
I dati rivelano il disamore per la nuova Chiesa tutta accoglienza Solo l'aumento dell'Irpef salva dal buco le casse del Vaticano.Per fortuna non hanno letto che Adamo ed Eva erano migranti costretti a lasciare il paradiso terrestre, forse a bordo della Sea Watch. Per fortuna i contribuenti italiani sempre più combattuti sulla destinazione dell'otto per mille avevano già chiuso le dichiarazioni dei redditi quando La Civiltà Cattolica (il quindicinale gesuita caro a papa Francesco) è andata nelle edicole e sul web con l'originale, rivoluzionaria teoria, mentre i fedeli continuano a ritenere - leggendo banalmente la Bibbia - che la prima coppia di umani sia stata cacciata non dalle circostanze, dalle guerre o da Matteo Salvini. Ma da Dio.È solo l'ennesimo dettaglio che segna un imbarazzo e un distacco. L'imbarazzo dei cittadini davanti all'ossessione monotematica della Chiesa per la questione migranti e il distacco dagli automatismi di attribuzione volontaria ai sacerdoti della quota delle imposte. La conferma arriva dal dipartimento delle Finanze, che ha reso noti i dati aggiornati sulla ripartizione delle somme, con una novità non prevista: in sette anni due milioni di italiani in meno (da 15,6 a 13,5) hanno destinato l'otto per mille alla Chiesa cattolica. Il numero non si può nascondere perché è significativo, testimonia lo smarrimento quando non la disaffezione dei fedeli, peraltro confermata dai vuoti nelle chiese alle funzioni domenicali. E in proiezione, quel numero, è anche destinato a salire.Per due motivi. Il primo è di tempo: il dato si riferisce al 2015 (la legge prevede che le ripartizioni riguardino gli importi dichiarati tre anni prima), quando non era ancora cominciata l'offensiva mediatica del Pontefice e della Cei a fianco delle Ong e del Pd per il ritorno all'accoglienza diffusa dei profughi e dei clandestini (10% i primi, 90% i secondi) in arrivo dalla Libia. Il secondo motivo riguarda il calo tendenziale della percentuale dei contribuenti che hanno scelto la religione cattolica, ben spiegato da una tabella pubblicata dal Messaggero: nel 2013 il 37%, nel 2014 il 35,4%, nel 2015 il 34,4%, nel 2016 il 33,6%, nel 2017 il 32,8%. Un'emorragia continua, che ancora non riguarda l'insediamento del governo Cinquestelle-Lega, le politiche salviniane molto popolari di massima attenzione alla sicurezza e agli sbarchi. E non tiene conto delle reazioni indignate, a senso unico, del mondo ecclesiastico a tutto ciò.Rimanendo al 2015, l'introito destinato alle confessioni religiose è di circa 1,4 miliardi. E di questa somma alla Chiesa cattolica andrà un miliardo e 100 milioni. Allo Stato 200 milioni, alla Chiesa valdese 43 milioni e a tutti gli altri il rimanente. Si tratta comunque di una montagna di denaro, con scostamenti insignificanti rispetto al passato perché se è vero che meno italiani destinano la loro quota al Vaticano, è anche vero che diminuiscono coloro che esprimono una scelta, così la Chiesa attende i resti sulla riva del fiume. In più l'Irpef assoluta è aumentata; torta più grande, percentuali più alte. Il meccanismo da mal di testa è determinato da nuove regole per i sostituti d'imposta.Resta il dato sociale, che conferma un allontanamento progressivo dalla religione determinato dalla laicizzazione della società, dalla secolarizzazione della Chiesa ed anche da una sintonia in via di smarrimento con i pulpiti e le porpore. Sui temi etici, la sicurezza degli anziani, l'attenzione agli ultimi che non siano stranieri, i fedeli faticano a ritrovare la sintonia con i loro pastori. E se nelle parrocchie accorpate parroci generosi, quasi eroici, si fanno in quattro (nel senso di percorrere chilometri in Panda 4x4) per tenere unito il gregge, le idee più di moda nelle diocesi e nei palazzi del potere lasciano sconcertato e sfilacciato il popolo di Dio. La mancanza di determinazione nello stroncare la deriva della pedofilia, la timidezza nel controbattere all'eutanasia voluta dalla sinistra e dai grillini, il pigolio davanti alla sorte di Vincent Lambert lasciato morire di sete e, per contro, gli anatemi agli italiani che hanno votato M5s e Lega creano spaccature e incomprensioni. Il segnale più ingenuamente tangibile dello smarrimento avviene durante la messa, alla recita del Padre Nostro. Qualche mese fa papa Francesco ha cambiato alcune parole della preghiera più amata, ma nessuno applica le novità, nessuno si discosta dalla formula che deriva direttamente da Gesù. E anche i sacerdoti ormai si sono arresi all'evidenza. C'è qualcosa di potente e di immortale in questo gesto d'amore per la Parola originale, per la narrazione del Vangelo, per la devozione nei confronti della dottrina. Ed è sconsolante scoprire che, nonostante ciò, due milioni di italiani hanno voltato le spalle al sacro perché la Chiesa non è riuscita a trattenerli. Nonostante gli appelli a senso unico del Pontefice, c'è un mondo da esplorare, da capire, da rispettare nello spazio immenso fra l'Arca di Noè e la Sea Watch. È quello mai abbastanza considerato della fede lontano dalla politica.
