2020-09-19
Emiliano ammaccato da Renzi e Dibba. Aria di harakiri giallorosso in Puglia
Prima il fuoco di Matteo Renzi e gli insulti di Carlo Calenda («È una sega»). Poi le accuse di Alessandro Di Battista sugli impresentabili del governatore, che possono far implodere lo stesso M5s. Il masochismo pentadem lancia la volata a Raffaele Fitto.Pd e M5s arrivano alle elezioni regionali con il morale sotto i tacchi, anzi sotto il tacco, inteso come Puglia, tacco dello stivale e ago della bilancia per le sorti del governo guidato dal pugliese Giuseppe Conte. Se Michele Emiliano, presidente uscente del Pd, sarà sconfitto da Raffaele Fitto, il governo ballerà parecchio e il Pd chiederà un maxirimpasto dando al M5s la colpa del tracollo. Fitto ci spera, forte dei sondaggi e dello sforzo titanico che Giorgia Meloni sta mettendo in campo per trainare verso la vittoria il suo candidato a presidente della Puglia, che presidente della Puglia è già stato, dal 2000 al 2005, quando era considerato un astro nascente di Forza Italia. Sembra passato un secolo: Fitto a soli 52 anni, prima di convertirsi al sovranismo, ha militato nella Dc, nel Ppi, nel Cdu (ricordate? Il partito di Rocco Buttiglione), ha fondato i Cristiani democratici per la libertà, è stato in Forza Italia, ha partecipato alla Fondazione dei conservatori e riformisti, poi diventato Direzione Italia, confluito infine in Fratelli d'Italia. La Lega voleva un suo candidato, Forza Italia non vedeva il suo ex dirigente di buon occhio, ma la Meloni si è imposta e Fitto ora ha le carte in regola per tornare a guidare la Puglia. Se le cose andranno male, se Emiliano riuscirà a spuntarla e il governo uscirà rafforzato dalle urne, statene certi, la colpa sarà tutta sua; se tutto andrà bene invece il merito andrà alla Meloni, ma questo, Fitto, uomo di mondo, lo sa bene.L'arbitro della partita è donna: Antonella Laricchia, candidata alla presidenza per il M5s, ha nelle sue mani il destino della maggioranza giallorossa. Il tentativo di Conte e Nicola Zingaretti, quasi ex segretario del Pd, di convincerla a ritirarsi per costruire anche in Puglia l'alleanza giallorossa, è naufragato sulle secche della totale incapacità dei pentastellati di articolare una strategia politica degna di questo nome. Luigi Di Maio per mesi si è messo di traverso all'alleanza, sperando in una vittoria del centrodestra alle regionali per sloggiare Conte da Palazzo Chigi; quando ha capito che in realtà stava segando la poltrona su cui lui stesso è seduto, era ormai troppo tardi. La polemica delle ultime ore, che vede il M5s infuriato con Alessandro Di Battista perché la sua sortita elettorale di ieri in Puglia, dopo una lunga assenza dalle piazze, potrebbe essere determinante per far perdere Emiliano, con tutto il rispetto fa ridere: «Penso che Antonella Laricchia», ha scritto l'altro ieri Di Battista su Facebook, annunciando l'evento di ieri sera, «meriti il sostegno di tutti. Ci vediamo domani sera in piazza a Bari. La commissione Antimafia ha appena pubblicato la lista dei candidati impresentabili delle prossime elezioni regionali. In Puglia gli impresentabili sono tre e due di questi corrono nelle liste di Emiliano». Nelle chat dei pentastellati, secondo alcuni, si sarebbe scatenata la rivolta contro Di Battista, accusato di voler far cadere il governo con un post su Facebook e un comizio. Un perfetto capro espiatorio, visto e considerato che M5s e Pd hanno avuto a disposizione diversi mesi per tentare di mettersi d'accordo, ma non ci sono riusciti. In uno slancio di sincerità, il reggente Vito Crimi ha assolto Dibba: «Io sono ben contento», ha detto Crimi a Sky Tg24, «che Alessandro scenda in piazza, anche noi non abbiamo risparmiato attacchi a Emiliano. Anche quando esco io ci sono delle insofferenze. Di Battista ha la possibilità di incidere e darà un grande sostegno a Laricchia». Intanto, la scissione grillina è a un passo: la testimone di giustizia Piera Aiello, tra gli ultimi ad aver abbandonato il M5s, ha detto all'Adnkronos: «Ci siamo incontrati nei giorni scorsi e ci rivedremo dopo il voto. La possibilità di costituire un nuovo gruppo c'è». Le speranze del Pd sono affidate al voto disgiunto: gli elettori grillini dovrebbero votare la lista M5s ed Emiliano come presidente. Siamo, come è evidente, assai vicini alla disperazione.A proposito di capri espiatori: il Pd ha già pronto, se Fitto vincerà le elezioni, l'armamentario propagandistico contro Matteo Renzi, che ha candidato alla presidenza della Puglia Ivan Scalfarotto, sostenuto anche da un Carlo Calenda in versione bombardiere: «Emiliano è una sega», ha detto sobriamente Calenda lo scorso 13 settembre nel corso di un comizio insieme a Renzi e Scalfarotto a Bari. Il sogno di Renzi e Calenda è Emiliano sconfitto da Fitto per due punti, con Scalfarotto che ne prende due e mezzo: non è ben chiaro quali vantaggi produrrebbe questo scenario per Italia viva e Azione, i due partitini di Renzi e Calenda, ma immaginiamo che dare un colpo tremendo al governo Conte e al Pd di Zingaretti sarebbe per i due amici ritrovati una bella soddisfazione.Così, mentre Di Battista se ne va in piazza a sostenere la Laricchia, Emiliano si difende dall'accusa di aver firmato (sul palco di un teatro) 200 contratti di assunzione ad altrettanti precari stabilizzati in una società privata, ma controllata dalla Regione solo per interessi elettorali: «L'opposizione», dice Emiliano, «la bolla come operazione elettorale e clientelare. È l'esatto contrario.Le clientele nascono proprio con il precariato. Sbloccare le assunzioni vuol dire lottare contro il clientelismo e restituire dignità al lavoro».La Meloni, tra un comizio e l'altro, sfoglia i sondaggi e fa gli scongiuri. La vittoria in Puglia e nelle Marche di due candidati di Fdi sconvolgerebbe gli equilibri interni al centrodestra, lanciando Giorgia verso orizzonti inesplorati.