2022-11-28
È facile indignarsi per i condoni a Ischia. Ma qui De Luca s’era perso il bazooka
Mentre i sindaci tolleravano illeciti, il governatore dimenticava di investire i fondi dell’Ue (già pronti) per la messa in sicurezza.Prima della tragedia di Ischia, in cui ancora non si sa quante persone abbiano perso la vita, viene il condono degli abusi edilizi deciso quattro anni fa. E prima del condono, però, ci sono i fondi per mettere in sicurezza il territorio, stanziati ma mai spesi da chi, invece, avrebbe dovuto utilizzarli in fretta. E ancor prima dei fondi dimenticati, per troppa incapacità o troppa burocrazia, ci sono gli abbattimenti degli edifici non autorizzati che nessuno, né le amministrazioni comunali coinvolte né la magistratura che avrebbe dovuto vigilare, si è premurato nel corso degli anni di eseguire. Oggi tutti piangono i morti: la ragazza travolta dalla piena e dal fango dopo aver chiamato il papà per essere aiutata; l’anziana sepolta dalla marea di detriti mentre si era coricata nel proprio letto; l’immigrata dell’Est tornata nei luoghi in cui aveva trovato l’amore; la bimba sepolta dalla frana ancora vestita con il suo pigiamino colorato. Certo, di fronte alle vittime non si può che versare lacrime. Ma in certi casi si tratta di lacrime di coccodrillo. È facile, a strage avvenuta, addossare tutta la colpa a una sanatoria che Giuseppe Conte preferisce non chiamare condono per evitare le accuse che gli sono piovute addosso dopo la strage. Puntando il dito contro un provvedimento che accelerava le pratiche per regolarizzare gli abusi si trova il colpevole di una tragedia annunciata, ma soprattutto ci si lava la coscienza e si passa oltre, in attesa del prossimo disastro.Sì, facile, mestare nel fango e intorbidire le acque, lanciando accuse che somigliano molto all’invettiva che attribuisce anche la responsabilità della pioggia al governo ladro. Così nessuno è costretto a sentirsi, non dico in colpa, ma almeno responsabile. Non so che cosa accada nel vostro Comune, ma se qualcuno nel mio costruisce là dove non deve, succede che dopo la segnalazione di lavori non autorizzati arriva la polizia municipale e subito scattano i sigilli al cantiere disposti dalla magistratura. Altro che edificio non autorizzato: per essere bloccati basta una lieve difformità e il fascicolo finisce in Procura. Non c’è bisogno di aspettare una tragedia: l’intervento è immediato, perché è immediata la denuncia dell’amministrazione comunale. Certo che se un sindaco per convenienza elettorale preferisce chiudere un occhio, e magari anche l’altro, la costruzione abusiva va avanti e l’esposto parte quando la casa è già abitata, cioè quando diventa difficile abbatterla. Il problema non è degli ischitani, come non lo è dei milanesi o dei baresi: il problema è delle amministrazioni che dovrebbero essere il primo baluardo di controllo della legalità e di rispetto del territorio. Conosco molto bene Ischia e oltre alle sue fragilità mi è nota la noncuranza con cui si sono lasciati crescere gli insediamenti senza che mai si procedesse a fermare l’abuso e, se grave, a demolirlo. Per anni si è fatto finta di non vedere e il numero delle gravi violazioni alle norme urbanistiche sta nelle pratiche presentate quando si è aperta la sanatoria. Il condono si può criticare fin che si vuole, ma resta sempre il punto finale di una irregolarità, ossia qualche cosa che arriva a posteriori, anni dopo l’abuso. Ed è possibile secondo voi che un’amministrazione comunale, di fronte a un edificio non in regola se non addirittura completamente abusivo, non intervenga? Attenzione: non è colpa degli ischitani. Ma di chi li ha amministrati per anni, evitando di fare ciò che sarebbe stato indispensabile, un po’ sì.Tuttavia, non ci sono solo i sindaci e gli assessori locali: ci sono anche quelli regionali, come ad esempio il governatore Vincenzo De Luca, il quale è sempre pronto a usare i bazooka contro gli obiettivi che portano popolarità, ma quando deve imbracciarlo per risolvere i problemi concreti di un territorio a rischio come quello di Ischia, allora si fa più esitante. I soldi per finanziare la messa in sicurezza delle aree a rischio ci sono. Li ha messi a disposizione l’Europa. Peccato che le amministrazioni pubbliche pare si siano dimenticate di utilizzarli. La Regione Campania ha trasmesso al ministero un elenco di progetti, ma quello per mettere Ischia al riparo da frane e stragi non si trova. Eppure, tra smottamenti e terremoti, l’isola verde avrebbe un bisogno immediato di interventi, di cui solo dopo l’ennesima strage si torna a parlare. Certo, i condoni sono la legalizzazione di un abuso ed è meglio non farli. Ma prima del condono, come dicevo, vengono l’abbattimento dell’abuso e la tutela del territorio con gli investimenti necessari. Tutte cose di cui sindaci, governatori e compagni paiono oggi essersi dimenticati, preferendo parlare solo del condono. Un modo perché la tragedia non abbia né un padre né una madre.
