2018-08-06
Ecco quanti soldi intasca la Lady Sprar dell’Arci (che sostiene gli abusivi)
Anna Caputo difende gli irregolari in spiaggia e attacca il ministro Matteo Salvini. Con l'accoglienza degli immigrati ha creato un business da 4 milioni di euro.In questo Paese, non sei nessuno se non attacchi Matteo Salvini. Se lo fanno rapper, cantautrici, nani e ballerine, tutto rimane confinato all'ambito del folklore. Ma se lo fa un'attivista nel campo dell'accoglienza allo scopo di difendere i venditori abusivi (che, com'è noto, alimentano il racket e danneggiano i nostri commercianti), allora deve aspettarsi che qualcuno vada a farle le pulci. Ed è quello che La Verità ha fatto con Anna Caputo, direttrice del circolo Arci di Lecce nonché consigliera nazionale dell'associazione di promozione sociale fondata a Firenze nel 1957.Quella che, vedremo perché, potrebbe essere ribattezzata Lady Sprar (il Servizio di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), qualche giorno fa aveva fatto diffondere una nota con cui condannava la circolare del ministero dell'Interno che imponeva una stretta sul commercio abusivo in spiaggia, dando disposizione di allontanare i venditori ambulanti e minacciando di elevare multe fino a 7.000 euro per chiunque avesse acquistato merce da loro. Una decisione che l'Arci leccese non ha digerito: «Condanniamo con fermezza la scelta del Viminale», si leggeva nel comunicato, poiché «nel nome della sicurezza ha lanciato l'ennesima demonizzazione dei migranti. Riteniamo caratteristico e pittoresco il passaggio dei venditori sulla spiaggia, tutt'altro che irregolari visto che la stragrande maggioranza di essi possiede apposita licenza per vendere e gode di un regime forfettario come tanti altri venditori ambulanti».Insomma, per l'associazione di note inclinazioni politiche rosse, i vucumprà e i massaggiatori sono più simili alle partite Iva che ai mendicanti. E sono pure «un pezzo della nostra identità». Perciò, il circolo leccese ha annunciato che metterà insieme un team di avvocati pronti a offrire tutela legale a chi dovesse ricevere una contravvenzione. Iniziativa di vera e propria istigazione a violare la legge che non era sfuggita a Salvini, il quale, su Twitter, aveva commentato: «Evidentemente a sinistra preferiscono tutelare l'illegalità, l'abusivismo e le merci contraffatte». La polemica è insomma valsa il classico quarto d'ora di celebrità a una finora semisconosciuta attivista di provincia, che però, come tanti altri professionisti della carità, ha più di un motivo per supportare fino alla disobbedienza (in)civile la causa degli immigrati. Lungi da noi, ovviamente, insinuare in qualche modo che le attività svolte dalla signora Caputo e dalla sua associazione siano illecite. Ma è pur vero che legale non significa gratuito. Tant'è che il buon cuore della Caputo costa agli italiani parecchi milioni di euro.L'Arci leccese è un vero e proprio punto di riferimento per le prefetture e i Comuni salentini che devono organizzare la collocazione dei richiedenti asilo e degli aventi diritto alla protezione umanitaria sussidiaria. Basta dare un'occhiata alle innumerevoli iniziative avviate dall'associazione sul territorio nell'ambito del sistema Sprar, alcune delle quali anche lodevoli: è il caso di «Soffio verde», progetto volto a coinvolgere i migranti nella pulizia del verde pubblico. Tra le prime città che lo scorso anno avevano aderito alla campagna c'era il Comune di Campi Salentina, dove all'ex sindaco Egidio Zacheo, da poco dimessosi per dissapori con la sua maggioranza, dovevano stare parecchio a cuore i programmi ideati dall'Arci della Caputo. In effetti, l'associazione di promozione sociale ha ricevuto parecchie commesse dall'amministrazione locale, dopo aver vinto i relativi bandi di concorso. Si pensi ad esempio al progetto finalizzato all'accoglienza dei minori non accompagnati per il triennio 2017-2019. Lo Sprar di Campi Salentina può ospitare da un minimo di 10 a un massimo di 60 persone. Calcolando che, per ogni migrante, Roma trasferisce ai benefattori dell'Arci la fatidica cifra di 34 euro al giorno, ecco che si arriva al valore complessivo dichiarato nei documenti relativi all'appalto: 1.208.595 euro (di cui circa 61.000 cofinanziati dallo stesso aggiudicatario), fondi che arrivano proprio dal dicastero ora occupato dall'odiato Salvini (ossia dalle tasche dei contribuenti). Naturalmente, in questa cifra deve rientrare un'ampia gamma di servizi. Il Comune, nel bando, ha richiesto che il gestore si occupasse di «formazione e riqualificazione professionale, orientamento e accompagnamento all'inserimento lavorativo, abitativo e sociale». E noi cittadini paganti ci auguriamo davvero che il nostro denaro sia usato per aiutare gli immigrati a farsi una vita, anziché per lasciarli vendere collanine e braccialetti tra gli ombrelloni.La potenza umanitaria della Lady Sprar Anna Caputo, però, non si ferma a Campi Salentina. La prefettura di Lecce, ad esempio, ha da poche settimane affidato alla stessa associazione una quota di due dei tre lotti per la gestione dell'«accoglienza temporanea di migranti richiedenti protezione internazionale», per il periodo dal 6 luglio al 31 dicembre 2018. A disposizione ci sono 1.758 posti in tutta la provincia, suddivisi in tre sezioni, ciascuna da 586 posti, all'interno delle quali la prefettura ha poi selezionato varie cooperative. Tra di esse, appunto, l'onnipresente Arci, che si è presa in carico la sua porzione dei lotti 1 e 3 offrendosi di prendersi cura dei migranti per i canonici 34 euro al giorno cadauno. Per il primo lotto, dividerà i 586 ospiti con altre sette cooperative; per il secondo, con altre dieci. Dovrebbe quindi accogliere in totale circa 125 persone. 