2022-04-14
Draghi tratta sulle aliquote, finge sul catasto
Antonio Tajani e Matteo Salvini (Ansa)
Il vertice del premier con Carroccio e Fi ha lasciato diversi interrogativi irrisolti sulla delega fiscale. Si registra un’apertura su titoli di Stato e locazioni. E sugli immobili ci sarà una nuova proposta. La soluzione ci sarebbe, ma la fregatura è dietro l’angolo.Di sicuro c’è solo che siamo a metà della settimana di Pasqua. Su tutto il resto, il vertice tra Mario Draghi e la delegazione del centrodestra ha lasciato sul tavolo diversi interrogativi irrisolti sui nodi più intricati della delega fiscale. Tanto che a sinistra (e sui media più sensibili alle veline di Palazzo Chigi) è immediatamente partita un’operazione canzonatoria. Ecco Enrico Letta: «Il centrodestra fa propaganda e va a protestare su questioni su cui il premier ha già chiarito tutto il chiaribile». E, a cascata, nei corridoi dei palazzi romani, si è registrata una mezza giornata di risatine e battute su un centrodestra che si sarebbe sentito ripetere - dentro - esattamente le cose che Draghi dice fuori («nessun aumento di tasse» da un lato, «nessuno stralcio del catasto» dall’altro). Conclusione (sempre da sinistra): Lega, Forza Italia e i piccoli del centrodestra di governo dovranno fare come Giuseppe Conte sulle spese militari, e cioè accettare sostanzialmente tutto dopo aver alzato la voce per qualche giorno. Tutto qui. Alla Verità non risulta che le cose siano andate completamente così.Il centrodestra avrebbe anzi incassato una significativa apertura da parte di Draghi su due temi: titoli di Stato e locazioni. Con una disponibilità del governo a ragionare sulla proposta del centrodestra, e cioè mantenere le cedolari esistenti sia sui titoli di Stato sia sulle locazioni, evitando potenziali incrementi di tassazione. Va detto che, ancora la scorsa settimana, il governo aveva alzato un muro sul tema. Non solo: nelle riunioni di maggioranza, ad autorevoli esponenti del centrosinistra era sfuggita la terribile frase secondo cui «se le tasse scendono da qualche parte, da qualche altra parte devono salire». Più complicata invece la partita sul catasto. Draghi avrebbe effettivamente fatto muro. La delegazione di centrodestra avrebbe ottenuto di poter avanzare la prossima settimana una nuova proposta (secondo altre fonti, sarebbe invece il governo a scrivere una ipotesi di riformulazione). Il riferimento un po’ di tutti, a vertice finito, al «tavolo dei tecnici», lascia aperte entrambe le possibilità. Qui però occorre essere chiari: la fregatura resta dietro l’angolo. La riforma del catasto, in sé e per sé, non determina - domani mattina - un aumento di tasse. Ma anche i bambini comprendono che essa pone le basi affinché il prossimo governo possa farlo. È quella che sulla Verità abbiamo definito dal primo minuto una «pistola carica». Consegnare a un futuro governo la possibilità di un’ulteriore stangata sugli immobili è esattamente ciò che fa l’articolo 6 della delega, se non verrà modificato. E che ciò avvenga su beni (gli immobili italiani) già stratassati per 21 miliardi l’anno (prima del 2011 il gettito annuo era di 8-9 miliardi) dà la misura di una rapina fiscale insostenibile.Come abbiamo sottolineato più volte, è stato lo stesso Mef, nella analisi tecnica allegata alla delega fiscale, ad ammettere ciò che accadrebbe. Citiamo testualmente quel documento: «Tale disposizione è coerente […] con le Raccomandazioni rivolte dalla Commissione europea all’Italia […]: ridurre la pressione fiscale sul lavoro, e compensare tale riduzione […] con una riforma dei valori catastali non aggiornati». Più chiaro di così…: altro che mera «fotografia». E allora? Esiste una ipotesi di mediazione seria, rilanciata ancora ieri dal presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa. Poiché l’articolo 6 della delega, quello sul catasto, si compone di due commi, si tratterebbe di salvare il primo comma (quello sulla modernizzazione degli strumenti per la mappatura degli immobili, e quindi per individuare i cosiddetti immobili-fantasma) e di sopprimere il secondo, quello su rendite attualizzate e valori patrimoniali (cioè la parte effettivamente pericolosa per i contribuenti). Sta qui il cuore del problema. Il governo sarà disponibile o dirà di no? Oppure cercherà furbescamente, anche dicendo un sì apparente, di reinserire nel comma 1 i contenuti più insidiosi del comma 2? Solo i prossimi giorni ci daranno la risposta reale a questa domanda. E solo i prossimi giorni ci diranno, in caso di atteggiamento negativo del governo, se il centrodestra resterà compatto, o se invece qualcuno si farà abbindolare dall’eventuale «nuovo testo» a prescindere dai reali contenuti - tutti da scoprire - della ipotetica nuova formulazione normativa. A vertice finito, comunque, i toni sono stati sereni. Ecco Matteo Salvini: «Un incontro positivo, distensivo. Abbiamo trovato ampia disponibilità da parte del presidente Draghi a risolvere i problemi sul tavolo». Del medesimo tenore le dichiarazioni di Antonio Tajani: «Abbiamo ribadito l’importanza di non alzare tasse. È stato un incontro positivo. I tecnici si siederanno al tavolo per sistemare delle proposte. Ci rivedremo dopo Pasqua con il presidente del Consiglio e pensiamo che si possa chiudere positivamente». A esser pessimisti, dal punto di vista dei contribuenti, c’è da temere la fregatura, cioè il mantenimento, più o meno travestito, dell’attuale articolo 6. A essere ottimisti, c’è la soluzione «uovo di Colombo» che abbiamo citato prima: eliminare il solo comma 2. L’essenziale è che il centrodestra combatta e non si accontenti: con una certa prepotenza, il governo voleva l’approvazione del suo testo entro il 20 gennaio. Se siamo arrivati al 14 aprile, vuol dire che si può e si deve ancora lottare. Per evitare che l’uovo di Colombo si risolva in una frittata.