2024-04-25
Ecco cosa succede davvero in un consultorio
Le risse sul governo che apre le strutture ai pro life, come previsto nella legge 194, sono inutili perché alcune offrono già dei sostegni e ascolto, mentre altre seguono soltanto la donna nel suo «diritto» ma senza darle alternative. I ginecologi: «Ben venga un aiuto».Due giorni fa, il Senato ha approvato in via definitiva l’emendamento al Pnrr in base al quale le Regioni, nell’organizzare i servizi dei consultori previsti dalla legge 194, «possono avvalersi, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, anche del coinvolgimento di soggetti del Terzo settore che abbiano una qualificata esperienza nel sostegno alla maternità».La persona giusta al momento giusto, forse, per cambiare idea sulla maternità a cui si rinuncia. Dovrebbero offrire questo i consultori, alle donne che pensano di abortire, escludendo in questo contesto la circostanza drammatica della gravidanza frutto di violenza subita che merita altra considerazione. Il più delle volte, l’Ivg rappresenta una non scelta, dettata da difficoltà economiche, dall’assenza di un lavoro, da precarietà affettive e familiari che giustamente spaventano. Sconvolgono al punto da sottoporsi a un trattamento farmacologico o a un intervento chirurgico pur di interrompere il battito di quella creatura che ha iniziato a vivere nel grembo e che scatena tanti timori. Siamo andati a vedere che cosa succede davvero dentro i consultori.«Il nostro obiettivo non è far cambiare idea alla donna che intende abortire. Vogliamo il suo benessere, la ascoltiamo, spieghiamo l’iter, chiediamo se ha bisogno di sostegno. Però, di fronte alla domanda di interruzione volontaria della gravidanza, noi forniamo il certificato nello stesso giorno. La legge non prevede perdite di tempo, l’Ivg deve essere fatta entro la dodicesima settimana. Poi la signora può ripensarci, ma accade solo nel 5% dei casi». Giorgia Mattavelli, psicologa e psicoterapeuta, coordina l’Aied di Milano che fa parte della rete di centri dell’Associazione italiana per l’educazione demografica, attiva dalla metà degli anni Cinquanta in diverse città italiane. La dottoressa spiega che l’attività principale del consultorio, privato e accreditato con Regione Lombardia, «è la prevenzione e la formazione. Le richieste di Ivg rappresentano solo il 5% delle domande che vengono rivolte al nostro centro, dove già sono presenti l’ostetrica, l’assistente sociale, lo psicologo, a vario titolo deputati al sostegno della maternità. Ci chiediamo quali ulteriori competenze possano avere le figure introdotte dalla nuova norma». La 194 garantisce il diritto all’Ivg, ma solo se si è cercato di «rimuovere le cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione di gravidanza». La legge non intende l’Ivg come espressione dell’autodeterminazione sul proprio corpo, non asseconda l’ideologia cara alla sinistra, anzi sostiene «il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio», pur prevedendo il ricorso all’aborto quando, per la donna, «la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari».Fanno quest’opera di informazione i consultori che operano sul territorio? «Noi sosteniamo la donna nella sua scelta, qualunque essa sia», precisa Mattavelli. «Vogliamo capire quale formazione hanno i “nuovi” volontari, che scopo hanno, solo allora potrò dire se mi preoccupa o no la loro presenza nei consultori».Pro vita & famiglia ha già detto che non metterà piede in queste strutture «perché la nostra azione è per la sensibilizzazione pubblica e l’influenza politica tramite campagne nazionali», quindi le figure previste non saranno «talebani dei diritti del feto», muniti di «gadget atroci». La Società italiana di ostetricia e ginecologia (Sigo), in una nota, fa sapere che «Sono anni che la ginecologia italiana chiede una loro implementazione (dei consultori, ndr), con completamento delle equipe multidisciplinari, così come immaginato da dalla legge istitutiva che risale al 1975 e che già allora prefigurava un'integrazione tra sanitari e personale sociale e un approccio multidisciplinare come buona pratica di una medicina innovativa».Le alternative concrete oggi sono fornite in misura marginale, per assenza di fondi (pochissime le Regioni che prevedono aiuti) a sostegno delle donne in difficoltà nel portare a termine la gravidanza, ma anche per ragioni ideologiche. Intorno al presunto diritto femminile di decidere per la vita e per la morte, le barricate sono così compatte e trasversal i che ogni messa in discussione viene calpestata sul nascere.Se invece di gestire il rilascio dell’Ivg come una pratica da sportello, i consultori venissero dotati di persone (e mezzi) per aiutare le donne a compiere delle scelte meno tremende e dolorose, come indica la 194, sarebbero più che positive le finalità dell’emendamento oggi osteggiato a priori e senza ragione.Sono 1.871 i consultori familiari pubblici censiti nel 2021, secondo l’ultimo rapporto del ministero della Salute che segnalava 63.653 Ivg effettuate in quell’anno. Nel 2021, il 40,2% delle Ivg è stato effettuato da donne senza figli, valore in aumento rispetto all’anno precedente e a conferma di quanto incida sulla denatalità. Il 42,8% delle interruzioni è stato rilasciato dai consultori (era il 24,2% nel 1983).«Non siamo noi a cercare le donne che si presentano al Cav. E mai le richiamiamo dopo un colloquio: costa tanta fatica non farlo, ma rispettiamo totalmente la libera scelta di interrompere o no la gravidanza. Per fortuna almeno il 98% torna, accettando l’aiuto anche a economico a far nascere il figlio». Soemia Sibillo dirige il Centro aiuto vita che ha sede nella Clinica Mangiagalli di Milano, ospedale dove pure si praticano Ivg ma che dal 1984, con la mitica fondatrice Paola Bonzi e grazie alla volontà del ginecologo non obiettore Giorgio Pardi (entrambi deceduti), accoglie una struttura capace di dare ascolto e offrire soluzioni diverse dal solo certificato per poter abortire. «Siamo laici, da noi una donna trova psicologi, ostetriche, assistenti familiari, medici, alcuni volontari altri stipendiati. Figure previste dall’emendamento approvato e che già mettiamo a disposizione», spiega la direttrice.Chiede maggiori collaborazioni tra Cav e consultori, proprio per dare alternative alle donne spaventate o con dubbi: «Cercano vicinanza e accoglienza. Molte hanno bisogno di un alloggio, non sanno come pagare le bollette, i pannolini. Riusciamo a offrire assistenza fino a un anno dopo la nascita del bimbo e solo grazie ad aiuti, a elargizioni. Il sostegno alla maternità passa attraverso l’ascolto, ma anche la soluzione dei problemi pratici», conclude Sibillo.