno confermato che il Covid-19 è un’infiammazione endoteliale con immunotrombosi che si può affrontare, se si usano le terapie adatte. Quelli non trattati con la terapia più adeguata hanno visto aumentare il tasso di ricovero nelle unità di terapia intensiva e anche la mortalità.