2021-03-10
Dopo 12 mesi sanno solo chiudere
Dopo 100.000 morti siamo al punto di prima: cioè chiusi in casa. Il Comitato tecnico scientifico, composto da esperti che il precedente governo ha nominato affinché giustifichino dal punto di vista scientifico decisioni che sono e rimangono politiche, chiede misure restrittive per i prossimi weekend. In pratica, gli italiani dal venerdì sera al lunedì mattina dovranno uscire dalle proprie abitazioni solo per recarsi al supermercato, in farmacia o al lavoro. Il decreto del presidente del Consiglio che legittima gli arresti domiciliari per milioni di persone non è ancora stato firmato, ma come ci hanno abituati Speranza e compagni è quasi certo che lo sarà nei prossimi giorni. Infatti, la tecnica usata negli ultimi 12 mesi è consistita nel far filtrare le notizie impopolari per quasi una settimana, in modo da abituare le persone alle restrizioni, e poi via alla detenzione. Risultato, il Paese che secondo il predecessore di Mario Draghi, il fu avvocato del popolo Giuseppe Conte, era un modello a cui tutta Europa guardava, dopo un'ecatombe che ha provocato più morti di una grande guerra ricomincia proprio da dove tutto era cominciato, ossia dal primo lockdown. Si è discusso a lungo nei mesi scorsi di quali siano stati gli errori commessi un anno fa. In molti ricorderanno le immagini delle persone in fuga sui treni alla stazione di Milano. E ancor di più, nella memoria degli italiani è impressa la fila di camion dell'esercito che nella Bergamasca trasportò in altre Regioni le bare con i corpi da cremare. All'epoca, si disse che l'Italia era stata colta di sorpresa dall'epidemia, ma in realtà il nostro Paese non era stato colpito alle spalle. Per settimane il ministro della Salute e il presidente del Consiglio avevano ripetuto di essere pronti a ogni evenienza, tranquillizzando gli italiani. Come ha ben spiegato Luca Ricolfi nello studio dedicato a un anno di pandemia, l'esecutivo non era affatto pronto, prova ne sia che ha intitolato un capitolo del suo libro «Tergiversare costa». Le mancate chiusure di Nembro e Alzano su cui la magistratura sta indagando e i ritardi nelle decisioni durante lo scorso autunno, oltre che sui vaccini, sono la causa di ciò che ci tocca oggi, ovvero delle nuove chiusure. Volendo rimettere in fila tutto ciò che non ha funzionato non si finisce più: dalle scelte adottate con ritardo alle mascherine e ai dispositivi di protezione comprati dopo averli regalati alla Cina, dall'idea che bastassero i banchi a rotelle per sconfiggere il coronavirus a scuola al mancato potenziamento delle terapie intensive, dai finti accordi con le case farmaceutiche per la fornitura dei vaccini alla ritardata assunzione del personale che dovrebbe provvedere a immunizzare gli italiani. Ricolfi spiega che gli errori compiuti «sono talmente numerosi e madornali che nessuno può stupirsi se l'Italia sia stata travolta da entrambe le ondate». E nessuno può sorprendersi se abbiamo pagato con un tributo più alto di altri Paesi europei. Il problema è che adesso, per evitare la terza ondata, si ricorre esattamente alle stesse misure messe in campo, in ritardo, con le precedenti: ovvero al lockdown. In quanto sui vaccini arranchiamo, come ormai è chiaro anche ai bambini. Ciò detto, c'è chiusura e chiusura. In Germania è vero che hanno vietato a ristoranti, alberghi e bar di rimanere aperti: ma a differenza che da noi, gli esercizi costretti ad abbassare la serranda hanno ricevuto un rimborso. Lo stesso si può dire della Francia, per non parlare poi della Gran Bretagna, che nonostante gli iniziali errori, lunedì ha riaperto tutte le scuole e nel giro di poche settimane annuncia di essere pronta a tornare alla normalità. Ma non c'è solo questa differenza. Nonostante i divieti, a nessuno in Germania è impedito di uscire di casa, né di recarsi fuori dal Comune o dalla Regione, come invece succede da noi. Addirittura, all'aperto non c'è alcun obbligo di indossare la mascherina, se non in alcune vie di Berlino, nella zona dello shopping, ma solo per l'alta concentrazione di persone. In Francia è uguale: fatte salve alcune regioni, come il dipartimento di Calais, la costa nizzarda e la parte che confina con il Belgio, non ci sono restrizioni e le persone possono circolare liberamente. Di più: in Francia, a differenza che da noi e anche della Germania, le scuole sono rimaste aperte e pure le mense. Per quanto riguarda la Spagna, i locali sono aperti fino alle 22 e si può circolare liberamente. Tralascio la Gran Bretagna perché in queste settimane sta registrando un boom di prenotazioni turistiche, in quanto non solo non c'è un lockdown, ma gli inglesi intravedono la luce in fondo al tunnel. Tutto ciò a dimostrazione che noi, dopo aver doppiato l'anno, siamo allo stesso punto da cui eravamo partiti, cioè ai blocchi, ai ristori che non ci sono e così via. Certo non è colpa di questo governo, ma Draghi dovrebbe ricordare che la luna di miele dura 100 giorni e il primo mese è già passato: ne restano due.