2024-09-14
Ue ridicola, 19 ministri non vanno da Orbán
All’Ecofin di Budapest sono intervenuti solo otto governi su 27 e nessun membro della Commissione. Sceneggiata senza precedenti cui l’Italia non ha partecipato essendo presente Giorgetti. Il presidente ungherese snobbato per i viaggi a Mosca.L’euroschiaffo a Viktor Orbán è riuscito, ma non è servito a nulla. Alle riunioni di ieri dell’Ecofin e dell’Eurogruppo, convocate a Budapest, non si sono presentati i rappresentanti dei due terzi dei paesi membri, a cominciare da Francia, Germania e Spagna. Una ritorsione per la visita del premier ungherese a Vladimir Putin, ai primi di luglio, ufficialmente per discutere di «pace». Le riunioni di ieri, però, si sono tenute egualmente (tanto erano informali) e si è discusso di crescita, prezzi e bilanci statali. Non si è deciso nulla e neppure sono emerse particolari novità, fatto non proprio inedito, ma Pascal Donohoe, presidente dell’Eurogruppo, ha difeso la scelta di convocare la riunione: «Ci occupiamo di problemi che riguardano le persone che serviamo, il loro tenore di vita, il loro lavoro, le loro prospettive future e quel lavoro si svolge ora per ora, giorno per giorno». Insomma, inutile fare ritorsioni.Ieri a Budapest si sono presentati, per l’Ecofin, nove ministri dell’Economia tra cui Giancarlo Giorgetti e i suoi colleghi di Ungheria, Belgio, Bulgaria, Croazia, Cipro, Lussemburgo, Malta, Slovenia e Slovacchia. Stessa formazione per l’Eurogruppo, che è un organismo informale dove si discutono in generale le politiche economiche, ma va detto che ieri era previsto che fosse informale anche l’Ecofin. E questo aiuta a capire che il boicottaggio è stato più che altro simbolico, anche se va aggiunto un dato politico importante: a Budapest non si sono presentati neppure Paolo Gentiloni, commissario Ue uscente all’Economia, e il vicepresidente Valdis Dombrovskis. La Commissione quindi era rappresentata solo dal direttore generale Maarten Verwey. Mentre i paesi che hanno boicottato l’appuntamento hanno mandato viceministri e direttori generali. Il motivo del contendere, al di là della lunga querelle tra Orbán e l’Unione per alcune leggi ungheresi e relative sanzioni comunitarie, è il viaggio a Mosca dei primi di luglio. Orbán è in ottimi rapporti con Putin e questo non è stato ritenuto una carta in più da giocare nella ricerca della pace, ma una grave incrinatura dell’asse tra Ue, Nato e Stati Uniti. Per questo motivo, ad agosto, l’Alto rappresentante per la politica estera, il falco Josep Borrell (favorevole all’utilizzo di armi Ue sul suolo russo), aveva tenuto i Consigli Esteri e Difesa a Bruxelles, impedendo a Budapest di ospitarli. Il ministro ungherese Judit Varga non ha fatto polemiche e ai cronisti ha detto: «Non sono delusa perché ogni Paese ha diritto di decidere sulla propria rappresentanza». Mentre l’irlandese Donohoe ha spiegato così la conferma di Budapest: «L’Eurogruppo è un’istituzione politica diversa rispetto al Consiglio Ue, è un’istituzione informale in cui i ministri si riuniscono a intervalli molto regolari con un importante lavoro condiviso che deve continuare. E poi ha sottolineato che in questa sede ci si occupa «dei problemi delle persone». Tuttavia, anche ieri si è rimasti sulle generali e sui massimi sistemi. Donohoe ha detto di aspettarsi che, con il nuovo Patto di Stabilità, tutti i Paesi presentino delle finanziarie «credibili e complete». Sarebbe stata una notizia se fosse emerso il contrario. Poi è arrivato il responsabile del Mes, Pierre Gramegna, uno che di solito non porta buone notizie, il quale si è detto preoccupato per la volatilità del mercato dei bond governativi. Con lo spread con la Germania a 130 punti, ben sotto i livelli dell’acclamato governo Draghi, l’Italia non è però che sia molto in pensiero. Infine, l’appuntamento boicottato ha visto anche la partecipazione dei vertici Ocse, che hanno discettato di «finanziamento sostenibile della transizione verde». Con l’industria dell’auto europea che sta quasi fallendo per colpa della suddetta transizione verde dev’essere stato un pomeriggio davvero surreale. E’ invece molto concreto lo scontro tra partiti per la nomina dei nuovi commissari, compresa la vicepresidenza a Raffaele Fitto che non piace a verdi e liberali. Ieri non sono emerse particolari novità e Ursula von der Leyen, che in fondo è sostenuta da una coalizione di sconfitti, tiene duro sulle proprie scelte. Sulla vicenda è intervenuto Guido Crosetto, in versione pompiere. Il ministro della Difesa, a Fiesole per ricordare tre carabinieri che si fecero uccidere dai nazisti per risparmiare la vita a 10 civili, ha spiegato: «Non vedo nessun impasse su Fitto, vedo più impasse sulla stampa italiana che non a livello di Commissione Ue». Del resto, anche dai movimenti più o meno sotterranei del Pd in Europa, si era intuito che contro Fitto c’è chi sta montando la panna (non proprio dell’interesse dell’Italia). Alla fine, di questa giornata di Budapest, che sarebbe stata inutile lo stesso anche a 27, restano uno schiaffo a Orbán e una valutazione assai discutibile, visto che il premier ungherese può piacere o meno, ma è un politico di assoluta caratura.
Jose Mourinho (Getty Images)