2024-10-06
Anche l’Eni rottama l’era del green
Durissimo l’ad Claudio Descalzi: «L’automotive? Scelte insulse, la stupidità ci sta uccidendo sulla base di ideologie ridicole dettate da una minoranza». È quello che pensa ogni imprenditore: speriamo che tutti escano allo scoperto come il capo del nostro colosso. I manager pubblici sono di solito molto prudenti. Siccome, pur essendo tecnici, il loro incarico dipende dalla politica, sono abituati a misurare le parole e a non esporsi mai quando devono occuparsi di temi ritenuti sensibili per i partiti. Perciò stupisce ancor di più il discorso tenuto ieri dall’amministratore delegato di Eni in occasione della Giornata dell’economia. È vero che Claudio Descalzi difende il business che rappresenta, ovvero le fonti fossili, e dunque era legittimo aspettarsi una qualche parola in soccorso dei prodotti petroliferi. Tuttavia, l’uomo che da dieci anni guida il cane a sei zampe (e che in certe fasi ha un peso pari a quello di ministro degli Esteri e ministro dell’Economia messi insieme) ci è andato pesante, definendo «insulse e ridicole» le regole che l’Europa vuole introdurre nel settore dell’automotive. Pur senza citarla, Descalzi ha messo nel mirino l’auto elettrica, bocciando la transizione energetica voluta da Bruxelles in tema di mobilità. «Non voglio essere anti europeo, ma neanche stupido» ha esordito «perché di stupidità si può morire». Il riferimento è alle regole imposte dalla Ue, «dettate da una minoranza sulla base di ideologie ridicole» che, secondo Descalzi, rischiano di condannare l’industria del Vecchio continente a un lento declino. «Siamo costretti a subire, a digerirle chinando il capo, ma questo equivale a morire lentamente».Onore all’amministratore delegato della più grande azienda italiana. Sento spesso giudizi simili da parte di imprenditori e manager. Eppure nessuno di loro ha il coraggio di esporsi direttamente. Preferiscono suggerire, lasciando poi a politici e giornalisti il compito di rendere esplicite le critiche al Green deal. Purtroppo i politici, e ancor meno i giornalisti, non hanno voglia di mettere la faccia su un tema spinosissimo, dove si rischia - come capita spesso al sottoscritto - di essere accusati di «negazionismo».Sì, chiunque si permetta di criticare la transizione energetica con il suo codazzo di norme assurde, comprese quelle che decretano la morte del motore termico e delle caldaie a metano, è accusato di essere contro la scienza oltre che un buzzurro. Sappiamo tutti che le auto elettriche non possono soddisfare le esigenze di una normale famiglia, perché costituiscono le moderne brioche che la regina Maria Antonietta offrì come soluzione al popolo francese, affamato perché non aveva soldi per comprarsi il pane. Però nessuno si azzarda a dire quello che ha detto ieri Descalzi, preferendo non contrastare le pericolose ideologie di un’agguerrita minoranza di sinistra. L’amministratore delegato dell’Eni, uscendo allo scoperto, ha definito le decisioni europee «insulse e ridicole» e neanche io, che da tempo critico la deriva europea in materia di ambientalismo, avrei saputo dirlo meglio.La transizione green, così come è stata impostata da Bruxelles, è una colossale fregatura, una turlupinatura del ceto medio, al quale toccherà pagare il conto delle follie di una minoranza, restando a piedi o sborsando cifre enormi per avere un’auto a disposizione. Denunciare tutto ciò non significa essere contro la natura e neppure negare che ci sia un cambiamento climatico. Ma soltanto sostenere che quella imboccata per risolvere i problemi non è la via giusta.Non si vuole più usare il petrolio? Ci sono i biocarburanti, nella cui ricerca peraltro noi italiani siamo molto avanti. Volendo, possiamo evitare di passare dalla dipendenza di un regime antidemocratico (la Russia) a un altro (la Cina). E possiamo anche ridurre le emissioni. Ma per farlo bisogna evitare di seguire le mode e - come dice Descalzi - pure gli stupidi. Perché di stupidità può morire la nostra industria. E, di conseguenza, anche noi.
Francesco Nicodemo (Imagoeconomica)
(Ansa)
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Carlo Nordio, Matteo Piantedosi, Alfredo Mantovano (Ansa)