
Il Pontefice accetta le dimissioni del successore di Theodore Edgar McCarrick dall'arcidiocesi di Washington. Una rinuncia impensabile senza il rapporto del Gran giurì di Pennsylvania e il memoriale dell'ex nunzio, che di lui scrisse: «Mente spudoratamente».«Il Santo Padre Francesco ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell'arcidiocesi di Washington (Usa), presentata dall'eminentissimo cardinale Donald William Wuerl». Con questo scarno comunicato ieri il Papa ha accettato le dimissioni dell'influente porporato statunitense, nell'occhio del ciclone dopo la pubblicazione del rapporto del Gran giurì di Pennsylvania nello scorso agosto e dopo essere stato tirato in ballo dal dossier dell'ex nunzio Carlo Maria Viganò.Il cardinale, 77 anni, era in prorogatio da novembre 2015 quando, raggiunti i canonici 75 anni, aveva già consegnato le sue dimissioni, ma Francesco lo aveva lasciato al suo posto. La lettera del Papa a Wuerl, diffusa ieri insieme al comunicato, fa chiaramente intendere che la stima di Francesco nei confronti dell'ex arcivescovo di Washington è intatta, tuttavia è abbastanza chiaro che queste dimissioni non sarebbero mai arrivate senza i guai che hanno investito il cardinale a proposito dell'accusa di aver coperto casi di abuso e di aver saputo da tempo della cattiva condotta del suo predecessore, l'ex cardinale Theodore Edgar McCarrick.Il nome di Wuerl è citato oltre 200 volte nel rapporto del Gran giurì di Pennsylvania, per episodi che risalgono al periodo in cui Wuerl era vescovo di Pittsburgh, dove ha prestato servizio dal 1988 al 2006. Alcuni casi del rapporto evidenziano che Wuerl avrebbe concesso ad alcuni sacerdoti accusati di abuso di continuare a compiere il loro ministero, episodi che hanno sollevato una vera e propria protesta a Washington da parte di fedeli e di alcuni sacerdoti. Per questo Wuerl era volato a Roma per parlare con il Papa sul da farsi, fino al 21 settembre scorso, quando ha richiesto formalmente a Francesco di accettare le sue dimissioni.Nel frattempo con la diffusione del memoriale Viganò il cardinale era stato tirato pesantemente in ballo, soprattutto a causa delle vicende di McCarrick. L'ex nunzio dice di essere stato lui stesso, quando svolgeva il suo ufficio a Washington, a parlare a Wuerl delle accuse rivolte a McCarrick e pertanto non poteva non sapere. «Il cardinale mente spudoratamente», ha scritto Viganò.Comunque il Papa mostra grande stima per Wuerl, tanto che nella lettera dove accetta le dimissioni gli scrive: «Possiedi elementi sufficienti per “giustificare" il tuo agire e distinguere tra ciò che significa coprire delitti o non occuparsi dei problemi, e commettere qualche errore. Tuttavia, la tua nobiltà ti ha condotto a non usare questa via di difesa. Di questo sono orgoglioso e ti ringrazio». Inoltre, gli riserva il ruolo di amministratore apostolico della diocesi fino alla nomina del successore e tutto lascia pensare che manterrà i suoi ruoli in Vaticano, tra cui spicca quello di membro della congregazione dei vescovi, cioè il luogo deputato a nominare i nuovi pastori della Chiesa universale.Nella lettera di Francesco a Wuerl è forte il richiamo all'unità, così come recentemente il Papa ha invitato i fedeli a pregare la Madonna e san Michele contro «il divisore», personificato da Satana, che vuole distruggere la chiesa. Un ammonimento che molti hanno pensato fosse diretto contro Viganò, il quale ha denunciato un sistema corrotto ai massimi livelli della gerarchia ecclesiastica. Anche la recente risposta a Viganò del cardinale Marc Ouellet, prefetto della congregazione dei vescovi, va in questa direzione, pur senza risolvere molti dei quesiti posti dai memoriali dell'ex nunzio. Anzi, nel caso di Wuerl la lettera aperta di Ouellet, laddove evidenziava le comunicazioni di due nunzi apostolici su McCarrick, rilanciava le domande sul fatto che il vescovo di Washington non potesse non sapere.«Riconosco nella tua richiesta» di dimissioni, ha scritto il Papa a Wuerl, «il cuore del pastore che, allargando lo sguardo per riconoscere un bene maggiore che può giovare alla totalità del corpo, privilegia azioni che sostengano, stimolino e facciano crescere l'unità e la missione della Chiesa al di sopra di ogni tipo di sterile divisione seminata dal padre della menzogna». Wuerl è riconosciuto come un pastore di stampo liberal e molto vicino a Francesco, tanto che le ricostruzioni giornalistiche del conclave del 2013 lo hanno spesso indicato come uno dei grandi elettori del cardinale Bergoglio. Il quotidiano Repubblica lo definiva addirittura come il principale «pope maker». In questi anni il cardinale dimissionario ha svolto un ruolo di grande difensore di Francesco all'interno di un mondo cattolico statunitense diviso sull'interpretazione del papato. Secondo Viganò, il cardinale sarebbe stato anche un attore primario nella definizioni di importanti nomine negli Stati Uniti, come quelle di Blaise Cupich a Chicago e di William Tobin a Newark, tese a riequilibrare un episcopato ritenuto troppo muscolare e poco pastorale.Da parte sua il cardinale Wuerl ha dichiarato che «la decisione del Santo Padre di fornire una nuova guida all'arcidiocesi (di Washington) può consentire a tutti i fedeli, al clero, ai religiosi e ai laici, di concentrarsi sulla guarigione e sul futuro». Al di là delle parole resta il fatto che la pressione sulla Chiesa è davvero alta, perché queste dimissioni sono senz'altro il frutto dello scandalo abusi.
