2024-12-03
Fatto fuori il capro espiatorio Elkann prende il timone: dietrofront sull’auto verde
John Elkann (Getty Images)
Jaki pronto a frenare sull’elettrico e a ricucire i rapporti con Parigi e Roma. La pace può riaprire il capitolo incentivi. Tavolo col Mimit il 17 per lanciare il «Piano Italia».piene si prenderà volentieri tutte le colpe, i governi francese e italiano potranno mettere la bandierina sul cambio di marcia e, infine, l’amministratore delegato ad interim John Elkann potrà dire di avere ripreso in pugno una barca che sembrava ormai un po’ alla deriva. Ieri è stato nominato al suo fianco Richard Palmer in qualità di special advisor del comitato esecutivo diretto proprio dal nipote dell’Avvocato. Le prime mosse sono già tutte politiche. Innanzitutto Elkann prima del ricco siluramento di Tavares - in relazione al quale ieri si è limitato a dire «era il momento di separare le strade» - ha avvertito Sergio Mattarella e Giorgia Meloni. Il minimo, viene da dire. Ma visto i rapporti freddi con Palazzo Chigi e caldi solo con il Colle, il rispetto dell’etichetta appare come una prima inversione di tendenza. Ieri poi c’è stata la telefonata tra Elkann e il titolare del Mimit, Adolfo Urso. Fonti del ministero spiegano che il tavolo Stellantis, convocato per il prossimo 17 dicembre, è confermato con l’intenzione di chiudere in modo positivo così come da mandato parlamentare, con un «Piano Italia» che riaffermi la centralità del nostro Paese nei progetti di sviluppo dell’azienda franco-italiana. La velina aggiunge che il gruppo automotive sarà rappresentato da Jean-Philippe Imparato, responsabile Europa, che ha avuto dal presidente, nonché guida del comitato esecutivo, il mandato di chiudere in modo positivo le interlocuzioni. Anche questo un dettaglio nuovo. Fino all’altro ieri nessun mandato segnava una volontà di mediazione. Ora, invece, a quanto risulta alla Verità, Elkann avrebbe dato indicazioni per riaprire una trattativa non solo all’interno del mercato italiano, ma anche nel perimetro più ampio dell’Europa. Significa che ora Stellantis sembra aperta a rimettere in discussione innanzitutto i parametri di emissione di CO2 che, senza un intervento politico, entreranno in vigore nel 2025 causando un taglio della produzione pari a 2 milioni di vetture (equivalente a otto stabilimenti) o multe per 15 miliardi. Esattamente il niet che aveva messo Tavares in contrasto con Acea, l’associazione dei costruttori Ue. Una posizione giustificabile solo con la costante fruizione di incentivi ed evidentemente una sinergia politica con la componente socialista del Parlamento Ue e della Commissione. Elkann adesso ha chiaramente tutto l’interesse a intestarsi il timone e avviare una revisione congiunta con gli i governi Ue delle regole delle emissioni e forse dell’intero percorso di attuazione del modello elettrico. Non è per nulla un caso che l’Italia aveva già inviato un non paper per chiedere la messa in discussione dei parametri e da lì pure la Francia abbia innescato un ragionamento interno a tutela dei propri siti produttivi. Ieri il Ppe ha fatto trapelare la notizia di un documento che si spinge a chiedere la rimozione dei target auto fissati al 2035. Ciò non significa per nulla che la Germania abbia avviato un cambio di rotta (anzi ieri il ministro Robert Habeck si è espresso diversamente), il che riporta ai progressi in materia dell’asse franco-italiano. I due governi e le due associazioni confindustriali si sono incontrate recentemente a Parigi e si sono detti in sostanza allineati nel tentativo di riportare la produzione automotive in casa. La Francia dal canto suo aveva già espresso internamente a quanto ci risulta una serie di critiche a Tavares. Sia l’ex ministro Bruno Le Maire sia l’attuale Antoine Armand non hanno mai gradito l’atteggiamento del manager portoghese e la sua rigidità nel gestire le politiche industriali. Solo che dopo il cda del 24 settembre, giorno in cui gli azionisti comunicarono la decisione di trovargli un successore, Tavares ha pensato bene di inasprire i toni tanto da accelerare la sua uscita sebbene a fronte della maxi liquidazione da 100 milioni. La situazione a questo punto è così delicata che paradossalmente tutti possono dirsi vincitori. I due governi perché hanno messo sul tavolo una serie di richieste e si aspettano che in gran parte vengano esaudite. I soci di Stellantis capitanati da Elkann i quali riverseranno tutte le colpe su Tavares, potranno rivedere la linea senza perdere la faccia anche perché in cambio otterranno un nuovo round di incentivi. Probabilmente i lavoratori che nell’attesa dell’inversione di rotta saranno sostenuti da cassa e altri aiuti pubblici. A pagare saranno sicuramente i contribuenti. Sulle cui spalle è finito prima il sostegno artificiale alle politiche di transizione estrema volute dalla precedente Commissione e in futuro finirà il sostegno, alias incentivi, all’industria che dovrà fare la transizione della transizione green. Cioè l’inversione di rotta verso un mix più equilibrato fatto da motori ibridi, diesel evoluti ed elettrico solo per i veicoli top di gamma. Un percorso ancora da costruire che in ogni caso dovrà incrociarsi con le mosse delle case automobilistiche cinesi, con il caos industriale tedesco e con l’imminente arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca. Per certi versi il mondo sta diventando così complicato che i gruppi industriali per affrontarlo dovranno fondersi e diventare un po’ più grossi. Ogni fusione è però anche un efficientamento e di solito un taglio di posti di lavoro. Ciò che i governi vogliono evitare a ogni costo.
Ecco #DimmiLaVerità dell'8 settembre 2025. Il generale Giuseppe Santomartino ci parla dell'attentato avvenuto a Gerusalemme: «Che cosa sta succedendo in Medio Oriente? Il ruolo di Hamas e la questione Cisgiordania».