2024-03-02
Per l’Onu è vietato criticare gli ecoteppisti
Un rapporto delle Nazioni Unite afferma che la «repressione» degli ambientalisti sarebbe «una delle minacce più pericolose per i diritti umani». Quando i no green pass venivano presi a manganellate, però, dal Palazzo di vetro nessuno ha mosso un dito.Alle Nazioni Unite sono molto preoccupati per le condizioni della democrazia in Europa. Ritengono, gli esperti dell'Onu, che stiamo prendendo una brutta piega, che violiamo il diritto alla libera espressione del dissenso, che ostacoliamo il dispiegarsi del pensiero critico, che mettiamo troppi ostacoli sul cammino degli attivisti che si battono per alcune cause fondamentali. Messa così, stando sul generico, ci sarebbe pure da essere d'accordo. In effetti gli spazi di libertà si stanno restringendo più o meno ovunque, le opinioni sgradite sono pesantemente sanzionate e brutalmente emarginate, il dissenso è ridicolizzato e osteggiato con tutte le forze, il pensiero unico si impone con sempre maggiore arroganza. Il punto è che all’Onu, di tutto questo, non importa un fico secco. La preoccupazione che esprimono questi illuminati censori del nostro comportamento riguarda un argomento molto preciso: l’ecologismo. Di questo si occupa un report realizzato da Michael Forst, relatore speciale delle Nazioni Unite sui difensori dell’ambiente, cioè l’uomo che deve occuparsi di verificare come vengano trattati gli attivisti ambientali dalle nostre parti. A suo dire, «la repressione che gli attivisti nonviolenti stanno affrontando è una delle minacce più grandi per la democrazia e i diritti umani». Capito? Il vero pericolo per le nostre democrazie è rappresentato dalla (presunta) persecuzione degli ecologisti. Secondo Forst, questi attivisti sono dei veri e propri eroi i quali - nonostante gli ostacoli e le difficoltà che sono costretti ad affrontare - svolgono un ingrato compito di cui nessuno vuole farsi carico. «L’emergenza ambientale che viviamo e dobbiamo affrontare collettivamente, e che gli scienziati documentano da decenni, non può essere affrontata se coloro che lanciano l’allarme e chiedono un’azione vengono criminalizzati per questo», scrive il delegato Onu. «L’unica risposta legittima all’attivismo ambientale pacifico e alla disobbedienza civile è che le autorità, i media e il pubblico si rendano conto di quanto sia essenziale per tutti noi ascoltare ciò che i difensori dell’ambiente hanno da dire».Cristallino: il problema non sono i militanti verdi che bloccano il traffico impedendo al comune cittadino di recarsi al lavoro - o dove diamine gli pare - o che attentano alle opere d’arte mettendole a rischio o direttamente danneggiandole, come avvenuto a Milano. No, il problema sono gli Stati che non danno loro ragione su tutta la linea, anzi li contrastano. Gli attivisti e le loro azioni non andrebbero nemmeno criticati, poiché «denigrare questi comportamenti giustifica la repressione e l’assottigliamento dello spazio di dibattito pubblico».A parere dell’illustre osservatore, «gli Stati hanno creato un clima di paura e intimidazione per i difensori dell’ambiente, in violazione dei loro obblighi internazionali. Queste repressioni hanno un concreto e pericoloso effetto: limitare l’esercizio dei diritti fondamentali». Come ci si dovrebbe relazionare, quindi, con movimenti come Ultima generazione ed Extinction Rebellion? Forst lo spiega bene. Bisogna che le nazioni agiscano «per contrastare le narrazioni che dipingono i difensori dell’ambiente e i loro movimenti come criminali» e che evitino di «utilizzare l’aumento della disobbedienza civile ambientale come pretesto per limitare lo spazio civico e l’esercizio delle libertà fondamentali». Insomma, niente leggi che cerchino di impedire le proteste green e basta con la pubblica opposizione alle istanze degli attivisti. Anzi, occorre «affrontare le cause profonde della mobilitazione ambientale». Tradotto: poiché spingono per la transizione ecologica, i militanti verdi vanno ascoltati, capiti e di fatto obbediti. Ora, è evidente che chiunque ha diritto a esprimere le proprie opinioni e il proprio dissenso. E a nessuno fanno piacere norme severissime e pene pesanti a danno di chi manifesta, anche perché la sanzione che oggi colpisce altri domani potrebbe colpire noi. Posto dunque che la contestazione e la protesta sono sacrosante e intoccabili in una democrazia che si rispetti, viene comunque da rilevare un paio di elementi riguardo a ciò che scrive il relatore speciale dell’Onu. Tanto per cominciare, è persino legittimo che egli inviti gli Stati a non infierire troppo sui movimentisti, ma non si capisce a che titolo costui insista a indicare le politiche che i governi dovrebbero mettere in campo per risolvere la crisi ambientale. Un conto è pretendere rispetto per chi sfila, un altro è sostenere che chi lo fa abbia ragione e vada accontentato. Ed è qui che sorge la seconda osservazione: se il dissenso è davvero intoccabile, e se la repressione è un rischio così grande, per quale motivo le Nazioni Unite non intervengono mai quando si verificano episodi repressivi ai danni di soggetti meno graditi al mainstream? La sensazione è che gli ecologisti godano di una corsia preferenziale, poiché risultano utili al potere: credono di contestarlo ma nei fatti lo sostengono o vengono sfruttati a beneficio di cause poco nobili e molto convenienti. Non risulta, tanto per dire, che l’Onu abbia mai speso parecchio fiato per i critici del green pass colpiti da idranti o per quanti hanno, negli anni, sfilato per altri obiettivi che non fossero la riduzione delle emissioni di CO2. Al solito, il dissenso va bene solo se non disturba il manovratore. Meglio: se lo compiace.
L'ex procuratore di Pavia Mario Venditti (Ansa)
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