Bivacco di immigrati in Francia. Nel riquadro, Jean Eudes Gannat (Getty Images)
Inquietante caso di censura: prelevato dalla polizia per un video TikTok il figlio di un collaboratore storico di Jean-Marie Le Pen, Gannat. Intanto i media invitano la Sweeney a chiedere perdono per lo spot dei jeans.
Sarà pure che, come sostengono in molti, il wokismo è morto e il politicamente corretto ha subito qualche battuta d’arresto. Ma sembra proprio che la nefasta influenza da essi esercitata per anni sulla cultura occidentale abbia prodotto conseguenze pesanti e durature. Lo testimoniano due recentissimi casi di diversa portata ma di analoga origine. Il primo e più inquietante è quello che coinvolge Jean Eudes Gannat, trentunenne attivista e giornalista destrorso francese, figlio di Pascal Gannat, storico collaboratore di Jean-Marie Le Pen. Giovedì sera, Gannat è stato preso in custodia dalla polizia e trattenuto fino a ieri mattina, il tutto a causa di un video pubblicato su TikTok.
Giancarlo Giorgetti (Ansa)
Il ministro fa cadere l’illusione dei «soldi a pioggia» da Bruxelles: «Questi prestiti non sono gratis». Il Mef avrebbe potuto fare meglio, ma abbiamo voluto legarci a un mostro burocratico che ci ha limitato.
«Questi prestiti non sono gratis, costano in questo momento […] poco sopra il 3%». Finalmente il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti fa luce, seppure parzialmente, sul grande mistero del costo dei prestiti che la Commissione ha erogato alla Repubblica italiana per finanziare il Pnrr. Su un totale inizialmente accordato di 122,6 miliardi, ad oggi abbiamo incassato complessivamente 104,6 miliardi erogati in sette rate a partire dall’aprile 2022. L’ottava rata potrebbe essere incassata entro fine anno, portando così a 118 miliardi il totale del prestito. La parte residua è legata agli obiettivi ed ai traguardi della nona e decima rata e dovrà essere richiesta entro il 31 agosto 2026.
I tagli del governo degli ultimi anni hanno favorito soprattutto le fasce di reddito più basse. Ora viene attuato un riequilibrio.
Man mano che si chiariscono i dettagli della legge di bilancio, emerge che i provvedimenti vanno in direzione di una maggiore attenzione al ceto medio. Ma è una impostazione che si spiega guardandola in prospettiva, in quanto viene dopo due manovre che si erano concentrate sui percettori di redditi più bassi e, quindi, più sfavoriti. Anche le analisi di istituti autorevoli come la Banca d’Italia e l’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) tengono conto dei provvedimenti varati negli anni passati.
Maurizio Landini (Ansa)
La Cgil proclama l’ennesima protesta di venerdì (per la manovra). Reazione ironica di Meloni e Salvini: quando cade il 12 dicembre? In realtà il sindacato ha stoppato gli incrementi alle paghe degli statali, mentre dal 2022 i rinnovi dei privati si sono velocizzati.
Sembra che al governo avessero aperto una sorta di riffa. Scavallato novembre, alcuni esponenti dell’esecutivo hanno messo in fila tutti i venerdì dell’ultimo mese dell’anno e aperto le scommesse: quando cadrà il «telefonatissimo» sciopero generale di Landini contro la manovra? Cinque, dodici e diciannove di dicembre le date segnate con un circoletto rosso. C’è chi aveva puntato sul primo fine settimana disponibile mettendo in conto che il segretario questa volta volesse fare le cose in grande: un super-ponte attaccato all’Immacolata. Pochi invece avevano messo le loro fiches sul 19, troppo vicino al Natale e all’approvazione della legge di Bilancio. La maggioranza dei partecipanti alla serratissima competizione si diceva sicura: vedrete che si organizzerà sul 12, gli manca pure la fantasia per sparigliare. Tant’è che all’annuncio di ieri, in molti anche nella maggioranza hanno stappato: evviva.





