
Non esiste la libertà senza la verità. E ormai dire la verità è diventato rivoluzionario: il politicamente corretto ci ha resi schiavi. Chi lo infrange non finisce più in cella come nei regimi di una volta, ma viene posto ai margini della società, umiliato e isolato.La libertà non consiste nel fare quello che si vuole - questa è la prerogativa dell'infantilismo capriccioso - ma nel prendere su di sé il peso di quello che si sta facendo. La libertà, cioè, è fatta di doveri e di un diritto terribile: assumersi la responsabilità e pagarne il costo. La libertà di parola, in primis, necessita dell'incredibile, ma anche irrinunciabile, coraggio di dire quello che si sta pensando, quello che si giudica vero, anche se ci porterà a essere perseguitati, odiati. Magari saremo odiati perfino da chi amavamo, da chi amiamo moltissimo. Ma è proprio per questo che non dobbiamo mollare, perché dove non c'è libertà, non c'è verità e neanche amore. Possono esserci pessima panna montata, infimo zucchero filato, fiocchetti rosa e cuoricini, scemate, love is love. Questa è paccottiglia. La libertà non può essere disgiunta dalla verità e la verità non può essere disgiunta dal coraggio. Per la libertà occorre combattere ogni istante, basta una distrazione perché si spampani, si perda. E, per riconquistarla, ci vorranno lacrime e sangue. Abbiamo ceduto la nostra libertà alla buona educazione, alla delirante idea che non bisogna mai dire nulla che, anche se è vero, potrebbe offendere qualcuno. L'offesa è un dolore per gli isterici mentre per le persone normali non è divertente ma è, tutto sommato, irrilevante. L'offesa è intollerabile per le dittature e per i pensieri dittatoriali, che non reggerebbero a una frattura nel granito fasullo della loro propaganda.Noi, mondo occidentale, abbiamo ottenuto la libertà - ce l'avevano conquistata i nostri antenati - ma vi abbiamo rinunciato in nome del politicamente corretto. Un bavaglio impressionante, paragonabile alle dittature di media qualità. Violare il politicamente corretto non porta in cella con le gambe fracassate, come succedeva e succede nelle dittature di alta qualità, ma ti fa perdere il lavoro, ti impoverisce, ti isola socialmente.Come diceva George Orwell, l'autore di «1984», la più micidiale distopia del secolo ventesimo, nell'ora dell'inganno universale dire la verità è un atto rivoluzionario, assumersi la responsabilità di dire la verità, è, cioè, un atto - l'unico - con la potenza e la potenzialità di destabilizzare la dittatura della menzogna. Il politicamente corretto è menzogna. A furia di essere cortesi tutte le religioni si equivalgono, abbiamo tribunali islamici in Regno Unito che applicano il diritto di famiglia secondo la sharia, il terrorismo islamico nelle strade, ma è importante dire che sono tutti pazzerelli isolati, uomini travestiti da prostitute leggono fiabe ai bimbi negli asili. Un sistema micidiale per destabilizzare il giudizio: non fidarti del tuo giudizio, tu lo trovi ripugnante e vorresti fuggire, impara a fidarti del sistema. Se il sistema te l'ha messo davanti, è buono.L'atto rivoluzionario di dire la verità è stato annientato da quella falsa rivoluzione che è stato il 1968. Il politicamente corretto, tutto sommato, è nato lì, in mezzo a quelle finte barricate, ai falsi combattenti da farsa che, però, hanno lasciato a terra morti veri, che non sono rimasti defunti anche quando i loro assassini dichiarati ex qualche cosa, sono stati nominati giornalisti o docenti. Il politicamente corretto è nato in mezzo a degli autentici cialtroni che hanno bloccato l'università e ottenuto il 18 politico perché non erano abbastanza intelligenti per superare correttamente gli esami. Nel 1968 è nato l'indistinto come valore: tutti con i jeans così siamo uguali, perché gli uomini sono tutti uguali, le religioni tutte uguali, i popoli tutti uguali, tutto intercambiabile. Dare giudizi, avere opinioni, anche un sesso ben definito, potrebbe offendere qualcuno e quindi deve essere vietato, a meno che tu non sia islamico o gay. Allora, puoi scrivere che le donne sono esseri inferiori o che l'eterosessualità è da esseri inferiori. Se sei gay, puoi scrivere che è un'esperienza eccitante farsi spogliare da un bambino come fece Daniel Cohn-Bendit e che possiamo desiderare eroticamente i bambini come scrisse Mario Mieli. Il politicamente corretto è la dittatura delle minoranze. L'essere indifferenziati ora è obbligo. Ci è stata tolta anche la libertà di andare all'inferno. La bontà di cuore per mantenere migranti, al 90% maschi islamici in età militare, dovrebbe essere un moto spontaneo dell'anima. La generosità e l'accoglienza sono valori religiosi. Non possono essere