2025-01-19
È nato il nuovo partito delle tasse. Ruffini predica, benedice Mortadella
Ernesto Maria Ruffini (Ansa)
Romano Prodi e Graziano Delrio battezzano a Milano Comunità democratica. Un centrino cattodem per lanciare l’ex esattore, che apre già a Fi invocando la «maggioranza Ursula». Valter Verini e Maria Elena Boschi lo gelano: «Non parliamo di leader».Non è un caso che la nuova combriccola centrista guidata dall’ex premier Romano Prodi e dall’ex esattore delle tasse Ernesto Maria Ruffini abbia scelto il 18 gennaio per lanciare la nuova corrente dem Comunità democratica. L’idea è di far nascere un nuovo grande centro che possa intercettare il voto cattolico, quello dei delusi della politica e di chi fatica a identificarsi con l’attuale centrodestra a trazione Fratelli d’Italia. Cento anni fa, nel 1925, a Caltagirone in Sicilia, un sacerdote di nome don Luigi Sturzo fondava il Partito popolare Italiano che sarà poi la base dopo la guerra, della Democrazia cristiana. Ma né Prodi né Ruffini ricordano lo storico prete siciliano. E si vede dagli interventi (dove a spiccare è la retorica spiccia) come soprattutto dalla differenza di vedute che animano questo «centrino» che vorrebbe tra due anni sfidare la leader di Fdi, Giorgia Meloni, alle elezioni. Sullo sfondo si intravede la sagoma del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che nel 2022 ha scritto la prefazione al saggio di Ruffini Uguali per Costituzione, anche se dal Quirinale si cerca di mantenere sempre una certa distanza da questi eventi politici. Per di più in una fase ancora così iniziale, dove i contorni dell’operazione politica ruffinian-prodiana sono ancora davvero molto confusi. «Dobbiamo prepararci per un confronto elettorale che fra due anni dovrà dar vita a un governo di cambiamento, di progresso e di solidarietà e dovrà avere una durata per l’intera prossima legislatura», esordisce Prodi in collegamento video con l’iniziativa di Milano, dove circa 700 persone provano a capire cosa sarà questa Comunità democratica lanciata da Graziano Delrio, insieme con lo stesso Prodi e Pierluigi Castagnetti. L’ex presidente del Consiglio, 86 anni il prossimo 9 di agosto, dice di non avere in mente un partito dei cattolici. Ma quello che si intravede dietro questa fumosa Comunità democratica, in realtà, è un vero e proprio nuovo partito delle tasse. Poi ognuno la racconta come vuole. L’ex ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, sostiene che «Comunità democratica non» sia una corrente organizzata «e non lo sarà: è uno strumento per realizzare incontri e confronti». La confusione resta grande sotto il cielo. Soprattutto su chi debba guidare questa «cosa politica» dai tratti indefiniti. Guarda caso tutti gli occhi erano su Ruffini. Peccato che l’ex numero uno dell’Agenzia delle entrate scaldi poco il popolo dei democratici. A confermarlo, ieri in serata, è stato anche Walter Verini, ex capo segreteria di Walter Veltroni, che a Orvieto interpellato sui prossimi leader del nuovo grande centro ha tagliato corto. «I nomi vengono necessariamente dopo. Benvenuto Ruffini, benvenuto chiunque partecipi e dia il proprio contributo». Ma anche Maria Elena Boschi di Italia viva non sembra una sostenitrice dello sceriffo di Nottingham all’italiana. «Se partiamo dal nome di chi deve portare avanti un qualcosa che non è definito e condiviso non facciamo un buon lavoro», dice la deputata renziana. L’ex esattore delle tasse ha fatto un lungo intervento facendo intendere che per trovare nuovi voti bisogna iniziare a guardare anche a destra, cioè a Forza Italia. Ruffini non cita in modo esplicito il partito fondato da Silvio Berlusconi, ma ricorda la maggioranza Ursula. «Sabato scorso abbiamo ricordato l’amico David Sassoli», dice. «Quanto mancano le sue intuizioni e il suo ripetere che la dignità della persona è il modo di misurare le nostre politiche». Perché Sassoli «è stato fondamentale», sostiene Ruffini, «nella costruzione della maggioranza Ursula che governa l’Ue da due legislature. Forse se ci fosse ancora lui ci farebbe riflettere di come quella maggioranza potrebbe diventare una scelta solida per essere alternativi alla destra. Alla destra dobbiamo essere alternativi con una scelta politica chiara e condivisa, senza essere nemici della destra». Ruffini è una figura chiave per riallacciare i rapporti con i cattolici e anche con i forzisti. Oltre a essere il figlio dell’ex ministro Attilio Ruffini, nonché nipote del cardinale Ruffini, con un fratello (Paolo) che è prefetto del dicastero della comunicazione della Santa Sede, è anche nipote di Enrico La Loggia, storico ex ministro per gli Affari regionali di Forza Italia. Non è un caso che a destra ci sia già qualcuno che ha raccolto le sue frasi di apertura. È Gianfranco Rotondi, presidente della Dc, già ministro del governo Berlusconi. «Da Ruffini sono venute oggi parole misurate e rispettose degli avversari, secondo lo stile di un civile servitore che ha avuto anche la stima della destra», dice Rotondi. «La sua sfida va raccolta anche nel centrodestra: serve una nuova forza di ispirazione cristiana che razionalizzi una presenza dei cattolici fin qui disordinata, scomposta e politicamente irrilevante». Chi di sicuro la pensa in maniera opposta è Giorgio Merlo, ex Pd, oggi presidente di Scelta popolare che avverte Ruffini e Prodi. «C’è da augurarsi che la corrente del Pd che si è ritrovata a Milano non pensi di rappresentare tutti i cattolici impegnati in politica», dice Merlo, che poi aggiunge, «il mondo cattolico non finisce e non si esaurisce con la corrente prodiana all’interno del Pd. Con o senza Ruffini. Forse sarebbe il caso di riconoscerlo. Per evitare di trasmettere un messaggio ridicolo e anche un po’ grottesco».
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