2025-04-26
Ecco come la sinistra sconfitta ha «occupato» la liberazione
Sala polemizza con il governo e afferma che il 25 aprile, a Milano, non è mai andato sopra le righe. E invece è dal 1994 che i teppisti spadroneggiano. Contestarono pure la Moratti col padre deportato. E per la Meloni non manca mai l’evocazione di piazzale Loreto.Pietro Nenni, storico capo del Partito socialista italiano che il fascismo lo ha conosciuto per davvero finendo al confino a Ponza, diceva che a fare i puri si trova sempre qualcuno più puro di te che ti epura. Questa volta è toccato a Beppe Sala, sindaco di Milano e aspirante leader della sinistra, che ieri ha provato a mettersi alla testa delle manifestazioni per la Liberazione, attaccando il governo. «L’invito alla sobrietà per le celebrazioni del 25 aprile è incomprensibile. È un messaggio fuorviante che tende a dare un segno negativo a chi in tutti questi anni è sceso in piazza. C’è sempre sobrietà, a Milano in chi ha manifestato per il 25 aprile». Neanche il tempo di finire la frase, che un gruppo di pro Pal ha cominciato a contestarlo, insultandolo, intonando slogan sotto il palco, al grido di Palestina libera, vergogna, fuori i sionisti dal 25 aprile. Insomma, la sobrietà tanto decantata da Sala non si è vista. Del resto, lui stesso non si è distinto per pacatezza ed equilibrio, visto che ha voluto appropriarsi dell’immagine di papa Francesco a cadavere ancora caldo, dicendo che il pontefice in passato si era definito partigiano. Non contento, il sindaco in cerca di un ruolo (la scadenza del mandato si avvicina) ha aggiunto che ora bisogna essere partigiani dell’Europa. Già me li vedo gli eroi della Liberazione pronti a combattere sui monti per Ursula von der Leyen. Immagino le Brigate Garibaldi darsi alla macchia in difesa di Bruxelles e della curvatura delle banane. Ma l’aspetto meno veritiero dei discorsi sulla sobrietà è dato dal fatto che dal 1994, cioè da quando Silvio Berlusconi vinse le elezioni contro la gioiosa macchina da guerra della sinistra post comunista, il 25 aprile è diventata la manifestazione che celebra non la libertà, ma un tentativo di rivincita contro le libere decisioni degli italiani, determinati a scegliere da chi farsi governare e quasi mai intenzionati ad affidarsi ai compagni. Ricordo bene che cosa accadde poche settimane dopo la sconfitta di Achille Occhetto. A Milano, la delegazione della Lega fu vittima di contestazioni feroci. Chi non ne avesse memoria potrebbe consultare l’archivio dell’Unità: «Bossi accompagnato da un uragano di insulti. Da Porta Venezia a Palazzo Marino è un coro continuo di fascista, buffone, traditore. Quaranta minuti di contestazione». «Ti faremo fare una brutta fine in piazzale Loreto». «Traditore, finirai come Mussolini». «Sulla testa dei leghisti piove di tutto: lattine, bottiglie, ombrelli, monetine, palle di carta bagnata. In piazza della Scala vengono fermati dal lancio di zolle di terra raccattata nelle aiuole di Palazzo Marino». Alla fine, i capi del Carroccio - il cui unico torto era di essersi alleati con Berlusconi e di aver contribuito alla sconfitta del Pds - saranno portati via in auto. Anni dopo, lo stesso trattamento sarà riservato a Letizia Moratti e suo padre, ex deportato al campo di concentramento di Dachau e decorato con medaglia alla Resistenza dal presidente Ciampi. Netanyahu non c’era, ma gli slogan contro Paolo Brichetto, padre dell’allora candidata di centrodestra ed ex componente della Brigata ebraica che combatté contro i nazifascisti, furono i seguenti: «Intifada, Palestina libera, Palestina rossa, Israele stato terrorista». Il Corriere della Sera scrisse: «È rosso il colore che ha dominato il corteo dell’anniversario della Liberazione». Sputi, insulti, bandiere bruciate: alla fine Letizia Moratti, con il padre in carrozzina, fu costretta a lasciare il corteo. Negli anni successivi queste scene si sono ripetute e nel 2024 si sono registrati perfino degli scontri in piazza Duomo con i manifestanti pro Palestina. Insomma, proprio come dice Sala, un clima molto sobrio. Ma se la Milano pacifica, che secondo il sindaco celebra la festa della Liberazione, ha trasformato il 25 aprile in un’occasione per contestare la parte politica che ha vinto le elezioni contro la sinistra, Roma non è da meno. Nel 2009, al sindaco di Roma Gianni Alemanno fu impedito di salire sul palco. Nel 2010, la governatrice del Lazio, Renata Polverini, fu contestata con lancio di frutta e un limone colpì a un occhio l’allora presidente della Provincia, Nicola Zingaretti, che le stava a fianco sul palco. Due anni fa, invece, sobrissime frasi furono rivolte contro Giorgia Meloni, appena divenuta premier: «Ieri Mussolini, oggi Meloni, a piazzale Loreto sono tanti i lampioni». Ovviamente, insieme ai cori e agli insulti, in tutte queste manifestazioni non si conta il numero delle bandiere rosse che, come scrisse il Corriere, è il colore dominante. Poi si domandano perché il centrodestra non considera il 25 aprile la festa di tutti gli italiani. Ormai non è più l’anniversario della Liberazione, ma la celebrazione della giornata del rancore degli sconfitti.