2019-08-11
Renzi-Grillo: inciucio in due mosse
L'asse di chi respinge il voto si materializzerà domani al Senato, con la richiesta dei fedelissimi dell'ex segretario dem di votare prima la sfiducia a Matteo Salvini rispetto a Giuseppe Conte. Il capo grillino, invece, inizia la raccolta firme per il taglio dei parlamentari. Poi, palla al Quirinale.Vede lavatrici gettate nei fiumi al largo delle porte di Sant'Ilario, parla come Rutger Hauer buonanima nell'ultima scena di Blade Runner, ma è bene starlo ad ascoltare perché di fatto Beppe Grillo apre all'inciucio. Si traveste da fauno dei boschi e con un post di 30 righe sul suo blog, dal titolo autolesionista La coerenza dello scarafaggio, si iscrive al partito del presidente Sergio Mattarella. E in estrema sintesi tuona: «Vade retro elezioni». Sarà una battaglia campale, gli schieramenti si stanno posizionando in fretta. E il Napoleone del vaffa decide che, a tre anni dal suo farsi di lato, è giunto il momento di tornare al centro per compattare l'esercito allo sbando.«Dobbiamo fare dei cambiamenti? Facciamoli subito, altro che elezioni, salviamo il paese dal restyling in grigioverde dell'establishment, che lo sta avvolgendo. Come un serpente che cambia la pelle. Il mondo politico europeo ha un punto fisso rispetto alle stelle: il Movimento è biodegradabile. E ci contano così tanto che non resta altro da fare che deluderli. La vita scorre per cicli. Prima eri uno che tentava di tenere duro con Matteo Salvini e adesso, solo perché lui è nel pieno del suo ciclo di vuoto intamarrimento, tu devi morire? Non vorrei che la gente abbia confuso la biodegradabilità con l'essere kamikaze. Le lavatrici buttate nei fiumi cosa sono nella loro essenza? Coerentemente in attesa di arrugginirsi? È così che pregano e sperano che sia il M5s. C'è Salvini che immagina il Movimento come qualcosa che vive solo grazie a lui. Ma siamo diventati scemi?».Questa enciclica del riflusso dominata da bizantinismi da convergenze parallele (è l'estate di Aldo Moro, chi l'avrebbe mai detto?) è facilmente traducibile in termini umani: facciamo le riforme, tagliamo i parlamentari, siamo coerenti ma non rigidi, perché dovremmo regalare le elezioni alla Lega per raddoppiare i consensi? È lo stesso refrain che Luigi Di Maio ripete da due giorni, ma ha ben altra allure. Poi il guru ligure si toglie la maschera da dio Pan e indossa il costume da Superman: «Mi eleverò per salvare l'Italia dai nuovi barbari, non si può lasciare il paese in mano a gente del genere. Lasciamoci alle spalle psiconani, ballerini e ministri propaganda a galleggiare come orridi conglomerati di plastica nei mari. Per loro quella è vita, per noi soltanto sporcizia non biodegradabile».L'Amoris Laetitia di Grillo ha tre obiettivi: no a Silvio Berlusconi, no a Matteo Renzi, no a Matteo Salvini. Non poteva essere troppo esplicito per non esporsi all'omerica risata di chi lo vede andare a braccetto con il Quirinale. Ma tutto questo, scusate l'ardire, è una foglia di Fico perché con i voti renziani del Pd dovrà fare i conti. E proprio il presidente della Camera è uno dei pontieri più assidui nella tessitura dell'inciucio che allontana le elezioni salviniane. L'uscita impressionista è l'ultimo tassello e il silenzio persistente di Renzi sul voto è illuminante, nonostante le ripetute smentite dei colonnelli dem Graziano Delrio («Il nostro appoggio a un altro governo è pura fantasia») e Paola De Micheli («Nessun accordo con i 5 stelle, l'unica alternativa è la data delle elezioni»). Giuliano Pisapia, eletto in Europa proprio con il Pd, porta però alla luce i pensieri profondi del centrosinistra: «Serve un traghettatore, serve un governo di transizione per la manovra. Poi subito il voto». Dove l'accento non è su «subito» ma su «poi».L'inciucio pied dans l'eau è lì, apparecchiato, con lo spumante in ghiaccio per la felicità dei cattolici di sinistra (l'editto di Dario Franceschini via Corriere della Sera è sempre valido). Avrebbe anche l'appoggio esterno di Forza Italia, che vede il voto come uno spauracchio per timore di diventare ancor più minuscola. Bisogna solo trovare un digestivo per farlo metabolizzare - l'inciucio - alla base dei rispettivi partiti, abituati ad insulti reciproci da più di un anno. Ma l'emergenza dello spread, dei conti pubblici e dell'Europa antifascista sono ansiolitici naturali che funzionano sempre. Le modalità, soprattutto dopo l'uscita di Grillo, sono lampanti. La trappola è pronta a scattare in due mosse. La prima avverrà domani nella Conferenza dei capigruppo del Senato, quando il Pd - per mano del renzianissimo dem Andrea Marcucci - chiederà di calendarizzare la mozione di sfiducia a Salvini (depositata il 25 luglio ma calendarizzata - il 12 settembre - solo alla Camera) prima di quella depositata dalla Lega contro il premier Giuseppe Conte. Nel parlamentino un asse M5s-Pd (e una mano dal Misto) può ottenere lo scambio. Se in Aula la mozione passerà (e i numeri ci sono), avrà due conseguenze: toglierà a Salvini il controllo del Viminale e porterà la discussione sulla sfiducia a Conte dopo Ferragosto. Tattica per guadagnare giorni, forse settimane. E preparare la seconda mossa, decisiva: la raccolta di firme lanciata da Di Maio per portare al voto la riforma Fraccaro (il taglio di 345 parlamentari, è dura schierarsi contro un simile provvedimento anti casta). Così la Camera dovrà anticipare quella legge, che essendo costituzionale, bloccherà ogni altra iniziativa. E darà a Mattarella l'assist perfetto per varare un governo di scopo, anzi di solidarietà nazionale.Quello che il Pd e il Movimento 5 stelle (Grillo è stato categorico) definiscono un cordone sanitario prende forma. «Sarà un referendum dell'Italia democratica conto il nuovo fascismo», ha sottolineato Nicola Zingaretti. Presentata così, come una chiamata alle armi nei confronti di chi «vuole portare l'Italia fuori dall'euro», la battaglia avrà il plauso degli intellettuali organici alla Roberto Saviano, del mondo associativo delle Coop con vista sui migranti, del comitato centrale in riunione permanente su Twitter. E ovviamente di Papa Francesco e della Cei.La Lega farà di tutto per evitare il rassemblement anti sovranista e in via Bellerio sono convinti che «Mattarella non è Napolitano». Ma se il capo dello Stato lasciasse nelle piramidi le mummie della repubblica e giocasse per esempio la carta Paolo Gentiloni, anche per Berlusconi sarebbe più difficile tirarsi indietro. La lavatrice di Grillo serve soprattutto a questo: stingere i colori e le idee, trasformare il bucato in una informe melassa di stracci. E far arrugginire la Lega.