Prima che nascessero i social, esisteva una modalità di guardare l'altro che li aveva già legittimati. Uno sguardo piatto, che sostituiva le persone con le loro carcasse, che le riduceva - anzitutto tramite l’immagine - a «mezzo di distruzione di ciò che fa dell’uomo un uomo». Il grande scrittore, critico e artista Giovanni Testori (1923-1993) usava questa espressione qualche lustro prima che arrivassero Facebook e Instagram, dove sbirciare i reel delle vittime di stupro. Dalla «terza pagina» del Corriere della Sera, dove di fatto prese il posto di Pier Paolo Pasolini, introdusse uno sguardo carico di pietà e di profondità sulle cronache minime, erette a fondamento di editoriali che hanno scritto la storia del giornalismo. «Dialoghi testardi» legge questa stagione testoriana nell’anno del doppio anniversario (100 dalla nascita, 30 dalla morte), provando a intercettare i caratteri del suo sguardo sul presente, sui fatti e i protagonisti del tempo con Luca Doninelli, scrittore, amico e «figlio» dell’autore del «Dio di Roserio». A partire dalla lettura d’eccezione del grande attore Sandro Lombardi, nel colloquio Doninelli spiega l'attualità di Testori, che aveva colto i segnali della «de-umanizzazione» che accompagnavano un certo racconto, e la documenta anche attraverso il filtro dell’esperienza personale con il suo maestro.
Lo ha detto il vicepresidente esecutivo della Commissione europea per la Coesione e le Riforme Raffaele Fitto, a margine della conferenza stampa sul Transport Package, riguardo al piano di rinnovamento dei collegamenti ad alta velocità nell'Unione Europea.
L’ex procuratore aggiunto di Pavia, Mario Venditti, è inciampato nei ricordi. Infatti, non corrisponde al vero quanto da lui affermato a proposito di quella che appare come un’inversione a «u» sulla posizione di Andrea Sempio, per cui aveva prima annunciato «misure coercitive» e, subito dopo, aveva chiesto l’archiviazione. Ieri, l’ex magistrato ha definito una prassi scrivere in un’istanza di ritardato deposito delle intercettazioni (in questo caso, quelle che riguardavano Andrea Sempio e famiglia) che la motivazione alla base della richiesta sia il fatto che «devono essere ancora completate le richieste di misura coercitiva». Ma non è così. Anche perché, nel caso di specie, ci troviamo di fronte a un annuncio al giudice per le indagini preliminari di arresti imminenti che non arriveranno mai.
L’ergastolo? È passato di moda. Anche se una madre lascia morire di stenti la sua bambina di un anno e mezzo per andare a divertirsi. Lo ha gridato alla lettura della sentenza d’appello Viviana Pifferi, la prima accusatrice della sorella, Alessia Pifferi, che ieri ha schivato il carcere a vita. Di certo l’afflizione più grave, e che non l’abbandonerà finché campa, per Alessia Pifferi è se si è resa conto di quello che ha fatto: ha abbandonato la figlia di 18 mesi - a vederla nelle foto pare una bambola e il pensiero di ciò che le ha fatto la madre diventa insostenibile - lasciandola morire di fame e di sete straziata dalle piaghe del pannolino. Nel corso dei due processi - in quello di primo grado che si è svolto un anno fa la donna era stata condannata al carcere a vita - si è appurato che la bambina ha cercato di mangiare il pannolino prima di spirare.
È un giudice, lo anticipiamo ai lettori, contrario alla riforma della giustizia approvata definitivamente dal Parlamento e voluta dal governo, ma lo è per motivi diametralmente opposti rispetto ai numerosi pm che in questo periodo stanno gridando al golpe. Roberto Crepaldi ritiene, infatti, che l’unico rischio della legge sia quello di dare troppo potere ai pubblici ministeri.
Magistrato dal 2014 (è nato nel 1985), è giudice per le indagini preliminari a Milano dal 2019. Professore a contratto all’Università degli studi di Milano e docente in numerosi master, è stato componente della Giunta di Milano dell’Associazione nazionale magistrati dal 2023 al 2025, dove è stato eletto come indipendente nella lista delle toghe progressiste di Area.






