- Il cda del Leone fissa le tappe per arrivare a una risposta su Banca Generali. Palermo a capo del comitato parti correlate.
- Mentre l’offerta di Unicredit è in bilico, l’ad Castagna presenta i migliori profitti di sempre (+38%) e rialza le previsioni.
Il cda del Leone fissa le tappe per arrivare a una risposta su Banca Generali. Palermo a capo del comitato parti correlate.Mentre l’offerta di Unicredit è in bilico, l’ad Castagna presenta i migliori profitti di sempre (+38%) e rialza le previsioni. Lo speciale contiene due articoli.L’operazione più delicata della finanza italiana entra nel vivo, ma tra partite di governance, segnali politici e pressioni di mercato, la strada appare tutt’altro che in discesa. Il consiglio di amministrazione di Generali ha avviato ufficialmente l’esame dell’offerta pubblica di scambio lanciata da Mediobanca su Banca Generali, aprendo il dossier con la cautela richiesta da un’operazione che tocca equilibri profondi.Il primo passo formale riguarda l’assetto dei comitati consiliari con la nomina dei nuovi membri a partire da quello cruciale sulle operazioni con parti correlate. Vale a dire l’organismo che avrà un ruolo determinante nel valutare l’Ops lanciata da Piazzetta Cuccia. A guidare il comitato sarà un rappresentante della minoranza, in ossequio ai criteri di imparzialità richiesti in questi casi. Al tempo stesso, si registra un avvicendamento simbolicamente rilevante: Fabrizio Palermo prende il posto di Flavio Cattaneo, dimissionario a causa dei crescenti impegni legati alla sua carica di amministratore delegato di Enel. Una sostituzione che, seppur tecnica, offre una fotografia delle tensioni sotterranee che attraversano i vertici del Leone e il suo complicato rapporto con Mediobanca.Sul fronte istituzionale i segnali che arrivano da Roma non sembrano entusiasti. Il numero uno di Mediobanca, Alberto Nagel, si è recato a Palazzo Chigi nel tentativo di rassicurare il governo e cercare una sponda politica all’operazione. Ma l’incontro si è rivelato tutt’altro che caloroso: Nagel è stato ricevuto solo da Gaetano Caputi capo di gabinetto della presidenza del Consiglio. Segno di grande freddezza verso un’operazione che potrebbe modificare radicalmente la geografia del potere finanziario.A complicare la partita della governance c’è l’annuncio di una procedura d’infrazione contro l’Italia da parte della Commissione Ue. I rilievi riguardano la gestione delle deleghe di voto nelle assemblee degli azionisti. A parere dei burocrati di Bruxelles le norme italiane sul voto azionario non rispettano le regole della rappresentanza.Come se non bastasse, anche i mercati alzano la posta. Il titolo di Mps, che ha lanciato l’Ops su Mediobanca, continua a soffrire in Borsa, mentre le azioni di Piazzetta Cuccia tengono meglio. Il risultato è che lo sconto implicito tra Mps e Mediobanca ha raggiunto il 9%, rendendo ancora più costosa una possibile aggregazione futura. All’appello, infatti, mancano due miliardi da versare in contante. Una cifra che potrebbe modificare radicalmente i presupposti finanziari dell’intero progetto.In questo scenario, l’Ops su Banca Generali diventa il primo banco di prova, tanto per i rapporti tra Mediobanca e Generali quanto, soprattutto per i rapporti fra Roma e Milano.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/donnet-prende-tempo-nessuna-decisione-sullops-mediobanca-2671919090.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="particle-1" data-post-id="2671919090" data-published-at="1746722788" data-use-pagination="False"> Mentre l’offerta pubblica di scambio lanciata da Unicredit fa il suo corso, Banco Bpm mette a segno il miglior trimestre della sua storia e rilancia la sfida sul terreno dell’autonomia. L’amministratore delegato Giuseppe Castagna, nel presentare i conti alla comunità finanziaria annuncia il record di profitti e il rialzo della stime per il 2025 portandole da 1,7 a 1,95 milioni. Ribadisce l’intenzione della banca di ballare da sola. «I risultati», dice, «ci proiettano in anticipo rispetto alla traiettoria di piano avendo raggiunto il target fissato per il 2026».L’ottimismo è frutto di un primo trimestre chiuso con un utile netto record di 511 milioni (+38% sul 2024). Sale a 549 milioni se si considera l’ integrazione di Anima dopo il successo dell’Opa. Una performance che non solo supera le attese, ma secondo Castagna rappresenta «un punto di partenza imprescindibile prima delle sinergie di eventuali operazioni straordinarie».A supporto dei conti ci sono ricavi in crescita del 2,9% a 1,48 miliardi, con un risultato della gestione operativa salito a 831 milioni (+8,6%). Il margine di interesse, in calo del 5,5%, è stato compensato dalla crescita delle commissioni nette (+6,2%).Il messaggio è quello ricorrente di queste ultime settimane: Banco Bpm ha la forza per camminare da sola. Lo afferma senza giri di parole, Giuseppe Castagna, disegnando una traiettoria di crescita «superiore alle attese del piano strategico». Un obiettivo che si avvicina a grandi passi al target triennale e che rafforza la convinzione che la banca ha la forza di procedere da sola. Né la mancanza del Denish compromise sull’operazione Anima ha lasciato ferite gravi sul patrimonio. Certo il coefficiente di solidità è sceso dal 14,76% al 13% ma è rimasto largamente sopra il livello di guardia.Soprattutto Castagna ci tiene a sottolineare l’impegno della banca per lo sviluppo del territorio. Gli impieghi toccano i 97,2 miliardi, con nuove erogazioni per 8,2 miliardi, a testimonianza di un continuo sostegno all’economia reale italiana. Ad aprile, lo stock ha superato i 10 miliardi, segnando un nuovo massimo.L’operazione di Opa su Anima - che ha sollevato interrogativi e richieste di chiarimento da parte di Unicredit - è ormai incorporata nei parametri patrimoniali, e secondo Banco Bpm non rappresenta un ostacolo al percorso di crescita autonoma..In un contesto in cui Unicredit osserva e valuta, Banco Bpm parla ancora una volta il linguaggio dell’indipendenza. «Ci aspettiamo qualcosa da Unicredit» dice Castagna e «vedremo cosa succederà» con l'Ops, ma «fino ad allora proseguiamo stand alone, che è molto soddisfacente per noi». Ora la parola passa ad Andrea Orcel che domenica riunisce il cda di Piazza Aulenti per l’esame dei conti. Sarà quella la sede per annunciare l’intenzione di andare avanti sull’Ops.
Ansa
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Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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