2022-03-31
Dopo la lite con Draghi, Conte fa ammuina
A seguito del faccia a faccia di martedì, si va verso un compromesso sull’aumento delle spese militari per raggiungere il 2% del Pil richiesto dalla Nato. I grillini chiedevano un impegno spalmato fino al 2030. Il ministro Lorenzo Guerini: «Conseguiremo l’obiettivo nel 2028».Alla fine la tempesta sull’aumento delle spese militari al 2%, con tanto di scontro tra il premier Mario Draghi e l’ex premier Giuseppe Conte e relativa salita al Colle del presidente del Consiglio, si risolve come una classica lite sul pagamento delle spese condominiali: una bella dilazione e tutti contenti. Probabilmente, come riferiscono fonti di governo a La Verità, c’è stata anche una moral suasion del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, la cui preoccupazione di fronte alla sola ipotesi di una crisi di governo in piena guerra è facilmente immaginabile. Fatto sta che ieri pomeriggio le nubi sulla tenuta del governo si sono diradate, mentre l’altro ieri Draghi aveva addirittura avvertito che sul punto si giocava «il patto che tiene in piedi la maggioranza».La giornata della distensione inizia con Conte che tiene il punto, rilanciando sui social un post pubblicato dal M5s: «Non mettiamo in discussione», scrivono i pentastellati, «gli impegni internazionali, come quello del 2% del Pil per investimenti militari, ma la tempistica stabilita in via indicativa nel 2014, cioè in un’altra era politica, sociale ed economica va rimodulata alla luce delle gravi crisi ancora in atto, pandemica ed energetica. Noi diciamo che quel target, che solo dieci membri Nato su trenta (tra cui Usa e Uk) hanno finora raggiunto, non può essere considerato un dogma indiscutibile. È impensabile una corsa al riarmo ora. È fuori dalla realtà pensare di aumentare di almeno 12/15 miliardi la nostra spesa militare in due anni. Significherebbe stanziare almeno 6/7,5 miliardi l’anno nelle prossime due leggi di bilancio. L’impegno del 2% può essere centrato solo con una crescita di spesa progressiva», si legge ancora nel post pubblicato da Giuseppi, «spalmata nei prossimi anni, ad esempio da qui a quantomeno il 2030. Questa è la posizione del M5s, non intendiamo fare passi indietro». Dunque, Conte scopre le carte: no all’aumento al 2% delle spese militari entro il 2024, come chiede Draghi sostenuto dall’intera maggioranza e pure da Fratelli d’Italia, ma ok a spalmare queste spese fino al 2030.In maggioranza, soprattutto dalle parti del Pd, inizia a traballare la posizione oltranzista: in molti, pur senza uscire allo scoperto ufficialmente, fanno capire a Enrico Letta che anche l’elettorato dem non è entusiasta della linea ultramilitarista della segreteria. Vortice di telefonate e messaggi, e il ministro della Difesa Lorenzo Guerini, del Pd, vero e proprio ultrà dell’appiattimento senza se e senza ma dell’Italia sulle posizioni della Nato, alza bandiera bianca: «Dal 2019 ad oggi», fa sapere Guerini all’Ansa, «abbiamo intrapreso una crescita graduale delle risorse sia sul bilancio ordinario che sugli investimenti, che ci consentirà, se anche le prossime leggi di bilancio lo confermeranno, di raggiungere la media di spesa dei paesi dell’Unione europea aderenti alla Nato e poi, entro il 2028, il raggiungimento dell’obiettivo del 2%». Un dietrofront clamoroso, quello di Guerini, sostenitore della necessità di rispettare l’impegno del 2% entro il 2024. Un passo in avanti, però, sulla strada della ricomposizione (fino al prossimo incidente) della maggioranza. Il 2028 è molto vicino al 2030, e quindi Conte può accontentarsi e cantare vittoria: «Un buon passo», commentano dai vertici del M5s, «verso le nostre posizioni. Fino a ieri ci davano degli irresponsabili perché chiedevamo di far slittare il termine per il raggiungimento del 2% nel 2024. Oggi Guerini sposta questo obiettivo al 2028, che è un buon passo verso quella sostenibilità e gradualità, da noi sempre richiesta. Abbiamo detto chiaramente», aggiungono dal quartier generale pentastellato, «che non si possono spendere 10/15 miliardi, da qui al 2024, in spese militari: sono altre le priorità dell’Italia».E Draghi? Il premier, impegnato al telefono con Vladimir Putin, non fa una piega: evidentemente, il più grande esperto d’Europa e forse del mondo di superdebiti e megapiani di rientro non può farsi certamente destabilizzare da una dilazione. Intanto, la maggioranza «smina» anche il passaggio in aula al Senato del dl Ucraina. L’altro ieri, ricordiamolo, in Commissione congiunta Esteri e Difesa del Senato, il governo, ha accolto un ordine del giorno presentato da Fratelli d’Italia che prevede l’aumento al 2% delle spese militari entro il 2024. L’ordine del giorno, essendo stato accolto dal governo, sarebbe entrato a far parte integrante del dl Ucraina, in votazione oggi al Senato, mettendo quindi in difficoltà il M5s e la maggioranza. L’unico modo per lasciare fuori quell’ordine del giorno dal testo del dl? Farlo arrivare in aula senza relatore. Lo stratagemma per raggiungere questo obiettivo viene trovato ieri pomeriggio: la commissione Bilancio non fa in tempo a dare il suo parere, e così il testo che approda in aula, a Palazzo Madama, è quello già approvato alla Camera, quindi senza emendamento di Fdi: «Il M5s», commenta il capogruppo al Senato di Fdi, Luca Ciriani, «ricatta la maggioranza e spera di nascondere la realtà con ridicoli giochetti regolamentari. La maggioranza e il governo si mostrano inaffidabili anche in un momento così grave dal punto di vista geopolitico. Voteremo contro questo decreto per protestare contro questo governo irresponsabile». Si chiude quindi con il solito compromesso l’ennesima lite tra i partiti di questa variegata maggioranza che sostiene il governo guidato da Draghi. Appuntamento alla prossima tempesta in un bicchier d’acqua.
Jose Mourinho (Getty Images)