2023-02-10
La Egonu sa di non essere in Turchia
La pallavolista, ultimo santino radical, ci accusa: l’Italia è un Paese razzista che però «sta migliorando». A differenza di quello in cui guadagna milioni, ostile ai gay come lei. «L’Italia è un paese razzista che però sta migliorando». Se lo dice Paola Egonu tiriamo un sospiro di sollievo. La docente autonominata sulla cattedra di Civiltà e Tolleranza di quel Mississippi Burning che (a sentire lei) è l’Italia deve avere un termometro sensibilissimo. Ci chiediamo cosa sia accaduto dall’ottobre scorso quando denunciò in lacrime: «Mi hanno chiesto se sono italiana, questa è l’ultima partita in Nazionale, ora basta». I miglioramenti sono sempre buone notizie soprattutto se arrivano dal Festival di Sanremo; evidentemente la campionessa di Cittadella sta cambiando idea, forse si è accorta di avere esagerato «lo storytelling» quattro mesi fa. Oppure ha deciso che la maglia azzurra non si getta così facilmente fra la biancheria sporca. E infatti in conferenza stampa butta lì: «Sto metabolizzando tutto, vorrei tornare». Nera, lesbica e perennemente arrabbiata, la Rula Jebreal della pallavolo non poteva che essere chiamata a fare passerella sul palco del Teatro Ariston, ormai l’unico luogo dove il raffermo populismo pop di sinistra si trasforma in ideologia pulita sulla spinta delle pale eoliche della vanità. Davanti al Soviet della sala stampa (dove storicamente il giornalista più a destra rimpiange Lotta Continua), Egonu coglie al volo il clima dalla prima domanda, difficile dire se più cretina o prevenuta. «Non le sembra curioso che una parte politica le abbia quasi intimato di non dire che l’Italia è un paese razzista?». Anche nella più sgangherata serie tv «legal» di Netflix il giudice direbbe: «Obiezione respinta». Lei coglie al volo la trappola e risponde così: «È un paese razzista ma sta migliorando. Con questo non voglio dire che tutti gli italiani siano razzisti, cattivi o ignoranti. Non voglio sembrare polemica o fare la parte della vittima. Ma semplicemente dire come stanno le cose».Le cose stanno in modo molto semplice: il circo politico-mediatico vorrebbe l’ennesimo show da santino Black Lives Matter per completare l’opera cominciata dal nonno della Costituzione Roberto Benigni e continuata dallo zio lisergico Fedez. Egonu non avrebbe intenzione di andare oltre. A Vanity Fair aveva detto: «So già che se mio figlio avrà la pelle nera vivrà tutto lo schifo che ho vissuto io. Se dovesse essere di pelle mista, peggio ancora: lo faranno sentire troppo nero per i bianchi e troppo bianco per i neri. Vale la pena, dunque, far nascere un bambino e condannarlo all’infelicità?». Iperboli che sconfinano nel delirio. Tutto dimenticato, tutto annacquato tra i fiori della riviera. Così la ventiquattrenne campionessa rimodella e aggiunge, deludendo la platea freak dei cronisti militanti: «Non ricordo di aver detto che con Giorgia Meloni premier non sarei mai più tornata in Italia, anzi non sono parole mie, mi spiace». Per poi concludere: «Io non sono una persona infelice, anzi sono molto felice, quindi quella frase era un’esagerazione».È l’ego della Egonu, tutto molto surreale. Tutto molto normale nella pancia non di un festival specchio del Paese, ma di un Paese specchio del festival. Dove le atlete dalla pelle nera sono tante, stupende, vincenti e non hanno il vezzo di aggrapparsi alla politica per diventarne facile strumento. Valentina Diouf, Myriam Sylla, Loveth Omoroyi, Fatim Kone e le sorelle Nwakalor, le formidabili staffettiste della 4x400; storie di sport e di vita, esempi positivi di un Paese con mille difetti e altrettanti pregi che si tiene alla larga da Sanremo. Non va dimenticato che Egonu è una grande giocatrice di volley, quindi una privilegiata che qualche mese fa si è trasferita nel VakifBank di Istanbul a guadagnare 1 milione di euro, più del doppio rispetto a ciò che prendeva (400.000 euro) nel Conegliano. Ed è curioso notare come, nella Turchia di Recep Erdogan non particolarmente sensibile nei confronti delle istanze del mondo Lgbtq, le sue uscite sui diritti civili e sulle meraviglie della società gender fluid si siano praticamente azzerate. C’è un ulteriore motivo, non nobilissimo, per sgasare lo spumante razzista. L’avventura turca di Egonu fin qui non sembra sfavillante: la sua squadra è seconda in campionato, è stata sconfitta proprio dal Conegliano nella finale mondiale per club. Lei fa 20 punti a partita ma ne regala altrettanti con errori da gastrite, senza contare che in difesa è un buco unico. Morale: è possibile che alla fine della stagione debba tornare in Italia per lasciare il posto alla più affidabile stella serba Tajiana Boskovic. Quindi «stiamo migliorando». Facciamo schifo ma, conti alla mano, un po’ meno di prima.