Prima che nascessero i social, esisteva una modalità di guardare l'altro che li aveva già legittimati. Uno sguardo piatto, che sostituiva le persone con le loro carcasse, che le riduceva - anzitutto tramite l’immagine - a «mezzo di distruzione di ciò che fa dell’uomo un uomo». Il grande scrittore, critico e artista Giovanni Testori (1923-1993) usava questa espressione qualche lustro prima che arrivassero Facebook e Instagram, dove sbirciare i reel delle vittime di stupro. Dalla «terza pagina» del Corriere della Sera, dove di fatto prese il posto di Pier Paolo Pasolini, introdusse uno sguardo carico di pietà e di profondità sulle cronache minime, erette a fondamento di editoriali che hanno scritto la storia del giornalismo. «Dialoghi testardi» legge questa stagione testoriana nell’anno del doppio anniversario (100 dalla nascita, 30 dalla morte), provando a intercettare i caratteri del suo sguardo sul presente, sui fatti e i protagonisti del tempo con Luca Doninelli, scrittore, amico e «figlio» dell’autore del «Dio di Roserio». A partire dalla lettura d’eccezione del grande attore Sandro Lombardi, nel colloquio Doninelli spiega l'attualità di Testori, che aveva colto i segnali della «de-umanizzazione» che accompagnavano un certo racconto, e la documenta anche attraverso il filtro dell’esperienza personale con il suo maestro.
I Finanzieri del Comando provinciale hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari nei confronti di tre persone, accusate dei reati di corruzione e turbativa d'asta.
L’operazione, condotta dalle Fiamme Gialle della Compagnia di Velletri e coordinata dalla locale Procura della Repubblica, ha permesso di far luce su gravi irregolarità commesse nell’ambito delle vendite giudiziarie immobiliari da parte di alcuni curatori fallimentari e professionisti delegati.
Le indagini hanno rivelato l’esistenza di un consolidato sistema illecito basato su rapporti di collusione tra gli indagati e i professionisti incaricati delle aste giudiziarie. Questi ultimi, violando i doveri connessi al loro ruolo di pubblici ufficiali, pilotavano le aggiudicazioni a favore di soggetti compiacenti riconducibili all’organizzazione.
Secondo quanto emerso, il meccanismo corruttivo aveva come effetto l’esclusione di altri potenziali offerenti, con aste non pubblicate e aggiudicazioni a prezzi irrisori rispetto al valore reale degli immobili. Emblematico il caso della vendita di un bene del valore di oltre 700.000 euro, aggiudicato per soli 27.000 euro, dietro il pagamento di una tangente in contanti da 40.000 euro da parte di un cittadino di nazionalità indiana.
Gli indagati, per abbattere progressivamente il valore della base d’asta, hanno falsamente attestato l’esecuzione di ben 17 aste pubbliche mai effettivamente svolte. L’obiettivo era quello di permettere la partecipazione esclusiva del soggetto corrotto, l’unico che era a conoscenza della vendita all’incanto.
Nel corso delle perquisizioni eseguite presso le sedi societarie e le abitazioni dei soggetti coinvolti, sono state rinvenute macchinette conta-soldi e circa 30.000 euro in contanti, ritenuti parte del sistema illecito.
Il procedimento è attualmente nelle fasi delle indagini preliminari e, fino al giudizio definitivo, vige la presunzione di non colpevolezza.
L’attività investigativa conferma l’impegno della Guardia di Finanza nella tutela della legalità e della trasparenza nelle procedure pubbliche e giudiziarie.
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