
Cancellate le gare del 26, fra cui quella dell’Inter. I nerazzurri chiedono una deroga, dopo ore di trattative la ottengono, ma poi fanno un passo indietro: in campo domenica.Il pallone si ferma, non rotolerà sabato sera. Era il dubbio che circondava Inter-Roma. Ieri sera sembrava tutto fatto per anticiparla a sabato, nonostante i funerali solenni di papa Francesco e le polemiche che hanno investito la Serie A. Ma a poche ore dall’ufficialità della Lega, quando i giochi sembravano ormai chiusi, ecco spuntare il dietrofront dell’Inter per evitare polemiche. Insomma, quando si gioca? Da nota della Lega il giorno sarebbe stato sabato, ma la situazione è cambiata (su richiesta finale nerazzurra): Inter-Roma sarà domenica alle 15. Sembrava avesse prevalso una linea pragmatica: il Barcellona, prossimo avversario dei nerazzurri in Champions, giocherà anch’esso sabato nella Copa del Rey contro il Real Madrid. Era passata insomma l’idea di non voler concedere vantaggio competitivo ai catalani, nonostante il lutto nazionale per la scomparsa del pontefice. Quindi è scattata la richiesta di una deroga, anche perché le altre partite (Como-Genoa, Lazio-Parma) saranno posticipate a domenica e lunedì. Ma in realtà non si potrebbe parlare neppure di deroga. Anche perché da Palazzo Chigi è arrivato un semplice «invito» - e non un ordine - a differire eventi sportivi programmati il giorno delle esequie, come segno di rispetto. Ma la Lega Serie A, dopo un’attenta riflessione e presa visione del quadro completo, ha optato per proseguire: troppe le complessità logistiche, troppo strette le finestre disponibili per i recuperi, soprattutto per l’Inter impegnata nelle coppe europee. Una decisione che invece che spegnere le polemiche le ha alimentate ancora di più. Anche perché la scelta della Lega era in totale controtendenza con quanto aveva annunciato nel primo pomeriggio il ministro Nello Musumeci, che al termine di un incontro a Palazzo Chigi aveva stabilito la sospensione delle partite di serie A di sabato. Un vero delirio. Del resto, anche le anime del pallone sono tutt’altro che allineate sulla questione. Il fronte istituzionale continua a difendere le scelte, anche in una situazione così complessa. Ma la realtà è che condivisa, questa faccenda, non lo è mai stata del tutto. Lo dimostrano le reazioni stizzite di Lazio e Fiorentina, travolte da una gestione più che mai complicata di questa settimana calcistica. Le due squadre erano già in aeroporto - i viola addirittura a bordo dell’aereo - quando è arrivato il dietrofront di Pasquetta. Prima il comunicato che parlava di «rinvio a data da destinarsi», poi un secondo, che fissava il recupero delle partite per la giornata di oggi alle 18.30. Un balletto di orari e destinazioni che ha generato caos e spese impreviste: la Fiorentina ha dovuto trovare un hotel a Cagliari, la Lazio è tornata a Roma e sarà costretta a volare nuovamente a Genova.Il presidente Claudio Lotito ha scritto una Pec al Coni, alla Lega e alla Figc, chiedendo un rinvio completo del turno di campionato «in segno di doveroso omaggio al Santo Padre». Una posizione che è stata condivisa da alcune società, ma non da tutte. E proprio nella giornata di ieri, sin dalle prime ore del pomeriggio, c’è chi, dietro le quinte, ha fatto sapere di essere contrario a fermare l’intero weekend, invocando buonsenso e coerenza con altri eventi sportivi in calendario. Tra questi soggetti c’è appunto l’Inter, che ha spinto sin da subito per mantenere gli orari precedenti anche grazie al presidente Giuseppe Marotta. Alla fine aveva prevalso la linea Marotta, quella di Lotito è rimasta sepolta. Poi l’ennesimo dietrofront. In questa giostra, anche Dazn avrebbe avuto voce in capitolo. L’emittente, detentrice dei diritti televisivi di Serie A ha spinto per evitare la concentrazione di partite nella stessa fascia oraria domenicale, e soprattutto per non danneggiare la visibilità della supersfida Inter-Roma. La piattaforma teme che la contemporaneità possa frammentare l’audience e ridurre il valore dell’evento di cartello. Sul fronte tifosi, intanto, cresce la rabbia per l’ennesimo rimpallo di responsabilità.
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