2025-01-23
Difesa, Mercosur e dazi. Su questi dossier la Meloni può far da sola con Trump
Il tycoon vuole incrementare la fornitura di Gnl americano all’Europa. Se si arrivasse alla rottura con la Commissione, ci sono tre temi su cui il premier avrebbe mani libere.«Trump è un mercante e sta mercanteggiando. I dazi sono, per ora, solo una minaccia. Se e quando verranno davvero imposti, ne parleremo». Una fonte autorevole del Parlamento europeo commenta così, con La Verità, le parole del presidente degli Stati Uniti, che è tornato a minacciare i Paesi europei: «Saranno soggetti a dazi», ha detto Trump, «se non correggeranno gli squilibri commerciali. Ci trattano molto, molto male. Quindi, dovranno pagare i dazi. Non puoi ottenere giustizia se non fai questo».Dazi ma non solo: l’Europa, di fronte all’approccio muscolare di Trump in politica estera, si ritrova, manco a dirlo, fragile e divisa. Una divisione che lo stesso Trump acuisce e, del resto, si sa che per il tycoon l’Europa in quanto tale non esiste, esistono i singoli Stati coi quali trattare. In questa situazione così complessa, Giorgia Meloni ricopre un ruolo fondamentale grazie al rapporto privilegiato che il nostro presidente del Consiglio ha con l’amministrazione americana. Alcuni retroscena dipingono la Meloni già pronta a sganciarsi dal resto dell’Europa per trattare con Trump autonomamente. «È un gioco sporco», dice alla Verità un big di Fratelli d’Italia, «quello di chi cerca di disarcionare Giorgia dal ruolo di leadership che si è guadagnata in Europa. La nostra premier ha ottimi rapporti con Trump ma anche con Ursula von der Leyen, che si è resa conto dello spostamento a destra del continente ed è molto più ragionevole anche sul Green deal. Tentano di nuovo di dipingere Giorgia come isolata mentre ora, con la tensione tra Washington e Bruxelles, per l’Europa è diventata addirittura indispensabile».Il ragionamento è molto chiaro: «Trump parla di dazi», aggiunge il nostro interlocutore, «ma sta trattando. Vuole che noi europei compriamo il gas liquido americano che però, tra trasporto e rigassificazione, costa tantissimo. Un costo che può calare se gli Usa riducono i profitti. Trattiamo, negoziamo. Certo, se alla fine Giorgia capirà che si va al muro contro muro, sai chi sceglierà tra Trump e l’Europa? Sceglierà l’Italia». Ovvero? «Ovvero», risponde il nostro interlocutore, «lavorerà per convincere Trump a imporre dazi selettivi, che non colpiscano i prodotti esportati dall’Italia se non in minima parte. È una partita complessa, ma appena iniziata».La Meloni, se la trattativa Ue-Usa dovesse fallire, lavorerà per tenere fuori dai dazi la maggior parte dei prodotti che gli Stati Uniti importano dal nostro Paese. Del resto, Trump ce l’ha con Berlino per almeno due motivi: la Germania si oppone ai dazi contro la Cina ed è la nazione europea con il maggiore surplus commerciale nei confronti degli Usa (+80 miliardi di euro in media tra il 2022 e il 2024, secondo una elaborazione di Ispi). Pesa soprattutto il settore delle automobili, con più di mezzo milione di vetture l’anno. Il surplus commerciale dell’Italia nei confronti degli Usa è, invece, di 40 miliardi, subito dopo l’Irlanda (+73) e prima della Francia (+10). La parte del leone la fanno i macchinari industriali, seguiti da prodotti farmaceutici, navi e altri mezzi di trasporto, abbigliamento, prodotti in pelle, alimentari.Complessa è tutta la materia, a partire da chi ipotizza di rispondere con dazi europei sui prodotti americani a una eventuale guerra commerciale scatenata da Trump. L’Italia potrebbe, in quel caso, agire in autonomia, sganciandosi dal resto dell’Europa, magari insieme ad altri Stati? Difficile dirlo: il commercio con l’estero è prerogativa dell’Unione, ma le politiche fiscali sono nella sovranità di ciascuno Stato.Un settore nel quale l’Italia sta già trattando in maniera indipendente con gli Stati Uniti è quello della difesa, come dimostra il negoziato per i servizi di comunicazione forniti da Starlink, la costellazione di satelliti di Elon Musk. In questo caso non c’è neanche bisogno di smarcarsi dall’Europa, dato che la stessa Europa si è tagliata le gambe da sola. Il sistema continentale Iris2, infatti, che dovrebbe costituire l’alternativa a Starlink, è un carrozzone che fino ad ora ha solo assorbito un sacco di soldi ma che è nel lontano dall’essere operativo: se ne parlerà, se tutto andrà bene, nel 2030. Trattare con Musk (personaggio che, al di là di certe narrazioni, è in realtà legatissimo al Pentagono) è non solo una opzione, ma una necessità.Un altro aspetto da non sottovalutare è l’accordo di libero scambio tra Europa e Mercosur, (Argentina, Brasile, Paraguay, Venezuela e Uruguay). Un accordo che vede gli Stati Uniti nettamente contrari e che Giorgia Meloni ha già chiaramente detto di non voler approvare, intervenendo sul punto lo scorso 14 dicembre in occasione delle comunicazioni alla Camera in vista del Consiglio europeo. «Senza riequilibrio», ha sottolineato la Meloni, «non c’è sostegno all’accordo del Mercosur. L’Italia condivide l’opportunità di continuare a investire in America Latina, un continente molto simile all’Italia che rischiamo di abbandonare ad attori globali non occidentali», ricordando al tempo stesso l’impatto di queste intese sul sugli agricoltori che «spesso hanno pagato il prezzo più alto perché altri Paesi non rispettano gli stessi standard alimentari che imponiamo ai nostri produttori. L’accordo deve offrire garanzie concrete e opportunità di crescita anche al mondo agricolo europeo. Si sta studiando l’accordo e sosterremo le nostre convinzioni», ha aggiunto la Meloni, «prendendoci il tempo necessario per vedere se le nostre richieste saranno soddisfatte». L’accordo deve essere ancora ratificato dal Consiglio europeo, il «no» dell’Italia sarà determinante.
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
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