civili. E se sono imposti dall'alto da uno Stato dannatamente buono, questo sta diventando una teocrazia. Sono disposta a combattere, morire per il mio diritto di essere cattiva. Mi pare una libertà fondamentale, soprattutto ora con il rischio del governo degli accoglienti. A me sembra che quelli tanto buoni abbiano un odio profondo per i più deboli, i più poveri, i più indifesi, i cittadini delle periferie che hanno come unica possibilità la panchina dei giardinetti ma oggi la trovano occupata da spacciatori nigeriani con eroina o, se fortunati, senegalesi con cannabis. La libertà di andare in giro nelle nostre strade tranquille, magari anche di notte, noi femminucce ce la siamo giocata. In compenso, abbiamo le quote rosa: gli elettori non hanno più la libertà di votare un maschio, una donna con meno voti passa davanti a un uomo con più voti. La volontà popolare è calpestata. La libertà, inclusa quella di andare all'inferno, mi arriva da Dio, e nessuno Stato me la può togliere. Dal punto di vista umano, invece, è stata conquistata. In parecchi sono finiti davanti a plotoni di esecuzione, impiccati, sul rogo. Queste libertà conquistate con lacrime e sangue vale la pena di difenderle con lacrime e sangue. Libertà, verità e giustizia sono i tre valori che si reggono l'uno sull'altro. Persa una, perse tutte.La libertà dell'uno finisce dove comincia quella dell'altro. Se gonfiamo la nostra libertà, così da danneggiare l'altro, non facciamoci illusioni: il conto ci verrà presentato. Gli uomini devono rinunciare alla loro libertà di andarsene da una donna che porta un loro figlio nel ventre, di non mantenerlo col proprio lavoro, anche da schiavo: quel lavoro da schiavo sarà la loro libertà. Noi donne dobbiamo combattere per la libertà dei figli che abbiamo concepito, anche se quel figlio è stato concepito contro la nostra volontà. Perché la nostra libertà non può cozzare contro la libertà di un altro di restare vivo. Se a una donna è riconosciuto il diritto di far morire il bimbo che porta nel ventre, allora deve essere altrettanto sacro il diritto di un uomo di far morire di fame il suo bimbo semplicemente perché non desidera mantenerlo e non vuole rinunciare alla libertà di vivere la sua vita. La libertà, invece, è responsabilità, sacrificio, ferite, lacrime e sangue.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».
Antonio Scoppetta (Ansa)
- Nell’inchiesta spunta Alberto Marchesi, dal passato turbolento e gran frequentatore di sale da gioco con toghe e carabinieri
- Ora i loro legali meditano di denunciare la Procura per possibile falso ideologico.
Lo speciale contiene due articoli
92 giorni di cella insieme con Cleo Stefanescu, nipote di uno dei personaggi tornati di moda intorno all’omicidio di Garlasco: Flavius Savu, il rumeno che avrebbe ricattato il vicerettore del santuario della Bozzola accusato di molestie.
Marchesi ha vissuto in bilico tra l’abisso e la resurrezione, tra campi agricoli e casinò, dove, tra un processo e l’altro, si recava con magistrati e carabinieri. Sostiene di essere in cura per ludopatia dal 1987, ma resta un gran frequentatore di case da gioco, a partire da quella di Campione d’Italia, dove l’ex procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti è stato presidente fino a settembre.
Dopo i problemi con la droga si è reinventato agricoltore, ha creato un’azienda ed è diventato presidente del Consorzio forestale di Pavia, un mondo su cui vegliano i carabinieri della Forestale, quelli da cui provenivano alcuni dei militari finiti sotto inchiesta per svariati reati, come il maresciallo Antonio Scoppetta (Marchesi lo conosce da almeno vent’anni).
Mucche (iStock)
In Danimarca è obbligatorio per legge un additivo al mangime che riduce la CO2. Allevatori furiosi perché si munge di meno, la qualità cala e i capi stanno morendo.
«L’errore? Il delirio di onnipotenza per avere tutto e subito: lo dico mentre a Belém aprono la Cop30, ma gli effetti sul clima partendo dalle stalle non si bloccano per decreto». Chi parla è il professor Giuseppe Pulina, uno dei massimi scienziati sulle produzioni animali, presidente di Carni sostenibili. Il caso scoppia in Danimarca; gli allevatori sono sul piede di guerra - per dirla con la famosissima lettera di Totò e Peppino - «specie quest’anno che c’è stata la grande moria delle vacche». Come voi ben sapete, hanno aggiunto al loro governo (primo al mondo a inventarsi una tassa sui «peti» di bovini e maiali), che gli impone per legge di alimentare le vacche con un additivo, il Bovaer del colosso chimico svizzero-olandese Dsm-Firmenich (13 miliardi di fatturato 30.000 dipendenti), capace di ridurre le flatulenze animali del 40%.





