2021-03-07
Da Dogane e Protezione civile ok alle mascherine fuorilegge
L'agenzia di controllo ha allentato le verifiche sui dispositivi arrivati nel nostro Paese a causa dei «buchi» del Cura Italia. Il rimpallo di responsabilità tra la Protezione civile del Lazio e l'Inail sulle mascherine con licenze false vendute dalla cricca.Dalle carte dell'inchiesta romana sulle mascherine senza certificazioni che hanno portato all'arresto di tre imprenditori emerge in modo plastico e drammatico la faciloneria con cui in Italia sono entrati milioni di dispositivi di protezione individuale non idonei. Un filtraggio praticamente inesistente che è stato garantito dalle maglie larghe del decreto Cura Italia. E di questa mancanza di controlli hanno furbescamente approfittato imprenditori senza scrupoli, ma anche funzionari pubblici alla ricerca disperata di Dpi, ma anche di medaglie sul petto. Quasi subito la Protezione civile ha scaricato le responsabilità sulla distribuzione dei dispositivi di protezione «farlocchi» della European network Tlc (Ent) sull'ufficio delle Dogane di Roma 2 (Fiumicino).Infatti il responsabile della Protezione civile del Lazio, Carmelo Tulumello, ha dichiarato ai pm: «Il controllo sulla merce per noi era quella effettuata dalle Dogane e quando arrivava al nostro magazzino veniva poi distribuita. Facevamo un controllo quantitativo sui colli, ma non qualitativo».Ma la distribuzione di mascherine senza certificazioni ha molti responsabili.E i pasticci scoppiati intorno ai lotti importati dalla Ent sono emblematici. Il 31 marzo, come si legge nell'ordinanza, esce dai cancelli della Dogana la prima partita di Dpi.In quell'occasione i dispositivi non hanno la marcatura Ce prevista dalla legge e dal contratto, ma vengono fatte passare in funzione della deroga prevista all'articolo 15 dal decreto Cura Italia che, di fronte a una semplice autocertificazione, prescrive l'invio all'Inail per l'autorizzazione.Il 7 aprile sbarca un altro carico, questa volta con marcatura Ce non idonea. I doganieri avvertono la Protezione civile che qualcosa non torna. Il 9 aprile Tulumello invia una segnalazione alla Procura e il 10 aprile trasmette una valutazione tecnica dell'Inail «favorevole» per le mascherine sulla base di un test effettuato da laboratorio «non accreditato per i Dispositivi di protezione personale».Peccato che, come hanno riscontrato gli inquirenti, il campione esaminato e promosso fosse «relativo a mascherine Anhui mai consegnate» e solamente, in un secondo momento le Dogane si siano accorte dell'errore e la Protezione civile abbia chiesto al Comitato tecnico scientifico un'ulteriore validazione.Come è stato possibile per i controllori non si siano subito resi conto che i dispositivi promossi in deroga non fossero della stessa marca dei milioni di mascherine vendute dalla Ent e svincolate dalla Dogana?Quei carichi potevano essere tranquillamente fermati alla scoperta delle prime irregolarità sui marchi Ce (assenti o contraffatti). La norma non era difficile da interpretare in modo corretto e comunque l'Antifrode delle Dogane aveva trasmesso ai propri uffici una segnalazione «in merito all'utilizzo improprio e fraudolento di certificati Ce», in cui comparivano anche marchi e centri di validazione utilizzati dalla Ent.Infatti, come previsto dalla legge penale, la cui efficacia non è stata certamente superata dal Cura Italia, si poteva effettuare un sequestro della merce, a prescindere dall'emergenza Covid. La più recente giurisprudenza ha stabilito l'applicabilità di reati come la frode in commercio, le impronte contraffatte di pubblica certificazione e l'apposizione di segni mendaci per la violazione delle norme dell'Unione Europea sulla marcatura Ce.E invece qualcuno deve avere interpretato la deroga come un salvacondotto per qualsiasi tipo di violazione, dalla marcatura Ce non valida alla documentazione palesemente illegittima, a fronte di una semplice autocertificazione, tra l'altro, come riportato nell'ordinanza, sollecitata dall'organismo di controllo che aveva accertato le violazioni, cioè le Dogane.Un suo funzionario, che preferisce rimanere anonimo, ci spiega: «Se si fosse operato il sequestro in quei frangenti, a fine marzo in relazione alla presentazione di documentazione inidonea e anche il 7 aprile in relazione alla marcatura Ce illecitamente apposta sulle mascherine, queste non sarebbero di certo finite negli ospedali a cui erano destinate e in cui potrebbero avere prodotto i loro effetti nefasti. Inoltre i magistrati avrebbero potuto “prendersi cura" della spedizione immediatamente».In questo caso sarebbe stato infatti il giudice a decidere, se si fossero seguite le regole previste dal codice penale, potendo poi disporre delle mascherine anche ai fini di una analisi fisica dei prodotti.Non è dato comprendere quando le mascherine siano poi state effettivamente consegnate alla Protezione civile perché nell'ordinanza si afferma che la merce sarebbe stata tutta consegnata entro il 18 aprile, mentre dalla documentazione doganale sembrerebbe che la seconda spedizione sia stata sdoganata il 5 maggio, pur con dicitura «difforme» nella bolletta doganale consegnata allo spedizioniere.Ma ecco un altro mistero: il 6 maggio, sempre la dogana di Fiumicino ha scritto sia all'Inail che alla Protezione civile una nota avente ad oggetto «segnalazione di Dpi privi di idonea certificazione».In effetti sul sito dall'Agenzia delle Dogane è previsto lo svincolo (ancorché condizionato) anche in presenza di marcatura Ce non idonea (quindi illegittimamente apposta).Di fronte a tutte queste contraddizioni potrebbe risultare incomprensibile quanto riportato in un'informativa della Guardia di finanza in cui si legge che «dalla successione degli eventi emerge in modo fondato l'ipotesi che la disponibilità mostrata da Tulumello a chiudere la vertenza con una transazione, sia la conseguenza della dell'intervento di Bisigani (Bisignani, ndr)». Il riferimento è a Luigi Bisignani, giornalista e lobbista con diversi precedenti penali.Infatti, dagli atti dell'inchiesta risulta che la Regione non ha avviato nessun contenzioso nei confronti della Ent per la qualità dei materiali, ma avrebbe avviato una trattativa per gli ammanchi di Ffp2.Ricordiamo infine che il 28 settembre con determinazione della Regione Lazio la Protezione civile paga alla Ent 1,464.000 euro per un 1,5 milioni di mascherine chirurgiche. La proposta era arrivata a Tulumello & C. il 6 aprile 2020 (numero di protocollo 275943) e il 7 aprile la merce era già stata consegnata. Un caso più unico che raro.
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