2018-11-22
Fumata nera per il presidente Enit, ora per il cda avanza il candidato di Franceschini
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Questa mattina la conferenza Stato-regioni doveva ratificare l'entrata nel consiglio dell'Agenzia nazionale del turismo di Francesco Palumbo, targato Partito democratico, vicino all'ex ministro per i Beni culturali e alla sua seconda moglie Michela De Biase. E' stato tutto rinviato al 28 novembre, il governo di concerto con le regioni ha deciso di individuare nomi non legati a «vecchie gestioni». Martedì era già stata rinviata la nomina del nuovo presidente Giorgio Palmucci. Dentro Confindustria c'è chi spinge per Marina Lalli, presidente delle Terme di Margherita di Savoia molto vicina a Costanzo Jannotti Pecci, numero uno di Federterme. Fumata nera sulle nomine di Enit, l'ente del turismo che promuove l'immagine dell'Italia all'estero, di cui La Verità ha scritto nelle ultime settimane. Martedì sera, durante il consiglio dei ministri, non è passata la nomina di Giorgio Palmucci, candidato dal ministro per le politiche agricole e del turismo Gian Marco Centinaio. Palazzo Chigi, che avrebbe dovuto deliberare la designazione del manager di Th Resort e presidente degli albergatori di Confindustria, ha infatti rinviato la decisione. Ma ora c'è un problema grosso come una casa. Si apre infatti una fase di vuoto gestionale e organizzativo, visto che oggi cessa definitivamente le proprie funzioni la presidenza in prorogatio di Evelina Christillin e, in assenza di revisori nominati, sarà il ministero guidato da Gianmarco Centinaio a dover garantire lo svolgimento dell'ordinaria amministrazione. Nelle ultime ore corre peraltro voce che, vista l'impasse su Palmucci, dentro Confindustria ci sarebbe chi spinge per una candidatura di Marina Lalli, presidente delle Terme di Margherita di Savoia molto vicina a Costanzo Jannotti Pecci, presidente di Federterme. Del resto, come anticipato da La Verità, sulla nomina di Palmucci pendevano i possibili conflitti di interessi avanzati anche dal capo di gabinetto del Mipaaft Luigi Fiorentino e messi sotto la lente di ingrandimento dal legislativo della Presidenza del Consiglio. Si tratta di un passaggio, senza il quale la designazione, data per certa da mesi anche in forza dell'amicizia personale che lega Palmucci a Centinaio, è tornata in alto mare.Sul fronte delle Regioni, invece, l'incontro del tavolo di coordinamento sul turismo tra Stato e Regioni è servito per esaminare le diverse candidature arrivate sul tavolo. Dall' Abruzzo con Paolo Tancredi alla regione Calabria con Pasquale Nastasi, ex dirigente generale del Turismo con l'appoggio anche della Valle D'Aosta. Quindi la Campania con Antonio Bottiglieri. Il Friuli Venezia Giulia con Lucio Gominiero, direttore generale di Promo Turismo nella regione. Le Marche per Raimondo Orsetti. Il Molise e la Puglia con Massimo Ostillio, come già anticipato dalla Verità. Proprio su quest'ultimo nome ci sarebbe stato un veto da parte del governo. Diverso il destino invece di un altro candidato targato Pd: Francesco Palumbo. L'ex dirigente del Turismo al Mibact, molto vicino alla seconda moglie di Dario Franceschini, ovvero Michela De Biase, avrebbe incassato il beneplacito di tutti. E questa mattina, salvo sorprese, l'indicazione avrebbe dovuto essere ratificata dalla conferenza. Ma è stato tutto rinviato al 28 novembre. Da quel apprende La Verità il governo di concerto con le regioni ha deciso di individuare nomi non legati «a vecchie gestioni.
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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