L'ad della società: «Venti milioni di adesioni. I disservizi dell'app non dipendono da noi e spariranno. Commissioni 0 fino a 5 euro».L'operazione di cashback promossa dal governo attraverso l'app Io poteva essere fatta meglio ma, va detto, il problema è stato tutto legato al grande traffico di utenti che si sono registrati in un lasso di tempo molto ristretto. Questo, in sintesi, il pensiero di Alessandro Zollo, ad e dg di Bancomat spa, che ha discusso con La Verità dei problemi dell'app Io e del futuro dei pagamenti in Italia. Cosa sta succedendo sull'app Io? Quali sono a livello tecnico i problemi che causano l'impossibilità di registrare la propria carta bancomat?«Noi non gestiamo l'infrastruttura tecnologica. Il nostro ruolo è quello di smistare le transazioni. Dal mio punto di vista, mi sento di dire che questa è un'operazione complessa. Nel giro di poche ore ci sono state milioni di sollecitazioni. Credo che sia il risultato del successo di questa operazione. Anche io, come cittadino, non sono riuscito a registrare le mie carte all'interno dell'app. Non è un problema di PagoBancomat, sono tutti i circuiti o quasi che non funzionano. È chiaro che, essendo noi i leader in termini di numero di carte che fanno parte del nostro circuito, si tenda a dire che il problema è solo nostro anche se non è così».Quindi voi per risolvere non potete fare nulla?«Credo che il problema si risolverà quanto prima. Noi abbiamo lavorato a lungo con tutte le banche per permettere la registrazione al sistema. È chiaro che l'elevato traffico ha generato più di qualche problema».Sarà d'accordo anche lei che, nel 2020, dire che circa 7 milioni di utenti hanno messo in crisi un'app non sia proprio un fiore all'occhiello per la pubblica amministrazione. O no?«Le dico che una cosa è gestire 7 milioni di transazioni gradualmente, ben differente è gestire tutti questi contatti a partire dal giorno zero. Si poteva fare meglio, siamo d'accordo, ma rendiamoci conto che in Italia ci sono circa 100 milioni di carte elettroniche e non è facile gestirle tutte in un colpo solo. Sottolineo anche che non esistono altre app simili che si sono trovate a gestire in così breve tempo un così alto numero di carte. Il nostro altro prodotto digitale, Bancomat pay, partirà da gennaio e permetterà a circa 10 milioni di utenti la registrazione automatica al cashback».Come mai non lo avete attivato subito?«Insieme a Pagopa abbiamo deciso di dare priorità alle carte e poi ai pagamenti digitali. Del resto, stiamo parlando di un circuito su cui girano circa 1,6 miliardi di operazioni l'anno e la cui carta è in mano a quasi tutti gli italiani».Quali stime avete su quante delle carte del vostro circuito si registreranno all'app Io?«Io credo che una cosa del genere non sia mai esistita. Il 10% è moltissimo su ogni acquisto. Io mi aspetto che almeno due terzi delle nostre carte si registreranno al sistema: circa 20 milioni, quindi». Alessandro Zollo, ad e dg di Bancomat spa (foto iStock) Con la pandemia in corso, che differenze ha notato per PagoBancomat tra il 2019 e il 2020?«Il bancomat vive dei pagamenti ma, chiaramente, anche dei prelievi che di solito sono circa 7-800 milioni l'anno. È chiaro che se io raffronto i dati del periodo marzo-maggio 2020 con quelli del 2019 siamo arrivati al 50% in meno. Nell'estate, poi, siamo tornati a sfiorare il pareggio rispetto all'anno prima e poi, con questo secondo lockdown, siamo di nuovo leggermente sotto. Con i pagamenti è andata un po' meglio nonostante, con i negozi chiusi, la gente non potesse spendere. A settembre siamo cresciuti del 15% rispetto al 2019 poi, però, siamo tornati a scendere di nuovo con la seconda ondata. Noi stimiamo di chiudere in pareggio rispetto all'anno scorso. I pagamenti contactless, però, sono aumentati. Il vero valore di quest'anno non sta tanto nei numeri, ma nel cambiamento mentale delle persone di accettare di più pagamenti diversi dal contante».Uno dei problemi degli esercenti è che spesso non vogliono fare transazioni elettroniche di piccola entità. Questo è cambiato quest'anno?«L'aumento è stato lieve, quasi impercettibile. Noi però crediamo che siano i micropagamenti che possono fare la differenza. Per questo noi abbiamo avviato una campagna che prevede l'azzeramento dei costi per le banche per i pagamenti fino a 5 euro. Noi vediamo una crescita di pochi decimi di percentuale per i pagamenti sotto ai 5 euro. Quest'anno questi micropagamenti sono stati il 3,4% sul totale e l'anno scorso la cifra non era troppo distante Questo è successo perché ci sono state meno occasioni si spesa e quando si poteva uscire la gente ha speso di più».Perché in Italia siamo così indietro sui pagamenti digitali? È per via di commissioni più alte della media Ue?«Da noi la media è intorno al 20% di pagamenti digitali, quando nell'Ue è dell'80% circa. C'è un problema di approccio. Bisogna spiegare meglio e di più che l'utilizzatore non paga per usare la carta. Poi c'è la leggenda che le commissioni siano alte. Non è vero, siamo sotto la media europea. Il problema è di abitudine e legato anche all'evasione fiscale».
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