2024-04-05
Dopo gli osanna all’austerità i media di Elkann accusano la Meloni dei tagli alla sanità
«Stampa» e «Repubblica» sfruttano l’appello di alcuni scienziati per mettere in crisi il governo. Elly Schlein ringrazia. Le Regioni seguono: «Pronte a andare alla Consulta».Il lato chiaro della forza è tornato. A vendicare le ingiustizie ci pensano i gloriosi quotidiani del gruppo Gedi, per l’occasione rinominati Jedi. Ieri, in assetto stellare, hanno menato due epocali fendenti. L’impero di carta degli Elkann, nell’attesa di agguerrite inchieste sulle magagne testamentarie e industriali della Real casa, si scaglia contro il governo. «Uccide la sanità», strilla in prima pagina La Stampa, riprendendo un accorato appello firmato da Nobel e scienziati. Pure Repubblica esplode in prima: «Sanità a rischio crac». Unite come una sola testata nel nome della segretaria piddina, Elly Schlein, che sembra aver finalmente trovato un argomento che non divide il tormentatissimo partito: «Chi ha il portafoglio gonfio può andare dal privato a saltare le lunghissime liste d’attesa, chi non ha i mezzi per farlo sta rinunciando a curarsi e noi non lo possiamo accettare» reitera la Ocasio-Cortez del Ticino, ospite di Porta a Porta. Che sull’argomento, da settimane, batte e ribatte. La santa alleanza tra Jedi ed Elly fomenta pure la battagliera Conferenza delle regioni, che sferra l’ultimatum: basta «definanziamento», altrimenti si rivolgerà alla Corte costituzionale. Insomma: dopo un decennio di incessanti risparmi, giornali e opposizione scoprono il male dei mali. I tagli alla sanità. Cominciati nel 2011 a onor del vero, con il governo guidato da Mario Monti. Proseguiti, con la tripletta democratica a Palazzo Chigi: Enrico Letta, Matteo Renzi, Paolo Gentiloni. E terminati con la pandemia. Totale: meno 37 miliardi. Una decade rinominata «la stagione dei tagli» dalla Fondazione Gimbe di Nino Cartabellotta: non un pericoloso sovranista, ma un nume tutelare dei democratici. Come scrive Gimbe, sono stati sottratti 25 miliardi tra il 2010 e il 2015, durante la spending review, e altri 12 nei quattro anni seguenti.Periodi di lacrime e sangue. Bruxelles esigeva. Roma batteva i tacchi. Mentre Stampa e Repubblica lodavano l’inevitabile austerità. «Ce lo chiede l’Europa», ritmavano in coro progressisti e professori. Adesso, invece, non ci sono santi. La Stampa fa pelo e contropelo agli imperanti predoni, unici responsabili dello sfacelo. Crescono spesa privata e liste d’attesa. Guardie mediche in straordinario affanno. Coesione sociale a rischio. Insomma: urge adeguare i finanziamenti agli standard europei. E anche Repubblica non sente ragioni, appellandosi all’eterno proverbio napoletano: «Chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato, scurdammoce o’ passato». Parte dunque lancia in resta, prendendo spunto dalla raccolta di firme. Professoroni e cattedratici sollecitano un piano «straordinario di investimenti». La richiesta diventa un insuperabile pretesto. Le tinte fosche, sui due quotidiani, diventano color pece: «Ospedali a pezzi e attese infinite». L’Italia è «fanalino di coda nella spesa». Urlo di dolore schleiniano: «Non diventi un Paese per ricchi». Conseguente è l’editoriale a corredo, intitolato: «L’eguaglianza negata». Segue a pagina 25, dove osano solo gli affezionati. E lì, tra una stilettata e l’altra all’inumano esecutivo, si legge: «La sanità pubblica italiana ha conosciuto negli ultimi 15 anni un declino costante e accelerato, aggravato dalla pandemia che ha fatto esplodere anche una crisi di personale e formazione». Oibò. Proprio gli irripetibili anni in cui Repubblica era controllata da Carlo De Benedetti, tessera numero uno del Pd. A marzo 2012, mentre Monti annuncia inesorabili economie, l’Ingegnere gongola: «Credo che il presidente della Repubblica abbia fatto un capolavoro politico nel riuscire a mettere il miglior primo ministro che ci sia». L’allora corazzata di largo Fochetti, d’altronde, aveva già salutato l’avvento del morigeratissimo messia con smodato tripudio: «Quasi otto italiani su dieci manifestano un giudizio positivo nei confronti del governo. Ma il consenso personale del nuovo presidente del Consiglio è ancora più ampio: 84%». Del resto, osserva il quotidiano il 20 novembre 2011, «è bastata una settimana perché il clima d’opinione svoltasse dalla depressione all’euforia». Un mese dopo, il professore in loden comincia a depauperare la sanità con il decreto «Salva Italia». Inaugurando una lunga epoca di sforbiciate, poi continuate con i tre esecutivi targati dem. 37 miliardi di tagli: 200 piccoli ospedali, 45.000 letti, 6 mila medici e 11.000 infermieri. Solo adesso, però, Elly si ridesta. Imbambolata su tutto lo scibile politico, dalle guerre nel mondo all’alleanza con i grillini, non le rimane che riesumare l’arcinoto. Per carità: nessuno nega gli atavici ed enormi affanni del nostro sistema sanitario. Ma per addossarli all’attuale maggioranza serve rara audacia. Fortunatamente, a dare manforte, accorre la sempre amica stampa elkanniana: «Il governo uccide la sanità». Un’ardita operazione politico editoriale. È il ritorno dei giornali Jedi, contro il lato oscuro della forza. Peccato abbiano sbagliato galassia.
Ecco #DimmiLaVerità del 30 ottobre 2025. Ospite la senatrice calabrese della Lega Clotilde Minasi. L'argomento del giorno è: "La bocciatura del ponte sullo Stretto da parte della Corte dei Conti"
Container in arrivo al Port Jersey Container Terminal di New York (Getty Images)
La maxi operazione nella favela di Rio de Janeiro. Nel riquadro, Gaetano Trivelli (Ansa)