2025-04-28
Altro successo del Papa: diventano tutti pacifisti
L'incontro tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky ai funerali di papa Francesco (Ansa)
Da Mauro a Polito, da Concita alla «Stampa»: bastonavano chi eccepiva sulla linea dura sull’Ucraina, ora la svolta mistica al funerale di Roma. Tutti lodano Francesco che «benedice» il dialogo: meglio tardi che mai.Secondo alcuni, papa Francesco ha compiuto il miracolo di far sedere Trump e Zelensky, uno davanti all’altro nel giorno del suo funerale. Di sicuro questo è stato il successo più grande del pontefice nell’ora dell’addio. Tuttavia, Bergoglio ha ottenuto un altro miracoloso risultato, forse più piccolo ma altrettanto significativo. Per la prima volta dopo oltre tre anni ha convinto pure le più accese penne armate a parlare di pace. Era uno spasso leggere ieri commenti e cronache su quotidiani votati fino a ieri alla guerra dura e pura. Cronisti che per mesi hanno sostenuto le ragioni del riarmo e il conflitto fino alla vittoria totale dell’Ucraina, passando sopra anche a una serie di dettagli come la Costituzione e le regole parlamentari, oltre che ad articoli degli stessi trattati europei, all’improvviso sono stati folgorati sulla via di San Pietro, costretti a ragionare di un’intesa sul cessate il fuoco e non di come rinfocolare la guerra.Dimenticando che il messaggio di papa Francesco era stato chiaro e per questo ignorato fino alla fine (la Nato che abbaia alla Russia, il coraggio di alzare bandiera bianca sono frasi accantonate con fastidio), gli editorialisti si sono profusi in un peana del tête-à-tête fra Trump e Zelensky, parlando della benedizione di Bergoglio impartita da lassù. All’improvviso, mentre fino all’altro ieri Bergoglio era trattato come un povero nonno un po’ rincitrullito quando parlava di pace, da Antonio Polito sul Corriere a Concita De Gregorio ed Ezio Mauro su Repubblica si sono chiesti quante divisioni avesse il Papa, per concludere che anche da morto può contare sulle truppe dell’autorità morale e religiosa, che evidentemente fanno la differenza. Le lenzuolate di parole stese per giustificare il piano di riarmo di Ursula von der Leyen sono state spazzate via da poche frasi. «Se un cardinale è riuscito a convertire l’Innominato, volete che un Papa non possa convertire chi fa la guerra?», si è chiesto un genuflesso Polito. Ma se era così semplice, perché l’editorialista del Corriere non ci ha pensato prima? Perché costringerci a un piano di riarmo da 800 miliardi, se a pacificare gli animi era sufficiente una benedizione papale? La riscoperta del pontefice come massima autorità contro i conflitti globali è il vero miracolo di Bergoglio. Perché in un amen ha messo d’accordo credenti e mangiapreti, i quali si sono convertiti al potere temporale della Chiesa e sognano una divina provvidenza laica in grado di mettere d’accordo gli estremi, Trump, Zelensky e Putin.«Una chiesa è una chiesa», ha scritto in preda a un delirio mistico Concita De Gregorio. «Quella foto dimostra che un pavimento importante fa tutto, che il giallo (dei colori pontifici, ndr) illumina. Che gli spazi ampi aiutano. Per la prospettiva, e in generale per la convivenza… Sei pur sempre a San Pietro, bisogna che parli a bassa voce. Che la Chiesa con la maiuscola è il luogo supremo della politica: da sempre, per sempre». Tutto qui? Bastava dirlo. Invece di ignorare le parole di Bergoglio, sulla Nato e sulla bandiera bianca, era sufficiente dirgli: ascolti, caro pontefice, lo convochi lei un vertice, ma lo faccia in Vaticano, tra gli stucchi dorati, l’odore di incenso e le sottane rosse dei cardinali, che fanno tanto chic (al lato debole di Concita non è però piaciuto il vestito blu di Trump: forse si prepara a chiedere a Elly Schlein di prestargli la sua armocromista). Se l’abito non fa il monaco, che almeno a fare la differenza sia la sede. Ovviamente Santa.Ezio Mauro invece, si è commosso di fronte alla provvidenza laica scesa su piazza San Pietro per mettere in contatto Trump e Zelensky. «Una raffigurazione eccezionale», ha scritto anche lui colpito