34 euro al giorno, per 180 giorni, per 125 migranti fa circa 765.000 euro. Tra i committenti c'è poi il Comune di Trepuzzi, in cui ha la sede l'Arci stessa. Che si è assunta l'onere di gestire il «progetto Refugee», finalizzato all'accoglienza dei richiedenti asilo e dei loro familiari, alla tutela dei rifugiati e degli stranieri destinati ad altre forme di protezione umanitaria. Anche lo Sprar del Comune di Trepuzzi conta 60 posti. I 34 euro al giorno pro capite spiegano l'ammontare del denaro pubblico stanziato: 730.000 euro l'anno per ciascuno dei tre anni (2.190.000 euro complessivi), più altri 36.523 euro annui erogati dal Comune.Vediamo allora quanti soldi maneggia Anna Caputo, la paladina degli abusivi «caratteristici e pittoreschi». Per il triennio 2017-2019, fra le commesse di Campi Salentina, Trepuzzi e della prefettura di Lecce, Lady Sprar ci costerà intorno ai 4.200.000 euro. Una cifra che bonariamente fa proprio il nobile principio dello «scurdammoce 'o passato» e che quindi tiene conto solo dei casi più recenti. Senza risalire, cioè, alle analoghe prestazioni che l'Arci leccese ha erogato negli anni precedenti. Ad esempio, nel 2014 l'associazione vinse un bando di gara della prefettura per accogliere 150 migranti dal 28 novembre al 31 dicembre, per la cifra di 30 euro al giorno (29,99 per l'esattezza). Totale: 148.500 euro. Visti gli «ingenti afflussi di profughi», la prefettura concesse però all'Arci una proroga di tre mesi, stanziando pertanto un totale di 404.865 euro per i 90 giorni di «messa a disposizione di posti straordinari per la prima accoglienza dei cittadini stranieri temporaneamente presenti sul territorio».Sotto la gestione della Caputo, d'altronde, l'Arci non si è limitata a fare incetta di richiedenti asilo, ma ha messo in piedi una sorta di impero ideologico. Ed essendo un'associazione di «promozione» sociale, ha «promosso» il credo immigrazionista tra le giovani generazioni. A maggio di quest'anno, ha portato gli ospiti dello Sprar di Tricase nella locale scuola dell'infanzia a leggere le filastrocche ai bambini. Inoltre, per abbracciare l'intero ciclo vitale dello studente, dal 23 al 25 luglio ha organizzato una summer school sulle politiche migratorie all'Università del Salento.Quella di Lady Sprar non è certo l'unica storia di una cooperativa rossa che si butta a capofitto nel business dei migranti. Le Arci non hanno l'obbligo di pubblicare i bilanci e quindi non ci è dato sapere se e quanto abbia fruttato la carità a spese degli italiani. Ma altri casi aiutano a farsi un'idea del ruolo che giocano i richiedenti asilo nel business di alcune società.C'è l'esempio di Camelot, una cooperativa ferrarese che grazie all'immigrazione ha fatto lievitare i propri bilanci. Il fatturato è passato da circa 4 milioni e mezzo di euro nel 2015 a quasi 9 milioni nel 2016 e a 14 milioni nel 2017: di questi, nel 2015 oltre la metà proveniva dall'immigrazione, percentuale aumentata nel 2016, quando i flussi di cassa derivanti dall'accoglienza ammontavano a oltre 7 milioni, diventati addirittura quasi 12 milioni nel 2017. C'è Caleidos di Modena, che si vanta di aver accolto 1.000 richiedenti asilo nel 2016 e che in quell'anno ha fatturato 12.969.924 euro, quasi 5 milioni in più dell'anno precedente (anche se l'utile si è contratto, da quasi 300.000 a circa 165.000 euro). C'è la cooperativa Olinda di Mantova, che nel 2014 ha iniziato ad accogliere i profughi incrementando il proprio fatturato: da poco più di 1.730.000 euro ai 6.747.659 del 2016, diventati 8.856.372 nel 2017. C'è la Faber dello psicoterapeuta Fabio Garavaglia, con sede a Inveruno nel milanese, che incominciando a ospitare gli immigrati grazie agli affidamenti diretti della prefettura di Pavia, ha raddoppiato il fatturato: dai 334.336 euro del 2013 ai 710.420 euro del 2014, divenuti 1.924.890 euro nel 2015 e 2.359.410 nel 2016. Ma il caso più eclatante è forse quello di Maleventum, cooperativa di Benevento ideata da Paolo Di Donato, imprenditore, ex consigliere comunale del suo paese, Sant'Agata de' Goti, fraterno amico di Clemente Mastella e personaggio singolare, che su Facebook si mostrava a bordo di una Ferrari. Nel 2015 venne pizzicato ad ammassare i 770 profughi a lui affidati in una palazzina fatiscente e sovraffollata di una frazione di Benevento. La sua società, in quell'anno, si era assicurata circa 9 milioni di euro per la gestione dell'accoglienza, con utili che, per l'ultimo bilancio disponibile (2016), ammontano a oltre 1.300.000 euro.Abbiamo provato a contattare telefonicamente Anna Caputo per consentirle una replica, ma non siamo riusciti a parlare con lei. Rimaniamo pertanto a sua a disposizione qualora voglia fare dei chiarimenti.
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