Lo scorso 25 novembre è stata presentata alla Fao la campagna promossa da Focsiv e Centro sportivo italiano: un percorso di 18 mesi con eventi e iniziative per sostenere 58 progetti attivi in 26 Paesi. Testimonianze dal Perù, dalla Tanzania e da Haiti e l’invito a trasformare gesti sportivi in aiuti concreti alle comunità più vulnerabili.
In un momento storico in cui la fame torna a crescere in diverse aree del pianeta e le crisi internazionali rendono sempre più fragile l’accesso al cibo, una parte del mondo dello sport prova a mettere in gioco le proprie energie per sostenere le comunità più vulnerabili. È l’obiettivo della campagna Sport contro la fame, che punta a trasformare gesti atletici, eventi e iniziative locali in un supporto concreto per chi vive in condizioni di insicurezza alimentare.
La nuova iniziativa è stata presentata martedì 25 novembre alla Fao, a Roma, nella cornice del Sheikh Zayed Centre. Qui Focsiv e Centro sportivo italiano hanno annunciato un percorso di 18 mesi che attraverserà l’Italia con eventi sportivi e ricreativi dedicati alla raccolta fondi per 58 progetti attivi in 26 Paesi.
L’apertura della giornata è stata affidata a mons. Fernando Chica Arellano, osservatore permanente della Santa Sede presso Fao, Ifad e Wfp, che ha richiamato il carattere universale dello sport, «linguaggio capace di superare barriere linguistiche, culturali e geopolitiche e di riunire popoli e tradizioni attorno a valori condivisi». Subito dopo è intervenuto Maurizio Martina, vicedirettore generale della Fao, che ha ricordato come il raggiungimento dell’obiettivo fame zero al 2030 sia sempre più lontano. «Se le istituzioni faticano, è la società a doversi organizzare», ha affermato, indicando iniziative come questa come uno dei modi per colmare un vuoto di cooperazione.
A seguire, la presidente Focsiv Ivana Borsotto ha spiegato lo spirito dell’iniziativa: «Vogliamo giocare questa partita contro la fame, non assistervi. Lo sport nutre la speranza e ciascuno può fare la differenza». Il presidente del Csi, Vittorio Bosio, ha invece insistito sulla responsabilità educativa del mondo sportivo: «Lo sport costruisce ponti. In questa campagna, l’altro è un fratello da sostenere. Non possiamo accettare che un bambino non abbia il diritto fondamentale al cibo».
La campagna punta a raggiungere circa 150.000 persone in Asia, Africa, America Latina e Medio Oriente. Durante la presentazione, tre soci Focsiv hanno portato testimonianze dirette dei progetti sul campo: Chiara Concetta Starita (Auci) ha descritto l’attività delle ollas comunes nella periferia di Lima, dove la Olla común 8 de octubre fornisce pasti quotidiani a bambini e anziani; Ornella Menculini (Ibo Italia) ha raccontato l’esperienza degli orti comunitari realizzati nelle scuole tanzaniane; mentre Maria Emilia Marra (La Salle Foundation) ha illustrato il ruolo dei centri educativi di Haiti, che per molti giovani rappresentano al tempo stesso luogo di apprendimento, rifugio e punto sicuro per ricevere un pasto.
Sul coinvolgimento degli atleti è intervenuto Michele Marchetti, responsabile della segreteria nazionale del Csi, che ha spiegato come gol, canestri e chilometri percorsi nelle gare potranno diventare contributi diretti ai progetti sostenuti. L’identità visiva della campagna accompagnerà questo messaggio attraverso simboli e attrezzi di diverse discipline, come illustrato da Ugo Esposito, Ceo dello studio di comunicazione Kapusons.
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Mark Zuckerberg (Getty Images)
A Fuori dal coro Raffaella Regoli mostra le immagini sconvolgenti di un allontanamento di minori. Un dramma che non vive soltanto la famiglia nel bosco.
Le persone sfollate da El Fasher e da altre aree colpite dal conflitto sono state sistemate nel nuovo campo di El-Afadh ad Al Dabbah, nello Stato settentrionale del Sudan (Getty Images)