Elly Schlein (Ansa)
Corteo a Messina per dire no all’opera. Salvini: «Nessuna nuova gara. Si parte nel 2026».
I cantieri per il Ponte sullo Stretto «saranno aperti nel 2026». Il vicepremier e ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, snocciola dati certi e sgombera il campo da illazioni e dubbi proprio nel giorno in cui migliaia di persone (gli organizzatori parlano di 15.000) sono scese in piazza a Messina per dire no al Ponte sullo Stretto. Il «no» vede schierati Pd e Cgil in corteo per opporsi a un’opera che offre «comunque oltre 37.000 posti di lavoro». Nonostante lo stop arrivato dalla Corte dei Conti al progetto, Salvini ha illustrato i prossimi step e ha rassicurato gli italiani: «Non è vero che bisognerà rifare una gara. La gara c’è stata. Ovviamente i costi del 2025 dei materiali, dell’acciaio, del cemento, dell’energia, non sono i costi di dieci anni fa. Questo non perché è cambiato il progetto, ma perché è cambiato il mondo».
Luigi Lovaglio (Ansa)
A Milano si indaga su concerto e ostacolo alla vigilanza nella scalata a Mediobanca. Gli interessati smentiscono. Lovaglio intercettato critica l’ad di Generali Donnet.
La scalata di Mps su Mediobanca continua a produrre scosse giudiziarie. La Procura di Milano indaga sull’Ops. I pm ipotizzano manipolazione del mercato e ostacolo alla vigilanza, ritenendo possibile un coordinamento occulto tra alcuni nuovi soci di Mps e il vertice allora guidato dall’ad Luigi Lovaglio. Gli indagati sono l’imprenditore Francesco Gaetano Caltagirone; Francesco Milleri, presidente della holding Delfin; Romolo Bardin, ad di Delfin; Enrico Cavatorta, dirigente della stessa holding; e lo stesso Lovaglio.
Leone XIV (Ansa)
- La missione di Prevost in Turchia aiuta ad abbattere il «muro» del Mediterraneo tra cristianità e Islam. Considerando anche l’estensione degli Accordi di Abramo, c’è fiducia per una florida regione multireligiosa.
- Leone XIV visita il tempio musulmano di Istanbul ma si limita a togliere le scarpe. Oggi la partenza per il Libano con il rebus Airbus: pure il suo velivolo va aggiornato.
Lo speciale contiene due articoli.
Pier Carlo Padoan (Ansa)
Schlein chiede al governo di riferire sull’inchiesta. Ma sono i democratici che hanno rovinato il Monte. E il loro Padoan al Tesoro ha messo miliardi pubblici per salvarlo per poi farsi eleggere proprio a Siena...
Quando Elly Schlein parla di «opacità del governo nella scalata Mps su Mediobanca», è difficile trattenere un sorriso. Amaro, s’intende. Perché è difficile ascoltare un appello alla trasparenza proprio dalla segretaria del partito che ha portato il Monte dei Paschi di Siena dall’essere la banca più antica del mondo a un cimitero di esperimenti politici e clientelari. Una rimozione selettiva che, se non fosse pronunciata con serietà, sembrerebbe il copione di una satira. Schlein tuona contro «il ruolo opaco del governo e del Mef», chiede a Giorgetti di presentarsi immediatamente in Parlamento, sventola richieste di trasparenza come fossero trofei morali. Ma evita accuratamente di ricordare che l’opacità vera, quella strutturale, quella che ha devastato la banca, porta un marchio indelebile: il Pci e i suoi eredi. Un marchio inciso nella pietra di Rocca Salimbeni, dove negli anni si è consumato uno dei più grandi scempi finanziari della storia repubblicana. Un conto finale da 8,2 miliardi pagato dallo Stato, cioè dai contribuenti, mentre i signori del «buon governo» locale si dilettavano con le loro clientele.