dal «contrasto fra il rosso dei cardinali, con la berretta sui capelli bianchi, e il recinto del potere con gli abiti scuri dei sovrani e dei governanti del mondo». Quanta emozione. Ma quella più grande è scoprire che alla fine persino il cappellano di una Repubblica rossa e di carta invoca la promessa di San Tommaso e la trasforma in speranza laica: «I riti significano ciò che le parole annunciano, e i sacramenti producono ciò che significano». Dunque, si benedica anche il Papa appena scomparso quando cede alla bandiera bianca, avendo fiducia «nella risorsa suprema e fondamentale della sua fede, la misericordia».Belle parole, come quelle vergate sulla prima pagina dal direttore della Stampa, Andrea Malaguti, il quale sotto il titolo «La potenza di San Pietro e quella bara di legno» ha riconosciuto la forza straordinaria delle immagini di un funerale. «Abbiamo bisogno dell’eterno. Ma lo rifiutiamo. E mai la vanità dei Grandi della Terra, radunati come scolaretti egocentrici che pretendono la prima fila sul maestoso sagrato di San Pietro, sono sembrati tanto fragili, superficiali e infantili, prigionieri della ragnatela del potere, delle contraddizioni pacchiane di chi pretende di dominare il mondo senza sentire il ridicolo di farlo perfino sotto lo sguardo del proprio Dio». Un’enciclica degna di essere pubblicata domani sull’Osservatore romano.Non so se la passione del Papa sia riuscita a convertire alla pace i potenti della Terra: al momento pare solo aver fatto parlare Trump e Zelensky. Tuttavia, il funerale di Bergoglio ha convertito l’esercito di penne armate che da tre anni combatte su tutti i fronti quanti parlano di pace, di tregua, di necessità di riconoscere - con amarezza - che ci sono guerre che si possono vincere e altre no, per fermare le quali, come diceva il pontefice, è meglio alzare bandiera bianca. Non so se sia frutto dello Spirito Santo, sceso su piazza San Pietro, se sia la divina provvidenza o quella laica. So solo che per almeno un giorno l’esercito di combattenti da salotto è parso placarsi. Grazie Francesco.
Kim Jong-un (Getty Images)
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È stato pubblicato sul portale governativo InPA il quarto Maxi Avviso ASMEL, aperto da oggi fino al 30 settembre. L’iniziativa, promossa dall’Associazione per la Sussidiarietà e la Modernizzazione degli Enti Locali (ASMEL), punta a creare e aggiornare le liste di 37 profili professionali, rivolti a laureati, diplomati e operai specializzati. Potranno candidarsi tutti gli interessati accedendo al sito www.asmelab.it.
I 4.678 Comuni soci ASMEL potranno attingere a queste graduatorie per le proprie assunzioni. La procedura, introdotta nel 2021 con il Decreto Reclutamento e subito adottata dagli enti ASMEL, ha già permesso l’assunzione di 1.000 figure professionali, con altre 500 selezioni attualmente in corso. I candidati affrontano una selezione nazionale online: chi supera le prove viene inserito negli Elenchi Idonei, da cui i Comuni possono attingere in qualsiasi momento attraverso procedure snelle, i cosiddetti interpelli.
Un aspetto centrale è la territorialità. Gli iscritti possono scegliere di lavorare nei Comuni del proprio territorio, coniugando esigenze professionali e familiari. Per gli enti locali questo significa personale radicato, motivato e capace di rafforzare il rapporto tra amministrazione e comunità.
Il segretario generale di ASMEL, Francesco Pinto, sottolinea i vantaggi della procedura: «L’esperienza maturata dimostra che questa modalità assicura ai Comuni soci un processo selettivo della durata di sole quattro settimane, grazie a una digitalizzazione sempre più spinta. Inoltre, consente ai funzionari comunali di lavorare vicino alle proprie comunità, garantendo continuità, fidelizzazione e servizi migliori. I dati confermano che chi viene assunto tramite ASMEL ha un tasso di dimissioni significativamente più basso rispetto ai concorsi tradizionali, a dimostrazione di una maggiore stabilità e soddisfazione».
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Roberto Occhiuto (Imagoeconomica)