2018-09-19
Di Maio: «Un ministro serio i soldi li trova»
Freddezza da parte di Giovanni Tria sulle coperture per il reddito di cittadinanza. Il vicepremier grillino attacca: «Pretendo che ci siano le risorse per gli italiani in difficoltà». Il Mef pensa alla flat tax: «Si deve andare oltre, riducendo il carico fiscale sulla classe media».Giancarlo Giorgetti sulle Olimpiadi invernali: «La proposta a tre è morta qui». Milano e Cortina tentano la candidatura a due, tagliando fuori Torino e il M5s.Lo speciale contiene due articoliL'incontro che si è tenuto a Palazzo Chigi due sere fa sulla manovra economica ha destato non pochi malumori all'interno della maggioranza. Lo scontro si è consumato soprattutto tra due ministri dell'esecutivo: Giovanni Tria, numero uno del dicastero dell'Economia, e Luigi Di Maio, vicepremier e responsabile del ministero del Lavoro. Ieri Tria - nel corso del Forum Bloomberg che si è tenuto a Milano - ha spiegato che «gli investimenti pubblici debbono tornare ad essere il 3% del Pil nel breve termine». Secondo Tria, «bisogna andare oltre la flat tax riducendo il carico fiscale sulla classe media. Siamo ad uno studio molto avanzato», ha detto, «che ridurrà il carico fiscale sulla classe media mantenendo il budget gestibile». Nel suo discorso il ministro dell'Economia ha anche citato il reddito di cittadinanza - caposaldo della propaganda elettorale del M5s - limitandosi a dire che serve «risolvere i problemi sociali che hanno portato a questa necessità». Il governo, ha aggiunto, «pur rispettando gli impegni europei, si impegna a tracciare un percorso bilanciato che tenga in considerazione diversi bisogni sociali e requisiti economici per creare una solida base per una crescita di lungo periodo». Inoltre «le misure che il governo metterà in campo non cambieranno l'impegno di ridurre il debito».Dal canto suo Di Maio, vicepremier d'un partito che sul reddito di cittadinanza ha puntato fortissimo, mal sopporta la freddezza del ministero dell'Economia a riguardo. La misura è decisamente il punto più caldo del Documento di economia e finanza (da approvare entro il 27 settembre) e a parer dei grillini Tria non dovrebbe avere esitazioni. Dopo il vertice di lunedì sera a palazzo Chigi, c'è stata una cena tra il vicepremier Di Maio e alcuni vertici del M5s. Tra i partecipanti, il capogruppo alla Camera, Francesco D'Uva; il sottosegretario agli Affari regionali, Stefano Buffagni, e il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede. Durante la cena - che si è tenuta in un ristorante dietro Palazzo Chigi - Di Maio avrebbe manifestato tutto il proprio dissenso verso quanto ascoltato durante tre ore di vertice col ministro dell'Economia Giovanni Tria, il premier Giuseppe Conte e l'altro vicepremier Matteo Salvini. Come riportato dalla Stampa, Di Maio avrebbe detto: «Non vogliono consentirci di fare il reddito di cittadinanza. Non hanno proprio capito allora... Se continua così Tria può andare a casa». Il ministro del Lavoro nel corso della cena avrebbe manifestato la necessità dare spazio, nella legge di bilancio, alle promesse che il M5s ha fatto agli elettori. Riferendosi a Salvini, come riporta La Stampa, ha detto: «Ora tocca alle nostre battaglie, basta inseguirlo sull'immigrazione». Né ci sarebbe stata da parte di Di Maio alcuna apertura alla pace fiscale messa in cantiere dalla Lega. Per il grillino altro non è che un condono e il movimento di cui fa parte, ribadisce, non lo voterà. Nel pomeriggio, però, lo stesso Di Maio ha poi smentito di aver invitato Tria a lasciare la sua poltrona. «Nessuno ha chiesto le dimissioni del ministro Tria», ha sottolineato, «ma pretendo che il ministro dell'Economia di un governo del cambiamento trovi i soldi per gli italiani che momentaneamente sono in grande difficoltà. Gli italiani in difficoltà non possono più aspettare, lo Stato non li può più lasciare soli e un ministro serio i soldi li deve trovare».Alla base della differenza di vedute tra Tria e Di Maio, e più in generale tra Lega e M5s, c'è dunque la quantità di risorse da trovare e mettere nella legge di bilancio. Tra i due partiti della maggioranza «ballerebbero» circa 10 miliardi. Il M5s vorrebbe una manovra da circa 36 miliardi, mentre la Lega preferirebbe un'azione più «leggera», intorno ai 25 miliardi, soluzione con cui sarebbero d'accordo anche diversi tecnici del Mef (tra cui il capo di gabinetto, Roberto Garofoli) e Daniele Franco, ragioniere generale dello Stato. I due schieramenti di governo, dunque, in disaccordo e l'oggetto del contendere sarebbe proprio il reddito di cittadinanza. Non c'è molto da stupirsi: la campagna elettorale pentastellata era basata in larga parte su questo provvedimento: dovesse saltare, ballerebbero decine di migliaia di voti. Gianluca Baldini (ha collaborato Alessandro Da Rold)<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/di-maio-un-ministro-serio-i-soldi-li-trova-2606033871.