2024-03-09
I dirigenti europei fanno la gara a chi getta più benzina sul fuoco
Il polacco Donald Tusk sostiene che il nostro continente viva una fase prebellica e che «i tempi della calma beata sono finiti». È solo l’ultimo leader Ue a usare parole irresponsabili che ci portano sull’orlo del precipizio.Sembra che tutti abbiano una gran voglia di fare la guerra. Va beh, si capisce Volodymyr Zelensky, che da due anni tira per la giacca gli Stati Uniti e l’Europa perché sa che senza l’aiuto occidentale l’Ucraina ha ben poche possibilità di resistere all’invasione russa. Ma gli altri? Perché tutta questa fregola di buttarsi nelle braccia di un conflitto?Il buon senso dovrebbe suggerire a tutti di gettare acqua sul fuoco e invece, dai principali leader europei, per finire all’ultimo aspirante statista, fanno a gara a buttare benzina. Donald Tusk, premier polacco che appena vinte le elezioni si è incaricato di mettere in galera alcuni oppositori e di cacciare i vertici di radio e tv in nome della democrazia, l’altro ieri ha spiegato che l’Europa si trova in un’era prebellica, come prima della seconda guerra mondiale. Parlando al congresso annuale del Partito popolare europeo a Bucarest, il nuovo beniamino della Ue ha detto che «i tempi della calma beata sono finiti, l’epoca del dopoguerra è passata e ora siamo in una fase prebellica». Il resto del discorso è stato tutto un armiamoci e partiamo. Perché secondo Tusk o intraprendiamo la lotta per difendere i nostri confini, il nostro territorio e i nostri principi oppure saremo preda dell’orco, dove il personaggio disgustoso e volgare altri non sarebbe che Vladimir Putin.Sullo zar del Cremlino possiamo anche essere d’accordo: certo non è propriamente un gentiluomo, ma questo, per quanto ci riguarda, non lo abbiamo scoperto oggi, ma dai tempi di Litvinenko e di Anna Politkovskaja, quando cioè i politici di tutta Europa, a cominciare da Angela Merkel per finire a Paolo Gentiloni, facevano a gara per stringergli la mano, evitando di chiedersi se fosse insanguinata oppure no. Però, se il giudizio che riguarda Putin ci trova d’accordo, sulla fretta con cui una serie di esponenti politici europei si dichiarano pronti a prendere il fucile per fare la guerra alla Russia abbiamo più di una riserva e inviteremmo alla cautela. Già, perché si fa in fretta a dire, come ha fatto Emmanuel Macron, che essendo debolissimo in patria spera di rifarsi all’estero, che potremmo schierare dei militari europei in Ucraina. Inviare le truppe al fronte significa entrare in guerra e infatti i russi appena udite le parole del presidente francese hanno subito preso la palla al balzo per denunciare le manovre ostili della Nato e dell’Europa. Già siamo sull’orlo del baratro, perché non c’è nessuno che possa spiegare come inviare massicce quantità di armamenti a una delle parti in conflitto possa non essere considerato un atto di guerra. Ma schierare i militari in un teatro bellico non può di certo essere considerata un’operazione di peace keeping. I nostri soldati sono stati spesso mandati all’estero a difendere la pace, ma dopo che le armi avevano smesso di sparare. In Bosnia, in Libano e in tanti altri Paesi erano forze che dovevano vigilare sul rispetto della tregua, non assistere uno dei due belligeranti. Ma questo concetto, che sembrerebbe chiaro anche a un bambino, ad alcuni risulta oscuro. O meglio, fanno finta di non capire, anche se probabilmente capiscono benissimo. Tusk, che sta sulla linea del fronte e da sempre sente il fiato di Mosca sul collo, probabilmente desidera che la Nato si schieri, perché così lui e il suo Paese si sentirebbero più sicuri. Anche l’Ucraina avrebbe piacere che la Nato intervenisse direttamente nel conflitto, così i soldati che sono stanchi di combattere e i giovani che di indossare la divisa non hanno nessuna intenzione (il Washington Post ha di recente pubblicato un articolo per spiegare che le Forze armate di Kiev sono sotto organico e gli uomini in età da combattimento si danno alla macchia) avrebbero risolto il loro problema. Gli europei, se non per loro, almeno combatterebbero al loro fianco.Del resto Zelensky lo ha fatto capire in tutti i modi, anche l’altro ieri, dicendo che se Putin sfonda, tocca a noi italiani combattere.Ovviamente nessuno si sente in dovere di chiedere ai giovani d’Europa se sono pronti ad imbracciare il fucile. Di certo non lo sono gli americani: anche ieri Biden ha detto che invierà molte armi, ma nessun soldato. Dunque, secondo Tusk, Macron, Zelensky e non sappiamo quanti altri, tocca a noi. Dobbiamo prepararci come prima che scoppiasse la Seconda guerra mondiale. Ma qualcuno lo ha detto agli italiani? Qualcuno si è preso la briga di leggere I sonnambuli, ovvero quel meraviglioso tomo in cui lo storico Christopher Clark racconta come l’Europa si avviò a occhi chiusi verso il primo conflitto globale della storia? Tutti pensavano che la guerra non fosse dietro l’angolo e nessuno probabilmente voleva combatterla, ma poi all’improvviso si udirono i suoni dei cannoni e il crepitio delle mitragliatrici. Ieri sul Corriere il ministro francese Jean-Noel Barrot ha spiegato che non dobbiamo fare la guerra alla Russia, ma solo fermare Putin. Certo, ovvio. Peccato che la seconda cosa non sia possibile senza la prima. Anzi, senza che si formi un’alleanza fra la Russia e alcuni Paesi canaglia, a cominciare dall’Iran per finire con la Cina. Infatti, il rischio non è che l’Occidente entri in guerra con Mosca, ma che, senza rendersene conto, precipiti in una nuova guerra mondiale. Con buona pace di Tusk e di tutti i guerrafondai vestiti da pacifisti.
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