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="olimpiadi-il-gioco-si-fa-duro-il-governo-dice-no-e-i-grillini-restano-da-soli" data-post-id="2606033871" data-published-at="1757989626" data-use-pagination="False"> Olimpiadi, il gioco si fa duro Il governo dice no e i grillini restano da soli Non c'è due senza tre. Terzo no alle Olimpiadi in Italia. Il progetto di «Mi-To-Co», cioè la candidatura a tre di Milano, Torino e Cortina, è fallito. Ancora una volta la differenza di vedute tra M5s e Lega ha avuto un peso determinante ma alla ritrosia pentastellata ha risposto la strategia leghista. Ieri a dare l'annuncio della fine dei Giochi, il sottosegretario del Carroccio con deleghe dello sport Giancarlo Giorgetti davanti alle commissioni congiunte di Senato e Camera: «La proposta non ha il sostegno del governo ed è morta qui». Troppe polemiche e rivalità tra il sindaco di Milano Beppe Sala che chiedeva un ruolo da capofila nel nome e nell'organizzazione, il «brand Milano» famoso nel mondo, e la sindaca di Torino Chiara Appendino che aveva accettato malvolentieri la proposta congiunta perché il M5s piemontese era stato sempre contrario volendo fare l'evento sportivo soltanto in Piemonte, come nel 2006. La richiesta di Sala non era piaciuta neanche al sottosegretario pentastellato con delega allo sport, Simone Valente, che sottolineando una diversa posizione di governo e Coni aveva detto: «Così non si può andare avanti». E così dopo il no del governo Monti alle Olimpiadi di Roma 2020 e quello di Virginia Raggi per Roma 2024, è arrivato il no anche del governo gialloblù. Ma se ai 5 stelle non piacciono i 5 cerchi, c'è già un piano B ed è quello che il presidente del Coni Giovanni Malagò, che ieri ha avuto un incontro con Giorgetti a Palazzo Chigi, potrebbe presentare al Cio oggi a Losanna: un progetto alternativo in tandem che si chiamerà «Milano-Cortina 2026». Come dire, un'alleanza forte tra due Regioni governate dalla Lega che con l'appoggio di un sindaco dem escludono dalla corsa l'alleato di governo, il M5s. Comunque ieri nessuna accusa da parte di Giorgetti che archiviando il «tridente» olimpico, con un certo rammarico, ha detto: «Non intendo ribaltare la responsabilità su alcuno dei sindaci, ma una cosa così importante e seria richiede condivisione, uno spirito che non ho rintracciato: sono prevalse forme di dubbio, sospetto piuttosto che entusiasmo. È un fallimento, anche mio personale se volete. Mi dispiace, ma è così: la candidatura così come è concepita non ha il sostegno del governo e quindi finisce qui». A non rassegnarsi all'esclusione sono appunto i governatori leghisti di Lombardia e Veneto, Attilio Fontana e Luca Zaia che avevano già pronta l'exit strategy: «Arrivati a questo punto è impensabile gettare tutto alle ortiche. La candidatura va salvata, per cui siamo disponibili a portare avanti questa sfida insieme. Se Torino si chiama fuori, e ci dispiace, a questo punto restano due realtà, per cui andremo avanti con le Olimpiadi del Lombardo-Veneto». Con un tweet è arrivato subito il sostegno del sindaco Sala: «La proposta merita un rapido approfondimento. La mia posizione è nota, ma questa soluzione può funzionare». «Un'opportunità» anche per il sindaco di Cortina Giampietro Ghedina. Ma Giorgetti fa subito chiarezza: «Zaia e Fontana potranno andare avanti sui Giochi, se vorranno. Quello che è certo è che il governo non se ne farà carico. Lo faranno loro direttamente, anche in termini di oneri». La garanzia del governo dunque non ci sarà, quella garanzia che chiede il Cio alla presentazione delle città. Ma stavolta ci potrebbe essere una deroga se ci saranno finanziatori privati e non solo, pronti a finanziare la doppia candidatura. La Appendino, piuttosto contrariata per l'esclusione dal piano B, ha sottolineato che Torino «senza il sostegno economico del governo non si sarebbe potuta candidare». «Peccato perdere un'occasione così. Se i fondi li trovano loro, e se la spesa è limitata, perché no a Olimpiadi organizzate da Veneto e Lombardia? L'importante è che l'Italia torni ad essere protagonista» ha detto il vicepremier Matteo Salvini. L'alleato Luigi Di Maio non attacca la Lega ma il Coni: «Abbiamo purtroppo pagato l'atteggiamento del Coni che, nel tentativo di non scontentare nessuno, non ha avuto il coraggio di prendere una decisione chiara sin dall'inizio, creando una situazione insostenibile in cui come al solito si sarebbero sprecati soldi dello Stato». Sarina Biraghi
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
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